Liturgia in tempo di Pandemia. Una chiesa senza Sacramenti?

Una Chiesa senza Sacramenti?

Solo qualche giorno fa, Papa Francesco che, in questo lungo tempo Covid 19, è stato capace di compiere gesti profetici e drammatici, ha esortato il Popolo santo di Dio (e con esso i Pastori, vescovi o preti che siano), a non cadere nella tentazione di abituarci a questo clima pandemico che rimane straordinario, non è normale – sottolinea Papa Francesco- che la Chiesa viva lontana dai Sacramenti e dalle celebrazioni ecclesiali.

La Chiesa vive e si nutre dell’esperienza dei sacramenti e della presenza del popolo di Dio, che si riunisce normalmente in assemblea liturgica. Questi due elementi, Sacramenti e Assemblea, non sono secondari, sono indispensabili per la vita della Chiesa, senza entrambi la Chiesa cessa di esistere.

Il tempo del Coronavirus è dunque destinato a cessare: non possiamo vivere eternamente confinati nelle nostre case, non possiamo vivere di sola Comunione spirituale. Certo questo tempo virale ha pesantemente influito sugli stili di vita ai quali eravamo abituati, ci ha in qualche modo anche cambiato, forse non torneranno più i moduli del passato, finché il Virus non sarà definitivamente sconfitto con un vaccino più forte di lui che lo sradichi definitivamente.

Ecco il ragionamento che dobbiamo fare: come è terminato il tempo forte della Quaresima e siamo entrati nel tempo pasquale, così anche negli altri ambiti della vita sociale non possiamo vivere (ricordava con una bella immagine il Papa) per sempre dentro il tunnel, dobbiamo vederne l’uscita e deciderci a uscire fuori.

Dobbiamo continuare a seguire le indicazioni delle autorità mediche e politiche, eppure dobbiamo con fiducia cercare soluzioni pratiche, intelligenti e rispettose delle norme per riprendere, seppur gradualmente, le nostre attività ecclesiali.

Nessuno toglie valore alle celebrazioni alle quali, pur distanti, abbiamo cercato di partecipare vedendole da uno schermo nelle nostre case. I social e i media sono stati molto utili in questo periodo: abbiamo scoperto la preziosità di questi strumenti che, pur non annullando le distanze, hanno però permesso una certa vicinanza e un’accresciuta comunione spirituale ed emotiva.

Bisogna però anche sottolineare che c’è una piccola differenza dentro queste dinamiche comunicative: mentre nelle dirette televisive e Fb possiamo solo vedere e ascoltare, nelle dirette via Skype lo strumento consente non solo di vedere il compimento del rito ma anche di dialogare (il principio è quello della videochiamata): e noi sappiamo che il dialogo costituisce e fonda la celebrazione eucaristica.

È proprio nel dialogo, fatto di gesti e di parole, di un Tu e di un Noi che il mistero delle fede si comunica ai fedeli. Celebrare da soli o in diretta Fb o Tv non raggiunge tutti gli obbiettivi proposti: in queste celebrazioni si crea una certa comunione di intenti e di relazioni ma solo nella dimensione spirituale. Anche se sono in diretta queste celebrazioni non riescono a realizzare qui e ora il mistero di Cristo di cui la Liturgia è fonte e culmine: ecco la preoccupazione del Papa.

Non possiamo abituarci e credere che questa dimensione sia normale: dobbiamo essere tutti consapevoli (anche le autorità sanitarie e politiche) che questo è un tempo straordinario limitato nel tempo, è una fase di passaggio (forse anche un passaggio obbligato). Dentro questo tunnel sicuramente non ci infettiamo, eppure nel tunnel bisogna solo passare, non si può vivere dentro un tunnel. In questo periodo pandemico abbiamo pregato tanto, ci siamo uniti spiritualmente ai nostri sacerdoti, al vescovo, al Papa: ora speriamo e studiamo il modo per poter partecipare pienamente alle celebrazioni liturgiche, rispettando le norme e le forme richieste dalle autorità. La partecipazione alle liturgie comunitarie non è opzionale è costitutivo per il fedele e dunque per l’intero popolo di Dio: senza celebrazioni liturgiche forse non ci infetteremo, forse avremo salva la vita, ma come potremo vivere in pienezza l’esperienza cristiana? Non rischieremo di essere solo telespettatori di un evento che non tocca più il nostro cuore e quindi la nostra vita?

Approfondimento a cura di Antonino Zedda, vicedirettore de L’Arborense