Il museo diocesano ha inaugurato la mostra “Breaking Free”. Resterà aperta sino al 23 marzo.

L'evento si è celebrato in occasione della Giornata della Memoria 2020

Il Museo Diocesano Arborense ha inaugurato lunedì 27 gennaio 2020 alle ore 18.00, in collaborazione con il Comune di Seneghe e l’Istituto d’Istruzione Superiore S.A. De Castro e con il patrocinio della Prefettura di Oristano, in occasione del Giorno della Memoria, la mostra “Breaking Free. Voci e storie dei bambini nati dalla guerra”, realizzata dell’artista franco-siriano Sakher Almonem.

L’esposizione racconta, attraverso le immagini, le storie dei bambini e delle loro madri, vittime di violenza, durante il conflitto balcanico. Attualmente queste categorie vivono in Bosnia Erzegovina una condizione di grande vulnerabilità sociale, doppiamente vittime, a causa del proprio passato, di pregiudizi e discriminazioni. Sono donne ma soprattutto bambini, dimenticati, a chiedere pari dignità e accettazione sociale.

La mostra di Sakeher Almonem, prodotta da Iscos Emilia-Romagna e Forgotten children of War, dopo essere stata esposta a Sarajevo, Vienna e Reggio Emilia, arriva in Sardegna, prima di riprendere un nuovo tour europeo.

L’opera dell’artista Sabrina Oppo, Eroma, 2015, composta da leggeri fogli bianchi di carta dattilografica con impressi, in ciascuno, il nome di una donna, la sua età, la sua causa di morte, violenta, ricorderà le vittime di ieri, di oggi e di domani.

La serata inaugurale è stata animata dagli studenti del Liceo Classico S.A. De Castro con il reading Ricordare: mettere di nuovo qualcosa dentro al cuore. Ha fatto seguito la testimonianza di Ajna Jusic, presidente dell’associazione Forgotten children of war, che ha ricordato le conseguenze meno visibili del conflitto balcanico e l’intervento critico sulla mostra dello storico dell’arte Ivo Serafino Fenu.

Oltre a Ajna Jusic, già testimone il 25 novembre scorso alle Nazioni Unite a New York in occasione della celebrazione della giornata internazionale contro la violenza alle donne, erano presenti anche Mirna Omercausevic dell’Associazione Forgotten children of war, Elma Hodzic, curatrice del Museo di Storia della Bosnia Erzegovina e Marina Pregernik, psicologa presso la Katolicki Scolski Centar “Sv, Josip” di Sarajevo (una scuola cattolica che ospita diverse etnie e religioni che convivono in armonia).

Per commemorare la Shoah, nella sala San Pio X è, inoltre, esposta un’opera di Mauro Staccioli, Olocausto (1962). L’opera sottolinea l’importanza della Memoria, monito per le generazioni future, affinché sia una eredità condivisa da tutti.

La mostra sarà visitabile fino al 23 marzo 2020, il giovedì e il venerdì dalle 17 alle 20, il sabato e la domenica dalle 10 alle 13 e dalle 17 alle 20.


APPROFONDIMENTO

LA MOSTRA “BREAKING FREE”
“Breaking Free. Voci e storie dei bambini nati dalla guerra” è una mostra ispirata alle storie dei bambini e delle loro madri, alle loro battaglie combattute in silenzio e quindi invisibili. Le immagini vogliono portate alla luce le storie delle donne vittime di violenze e dei loro bambini nati durante il conflitto degli anni Novanta nell’ex-Jugoslavia.

Ad oggi, in Bosnia Erzegovina queste categorie si trovano in condizioni di grande vulnerabilità sociale poiché sono vittime di pregiudizi e discriminazioni riguardo il loro passato. Sono donne e soprattutto bambini dimenticati che chiedono di essere accettati come membri di eguale dignità all’interno della società.

Questa mostra ha un’importanza speciale per noi, bambini nati dalla guerra – sottolinea Ajna Jusic, la giovane attivista che da 4 anni guida l’associazione Forgotten Children of War per riconoscere i diritti dei bambini nati a causa dei conflitti – Questa è la prima volta che alcuni dei nostri membri parlano apertamente della loro storia, mostrando il loro volto dopo una vita vissuta
nell’ombra e nelle discriminazioni. Allo stesso tempo, questo mostra la forza dei bambini nati a causa della guerra, che hanno deciso di affrontare la comunità e compiere un passo in avanti
verso una società equa e non discriminante, che vada al di là dell’invisibilità legale e sociale. Ciò che noi consideriamo davvero importante e significativo di questa mostra, è che le nostre madri,
comprese le donne che sono sopravvissute agli stupri durante la guerra, parleranno ad alta voce e invieranno, insieme ai bambini nati a causa della guerra, un messaggio comune per una società di eguali valori e non una società delle discriminazioni”.

FORGOTTEN CHILDREN OF WAR ASSOCIATION

Durante la guerra e nel periodo immediatamente successivo, insieme a una forte militarizzazione, sono nati i cosìddetti “bambini nati dalla guerra”. Questi sono i bambini per i quali sarebbe stato meno probabile nascere se non ci fosse stata la guerra, in una regione nella quale i loro padri erano stati inviati per adempiere agli obblighi ufficiali o militari. Nel contesto della Bosnia Erzegovina, questa categoria include i bambini i cui padri erano: a) soldati – membri degli eserciti rivali, ad esempio di una diversa etnia da quella della madre (i genitori sono membri delle
precedenti parti in guerra); b) membri delle forze permanenti, di mantenimento della pace (UNPROFOR, IFOR, SFOR, etc.), o c) dipendenti delle missioni umanitarie estere. Le madri sono del posto.

Spesso parliamo della conseguenze della guerra in Bosnia Erzegovina, ma non sempre di una delle categorie più vulnerabili – “i bambini nati dalla guerra”, che hanno sofferto di violazioni
dei diritti dei minori. I risultati dei recenti reportage, le inchieste e il materiale delle Nazioni Unite, indicano che “i bambini nati dalla guerra” sono spesso disconosciuti e rifiutati dai loro padri, lasciati
alle cure delle madri e/o della comunità nella quale sono nati. Questi bambini vengono cresciuti privati di un certo numero di diritti e con possibili problemi di identità, stigma, discriminazione,
marginalizzazione e/o isolamento.

L’associazione “Forgotten Children of War” è stata fondata nel 2015 da diversi entusiasti – attivisti dei diritti umani e “bambini nati dalla guerra”, della Bosnia Erzegovina, che sono rimasti nell’ombra durante la guerra e nel periodo successivo, invisibili e non riconosciuti come categorie vulnerabili nel paese natio delle loro madri e/o nei paesi dei loro padri biologici.

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