Illustri Autorità Civili e Militari, Signor Sindaco della città di Oristano, Fratelli e sorelle,
La celebrazione della Solennità di Sant’Archelao ci raduna stasera per innalzare al Signore la preghiera per la città di Oristano e per l’Arcidiocesi tutta: una preghiera di gratitudine per il bene che tanti uomini e tante donne si impegnano quotidianamente a realizzare; una preghiera di perdono per i limiti che segnano la nostra esistenza e che spesso generano altra sofferenza; una preghiera di intercessione per quanti si dibattono in situazioni difficili, spesso segnate dalla malattia e dalla precarietà.
Viviamo questa celebrazione nel contesto dell’Anno Santo: è per ciascuno di noi un invito alla conversione, all’accoglienza della Misericordia di Dio, all’impegno nella carità verso tutti. Siamo invitati a fare il nostro pellegrinaggio interiore, perché il Giubileo 2025 lasci un segno tangibile nella nostra esistenza cristiana.
La liturgia della Parola ci riporta ai primi tempi del cristianesimo, nei quali i cristiani soffrivano, seguendo le orme di Gesù, l’insulto, la persecuzione, la privazione della libertà, la morte. A noi questo può apparire un tempo lontano; in realtà non lo è. Infatti, il report annuale sulla persecuzione dei cristiani nel mondo non lascia dubbi: nel 2024 i cristiani perseguitati nel mondo sono stati circa 380 milioni (circa sei volte gli abitanti dell’Italia). I Cristiani uccisi, 4.476; le chiese e gli edifici connessi attaccati o chiusi, 7.679; i cristiani arrestati senza processo, incarcerati, 4.744. Le motivazioni sono legate all’accusa di blasfemia, solo per il fatto di portare una croce al collo o di andare in chiesa o professarsi cristiani. Non si può fare a meno di notare l’ipocrisia di un mondo che proclama orgogliosamente di accogliere tutte le opinioni e credenze, ma la scelta di essere cristiani viene limitata o perseguita.
La persecuzione fa parte del cammino del cristiano poiché anche Gesù l’ha subita e l’aveva predetta: Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi (Gv 15,20). Il martirio cristiano non è, dunque, una storia del passato: è realtà presente quando il cristiano vive veramente la sua fede, agisce ispirato dal vangelo. Era questo che constatava l’apostolo Paolo nella Lettera ai Corinzi (2 Corinzi: 4): Siamo ritenuti impostori, eppure siamo veritieri; sconosciuti, eppure siamo notissimi; moribondi, ed ecco viviamo; puniti, ma non messi a morte; afflitti, ma sempre lieti; poveri, ma facciamo ricchi molti.
È nella situazione di persecuzione che si inserisce la vicenda umana e spirituale del nostro santo patrono Archelao: un convertito, forse legato al ceto militare, stanziato a Fordongianus. Egli si trova a dover scegliere o l’obbedienza alle leggi e all’Imperatore di cui si proclama suddito, oppure dar retta alla propria coscienza e fare una scelta di fede in Cristo. Pur con contesti diversi, ciò che vive Archelao non è lontano dai dilemmi che sono anche i nostri. Come diceva papa Benedetto XVI in un’omelia: esistono forme sottili di dittatura: un conformismo che diventa obbligatorio, pensare come pensano tutti, agire come agiscono tutti, e le sottili aggressioni contro la Chiesa, o anche quelle meno sottili, dimostrano come questo conformismo possa realmente essere una vera dittatura.
Viviamo un tempo complesso in relazione alla fede, con i segni di un’epoca storica che cambia e si conclude e dove si intravvedono i primi accenni a qualcosa di nuovo che sta nascendo. Come cristiani e educatori oggi ci interroghiamo circa il posto della fede nella nostra vita e in quella dei nostri giovani. In che cosa credono oggi i nostri giovani? Armando Matteo ha definito i giovani italiani di oggi come la prima generazione incredula. Nonostante anni di catechismo nelle parrocchie e di insegnamento della religione cattolica nelle scuole, com’è potuto accadere? La fede è semplicemente passata di moda? Secondo un recente studio dell’Ipsos, solo il 7% degli under 30 considera la dimensione spirituale come una priorità, facendo di questa generazione la più laica nella storia del nostro Paese. I ragazzi non credono più in Dio: il 28% si dichiara non credente, mentre solo il 10,5% si identifica come credente praticante e convinto. Per onestà dobbiamo dire che dietro l’etichetta di increduli e di non praticanti c’è una molteplicità di posizioni difficilmente riconducibili a un’uniformità. Anche l’allontanamento è plurale nelle motivazioni, perché è personale, e ogni giovane costituisce una storia a sé, originale e unica. Più che abbandono della fede, per molti si tratta di un diverso modo di credere, di un nuovo atteggiamento di fronte a esso. Molti giovani hanno abbandonato quella fede che gli è stata trasmessa e testimoniata (dai genitori, dalla catechesi, dall’ambiente della parrocchia) per un modo di credere nel quale sia possibile riconoscere la loro sensibilità di persone di oggi.
L’abbandono del modo tradizionale di credere è espressione della ricerca di un’esperienza religiosa diversa, il cui cuore è costituito dalla spiritualità. Tutto questo ci interroga come cristiani, e come adulti, e mette in discussione la qualità della nostra testimonianza. E in questo la testimonianza di Archelao è forte e radicale: salvare ciò che si ha di più intimo, di più importante per sé, per la radice ultima dell’esistenza, ovvero Dio in sé stessi. Si tratta di accettare di essere disprezzati e giudicati per Colui nel quale si è posta la fiducia. Accettiamo che la testimonianza della nostra fede in Cristo possa costarci, possa esigere delle scelte, perfino arrivare alla scelta estrema. La festa di Sant’Archelao è un richiamo per tutti noi alla coerenza e all’esigenza della nostra vocazione cristiana. Invochiamo il nostro santo patrono, affidandogli il cammino di testimonianza della nostra Chiesa diocesana, dei nostri giovani, di ciascuno di noi per essere sostenuti nel momento di dare ragione della nostra vocazione cristiana. Amen.
Roberto, Arcivescovo