Omelia per la Messa in onore di Nostra Signora del Rimedio
8 settembre 2025, Basilica del Rimedio
Le mani di Nostra Signora del Rimedio ancora una volta si aprono per accogliere le nostre preghiere, le richieste di grazie, le invocazioni, ciò che ci angustia, insieme alla condivisione delle gioie che pure fanno parte della nostra vita. Le tristi notizie che quotidianamente inondano i mezzi di comunicazione e che continuano a parlare di violenza, di guerra, di fame, specialmente dei piccoli e indifesi, non ci devono lasciare indifferenti.
Come è stato scritto: vediamo tutto, ma niente ci scuote. Avvertiamo la stanchezza di restare umani in una società che esalta efficienza e individualismo, generando una vera e propria anestesia morale. A luglio, l’Unicef ha riportato che oltre 18.000 bambini palestinesi sono stati uccisi a Gaza. È un numero spaventoso. Eppure, cosa sentiamo davvero? Che cosa ci resta dentro, dopo aver letto una cifra così? (Paolo Venturi, Avvenire del 24 agosto 2025). Ecco perché la nostra preghiera chiede con forza al Signore di restare umani, capaci di farci scuotere dal dolore degli altri. Ascoltaci Signore, pur sapendo che anche noi dobbiamo fare la nostra parte, alzare la voce, lasciarci toccare dal dolore dei piccoli. Arriviamo dunque a questa celebrazione portando nel nostro cuore un carico di avvenimenti che hanno segnato quest’anno sia a livello sociale che ecclesiale.
A Maria del Rimedio affidiamo le sofferenze che hanno ferito e feriscono la nostra Isola. Non possiamo ignorare che ancora una volta la nostra bella terra è stata sfigurata dai tanti incendi, spesso dolosi. La natura, lo sappiamo bene, per rigenerarsi dopo un incendio ha bisogno di molti anni, di moltissima cura. Un incendio ferisce non solo la natura ma anche il futuro di noi sardi. Invece di gioire per la bellezza della nostra terra, avanziamo attraversando un cumulo di cenere. Viene spontanea la domanda del perché? Che cosa muove la mano e la mente di un piromane? Ci sono forse interessi di tipo economico? Si tratta di vendette? Sono eventi accidentali? Questi ultimi abbastanza improbabili.
È certo che la cultura e la formazione sono l’antidoto migliore per tutti: per i ragazzi ma anche per gli adulti, per far crescere e maturare la coscienza e la responsabilità verso il bene comune. Ancora si fa fatica a comprendere come la natura, ma in generale il nostro habitat, non è un luogo da sfruttare a oltranza ma piuttosto da custodire come si fa con la propria casa. Accanto a queste ferite ve ne sono altre che hanno segnato questi mesi. Non possiamo dimenticare la morte di tanti giovani per incidenti stradali o per malattie, che hanno segnato tante famiglie. Li ricordiamo tutti con affetto.
Neppure sono da dimenticare quelle morti violente che ancora insanguinano le nostre comunità. Sembrava un retaggio ormai del passato, i resti di un codice di onore e di vendetta che vuole risolvere le situazioni con la morte, con il fucile. Anche qui c’è bisogno di formazione, di educazione al rispetto, alla risoluzione dei conflitti in altri modi che non siano la violenza. È certo che questi problemi che ho indicato tocchino da vicino tutti, e interroghino specialmente coloro che sono stati chiamati come Amministratori a dare risposte e affrontare i problemi. Possiamo solo incoraggiarli perché prendano sul serio la loro vocazione al bene della cosa pubblica. Siamo consapevoli che non si tratta di avere soluzioni facili e immediate, ma piuttosto di attivare processi virtuosi che hanno bisogno di tempo.
A livello ecclesiale ci stiamo avvicinando a un avvenimento importante per la nostra Arcidiocesi di Oristano: l’inizio della Visita pastorale a tutte le comunità. Si tratta di un impegno importante per il vescovo che per un tempo abbastanza lungo si dedicherà a visitare personalmente ognuna delle comunità cristiane arborensi (sono 85), dedicando tempo all’ascolto, all’incontro con i cristiani e con i sacerdoti, al dialogo, a conoscere da vicino le molte realtà nelle nostre comunità. Nelle nostre comunità sono tanti gli aspetti buoni, positivi, che devono essere riconosciuti e valorizzati. Ci sono pure cammini iniziati che è necessario stimolare e sollecitare. Si sperimentano anche le fatiche che bisogna soccorrere e affrontare insieme, perché la comunità vada avanti.
In sintonia con i parroci delle diverse comunità la visita sarà organizzata nei dettagli e i sacerdoti comunicheranno alle loro comunità le date specifiche della presenza del vescovo e il programma di quei giorni.
