Conclusi lunedì 5 maggio i Novendiali, sotto la presidenza del Cardinale Re, la maggioranza dei cardinali, riuniti in Congregazione, ha deciso di aprire oggi, mercoledì 7 maggio, il Conclave.
Il termine Conclave deriva dal latino cum clavis, cioè chiuso a chiave, come il luogo in cui si riuniscono i cardinali per eleggere il nuovo Papa, in segretezza e senza alcuna possibilità di contattare l’esterno.
I riti avranno come inizio, alle ore 16,30, la Missa pro eligendo Summo Pontificis, presieduta dal cardinale Decano e concelebrata nella Basilica Vaticana da tutti i cardinali elettori poi, al canto del Veni Creator e delle litanie dei Santi faranno il solenne ingresso nella Cappella Sistina. Entrati in quel suggestivo luogo, al momento giusto il Maestro delle Celebrazioni intimerà il famoso Extra Omnes (fuori tutti): le porte della Sistina saranno chiuse e sigillate, i cardinali elettori e gli altri membri a vario titolo (preti, religiose, laici, aiutanti in vari settori) staranno dentro il sacro recinto.
Con la Costituzione entrata in vigore nel 1996, la Universi Dominici Gregis, papa Giovanni Paolo II ha abolito due dei tre metodi tradizionali di voto. Non è più possibile la nomina per acclamazione unanime da parte del Collegio dei cardinali e l’elezione per compromesso, ovvero il sacro Collegio non può più delegare la decisione a un gruppo di grandi Elettori (composto da 9 a 15 cardinali). Con la Lettera apostolica De aliquibus mutationibus in normis de electione Romani Pontificis, dell’11 giugno 2007, papa Benedetto XVI ha infatti ristabilito la norma, sancita dalla tradizione, secondo la quale per la valida elezione del Romano Pontefice è sempre richiesta la maggioranza dei due terzi dei voti dei Cardinali elettori presenti, per tutti gli scrutini e indipendentemente dalla durata del Conclave.
Attualmente sono 135 i cardinali elettori, dopo dieci Concistori convocati da papa Francesco in dodici anni di pontificato. Servono quindi 90 voti tra i porporati per essere eletti a successore di Pietro. Al momento del primo scrutinio, i cardinali scrivono il nome del loro candidato su una scheda, la piegano e la depositano in un’urna argentea. Le schede vengono poi scrutinate e i risultati vengono annunciati all’assemblea. Se nessuno ottiene la maggioranza richiesta, le schede vengono bruciate, producendo una fumata nera che segnala al mondo che l’elezione non è ancora avvenuta, e si passa dunque a una nuova votazione. Quando viene eletto il nuovo Papa, le schede vengono bruciate con sostanze chimiche, la cui combustione dà luogo alla classica fumata bianca. Dopo l’elezione, al cardinale Protodiacono, attualmente Dominique Mamberti, il compito di annunciare al mondo, dalla loggia di San Pietro, la famosa frase Habemus Papam, seguita dal nome del nuovo Pontefice.
All’annuncio segue il primo incontro tra il nuovo vescovo di Roma e il suo popolo che, dall’elezione di Giovanni Paolo II, ha ormai un cerimoniale tutto suo legato al momento. Ciò che non cambia è che il nuovo Papa si affaccia dalla loggia e impartisce la sua prima benedizione Urbi et Orbi.
Tutto il mondo attenderà da fuori quella bianca fumata: sarà l’annuncio alla Chiesa e al mondo intero dell’elezione del nuovo pontefice, il successore dell’apostolo Pietro, il Vicario di Cristo e Pastore della Chiesa Cattolica, il 267mo Papa.