Omelia per il Giubileo diocesano della Vita Consacrata

02-02-2025

Festa della Presentazione del Signore

Giubileo della Vita Consacrata

Oristano, 2 febbraio 2025

Carissime Consacrate e Consacrati, fratelli e sorelle…

Nella festa della Presentazione del Signore, questo appuntamento annuale è occasione, per la comunità ecclesiale, di vivere insieme tre atteggiamenti importanti: la gratitudine a Dio per il dono della vita Consacrata alla Chiesa; la preghiera per i fratelli e le sorelle che seguono il Signore nel cammino della vita religiosa; e la riflessione e il discernimento sul cammino che si apre per la Vita Consacrata nella Chiesa di oggi.

La nostra celebrazione, inoltre, si inserisce nel cammino del Giubileo ordinario del 2025, riconoscendo la necessità per tutta la Vita Consacrata di riprendere il cammino di rinnovamento, conversione al Vangelo, rinnovato impegno nella carità.

In primo luogo, dunque, oggi esprimiamo la gratitudine a Dio: infatti è Lui che suscita nel cuore di un uomo e una donna il desiderio di donarsi, di rendersi disponibile a essere consacrati da Lui per l’annuncio, la testimonianza. Si tratta di un dono che, come ci ricorda San Paolo, portiamo in vasi di argilla, nella nostra fragilità, ma anche di un impegno di fedeltà e perseveranza a cui siamo chiamati. Oggi, poi, innalziamo la preghiera delle nostre Chiese diocesane per ciascuno di voi: è un debito di carità nei vostri confronti. Infatti, nella Chiesa ci sono molte vocazioni, e ciascuna di esse testimonia, l’una all’altra, la fedeltà al Signore: il matrimonio testimonia alla vita consacrata, la vita consacrata testimonia alla vita laicale e a coloro che vivono il ministero sacerdotale. Si tratta di un cammino di famiglia di credenti che, pur nella diversità dei doni, si riconosce radunata dall’unico Signore.

Preghiamo per voi: per la perseveranza, la fedeltà, la forza che viene dal Signore nell’affrontare le sfide e le fatiche che non sono poche.

Infatti, oggi più che mai è necessaria la perseveranza: il cambio del contesto sociale, la fatica di portare avanti tante opere sino a oggi significative, la consapevolezza che il contesto cristiano oggi non è più come una volta, porta a chiedere alla Vita Consacrata di trovare nuovi percorsi, di approfondire le radici autentiche del proprio carisma. Infine, la Vita Consacrata è chiamata al discernimento: cioè, a leggere la realtà alla luce della Parola di Dio e dello Spirito Santo.

Il Signore, lo sappiamo, ci parla anche attraverso le vicende della vita, gioiose o tristi. Ci chiede di ripensare le nostre risposte. Si tratta di interrogarci, di fare discernimento. Di capire come possiamo rispondere anche agli uomini e alle donne del nostro tempo, aiutandoci con la nostra fede.

È da tempo che la vita religiosa doveva affrontare alcune domande, che adesso si sono ripresentate in modo drammatico: Cosa vuole il Signore da noi? Cosa ci sta chiedendo? Come possiamo rispondere alle attese della Chiesa universale e della nostra Chiesa locale di Oristano e di Ales-Terralba? Sono domande impegnative ma necessarie, per non rischiare di portare avanti, con stanchezza, la nostra testimonianza; solo come una routine o un si è sempre fatto così.

Un atteggiamento importante è affinare il nostro sguardo per vedere la presenza del Signore. Nel vangelo di Luca, Simeone dice: I miei occhi han visto la tua salvezza (Lc 2,30). Tra tutti gli uomini che stavano al Tempio quel giorno, solo lui vide in Gesù il Salvatore. Che cosa vide? Un bambino: un piccolo, fragile e semplice bambino. Ma lì vide la salvezza, perché lo Spirito Santo gli fece riconoscere in quel tenero neonato il Cristo del Signore. Siete chiamati, uomini e donne consacrati, a guardare con lo sguardo spirituale: a vedere il tesoro che vale più di tutti gli averi del mondo. La vita consacrata è questa visione. È vedere quel che conta nella vita. È accogliere il dono del Signore a braccia aperte, come fece Simeone. Ecco che cosa vedono gli occhi dei consacrati: la grazia di Dio riversata nelle loro mani.

Per avere lo sguardo giusto sulla vita chiediamo di saper vedere la grazia di Dio per noi, come Simeone. Il Vangelo ripete per tre volte che egli aveva familiarità con lo Spirito Santo, il quale era su di lui, lo ispirava, lo smuoveva (cfr vv. 25-27).

I miei occhi han visto la tua salvezza. Simeone vede Gesù piccolo, umile, venuto per servire e non per essere servito, e definisce sé stesso servo. Dice infatti: Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo vada in pace (v. 29). Chi tiene lo sguardo su Gesù impara a vivere per servire.

Va chiesta la grazia di saper cercare Gesù nei fratelli e nelle sorelle che abbiamo ricevuto. È lì che si inizia a mettere in pratica la carità: nel posto dove vivi, accogliendo i fratelli e le sorelle con le loro povertà, come Simeone accolse Gesù semplice e povero. C’è bisogno di sguardi che cerchino il prossimo, che avvicinino chi è distante. Cari fratelli e sorelle, ringraziamo Dio per il dono della vita consacrata e chiediamo uno sguardo nuovo, che sa vedere la grazia, che sa cercare il prossimo, che sa sperare. Allora anche i nostri occhi vedranno la salvezza.

+Roberto, Arcivescovo