Bisogna però ribadire che al centro della Visita pastorale c’è la persona di Gesù, il Vangelo. Il tema che è stato scelto per la visita, su suggerimento di sacerdoti e di tanti laici, è un episodio del Vangelo molto conosciuto: l’incontro di Gesù con Zaccheo illuminato dalle parole che Gesù dice a Zaccheo scendi dall’albero che oggi devo fermarmi a casa tua. Sappiamo che questo incontro fa maturare nel cuore di Zaccheo un cambio importante, una conversione profonda; lui che era ai margini, che era considerato un peccatore pubblico, un uomo arricchitosi sulla pelle degli altri, apre il suo cuore alla generosità. Quello che a noi interessa è soprattutto questo incontro tra Zaccheo e Gesù. Zaccheo rappresenta tutti noi, che desideriamo incontrare il Signore, farlo entrare nella nostra casa, cioè nella nostra vita, lasciarci cambiare da lui. Alla fine di questa Eucaristia vi verrà consegnata la Lettera alla Comunità che vuole aiutare alla riflessione sulla figura di Zaccheo e la Visita pastorale.
Dunque, deponiamo nelle mani della Beata Vergine Maria del Rimedio, questa intenzione speciale della nostra Chiesa, affinché la Visita pastorale sia fruttuosa, possa davvero aiutarci tutti a crescere nella comunione, nella fraternità e indicarci anche nuovi percorsi.
Per questo nostro tempo, come sapete, le fatiche nella Chiesa diocesana non mancano, a causa di alcune situazioni già ampiamente conosciute: la diminuzione dei sacerdoti, il numero limitato delle vocazioni, la necessità per un sacerdote di occuparsi di due, tre, a volte anche quattro o cinque parrocchie con tutto quello che ciò comporta, incidendo questo anche nello stile della Visita pastorale. D’altra parte, durante quest’anno abbiamo avuto anche la gioia di due ordinazioni sacerdotali. Di questo noi ringraziamo il Signore per questi giovani che si sono affidati al Signore, che hanno voluto donare la propria vita. Prendo spunto da questo fatto, per rilanciare ancora una volta la proposta vocazionale, cioè fare in modo che altri giovani possano sentire questo invito a servire il Signore nella Chiesa, attraverso la vocazione al presbiterato, alla vita consacrata, al matrimonio cristiano. Sappiamo che è importante che ci sia un sacerdote che può celebrare l’Eucaristia insieme alla comunità, ma sono importanti anche le varie vocazioni che collaborano per far crescere la Chiesa. Certo, anche la vocazione al matrimonio, alla vita di coppia deve essere coltivata nella comunità.
Papa Leone, nell’incontro con noi vescovi, non ha mancato di sollecitare un’attenzione speciale alle famiglie, a curare e aiutare la vita di coppia, le famiglie con figli piccoli. Deponiamo dinanzi alla Madre del Signore le situazioni di tante famiglie.
Accanto alla riflessione sulle vocazioni vorrei accostare uno tra gli avvenimenti ecclesiali che ha anche coinvolto le nostre diocesi di Oristano e Ales-Terralba: il Giubileo dei Giovani a Roma, al quale ho partecipato, per alcuni giorni, insieme ai giovani della nostra Arcidiocesi e della diocesi di Ales-Terralba. 130 giovani che hanno portato il loro entusiasmo, la loro gioia di vivere, il loro desiderio anche di seguire il Vangelo con entusiasmo. È stato impressionante veder quel milione di giovani provenienti da tutto il mondo che ha testimoniato in modo pacifico la propria fede e la fiducia nel Signore. C’è stato ricordato che i giovani vanno ascoltati, va ascoltato il loro desiderio di un futuro pacifico, dialogante, creativo.
Non posso dimenticare, infine, la situazione di tante persone delle nostre comunità che fanno fatica a poter accedere alle cure, che si scoraggiano per i lunghi tempi di attesa per una cura, per una visita.
Qualcuno potrebbe pensare e domandarsi: ma cosa hanno a che vedere con la celebrazione mariana che stiamo vivendo tutti questi problemi? La Chiesa, per ispirazione del Signore, e anche nella contemplazione e riflessione sul ruolo della Madre di Dio, Maria, sa che non può disinteressarsi dell’umanità, specialmente di quella sofferente. Essa è chiamata a parlare dell’umanità e con l’umanità. Perché crescere in umanità ci aiuta anche a crescere nella dimensione spirituale.
Il compito della Madre del Signore è quello di farsi vicina a noi. C’è un’antica preghiera, che certamente tutti noi conosciamo, anche nel suo titolo latino: sub tuum presidium, che significa Sotto la tua protezione o Santa madre di Dio. Noi ci rifugiamo, confidiamo in te. Siamo qui per chiedere a lei che ci aiuti, che insieme a noi ci dia la forza per affrontare le situazioni di difficoltà. Certo, il Signore ci ha dato l’intelligenza, ci ha dato l’iniziativa, ci ha dato la volontà e dunque non risolve magicamente i nostri problemi, ma attraverso la preghiera e la fiducia in Dio siamo stimolati a mettere tutte le risorse della nostra umanità al servizio, delle persone, specialmente delle situazioni difficili.
Vogliamo dunque concludere questa riflessione con una invocazione a Nostra Signora del Rimedio:
Vergine del Rimedio, ascolta la voce di tutti i tuoi figli, raccogli nelle tue mani le fatiche, i dolori e le sofferenze e portale dinanzi al tuo Figlio Gesù, perché lui infonda coraggio, generosità, collaborazione, così che come comunità possiamo affrontarle insieme. Amen
+Roberto Carboni, Arcivescovo