Solennità di TUTTI I SANTI. L’approfondimento della Parola.

Beatitudini: danzare nel Regno a ritmo di vangelo.

Una pagina evangelica di portata straordinaria. In essa si sono riconosciuti santi e peccatori; da essa hanno preso spunto artisti e poeti; con essa hanno camminato credenti per due millenni.

Ma sono tanti i modi di leggere questa pagina e comprendere le parole di Gesù. Le beatitudini sono state interpretate come un’etica interinale (legata alla radicalità richiesta negli ultimi tempi, prima del ritorno definitivo del Signore), come un’etica per i soli discepoli (a cui Gesù rivolge direttamente queste parole), come il decalogo della Nuova Alleanza (che in verità prevede un principio fondante e nove parole, come nove sono i beati del discorso del monte). Ipotesi suggestive e interessanti.

Ma a noi, qui, interessa sapere come accogliere questa buona notizia donata – non solo promessa – da Gesù. Chi sono i beati? I discepoli? Tutti? Solo i perfetti? Per prima cosa è necessario ricordare che Gesù rivolge il discorso della montagna direttamente ai discepoli, ma perché siano annunciatori per tutti, per la folla, per la gente che ha seguito il Maestro. Le folle rimangono stupite alla fine del suo primo grande insegnamento.

Non sono perciò un insegnamento elitario, né messaggio per pochi intimi, ma sono esse stesse forza e messaggio del Regno. Nelle beatitudini si svela la Buona notizia, esse sono bella notizia, profumano di vangelo. Le beatitudini sono il passo inaugurale di quel discorso e ne rappresentano il ritmo programmatico, una sorta di ouverture dei grandi temi che si affronteranno. Perciò, se vanno letti nel contesto, è necessario ricordare un aspetto importante dell’annuncio di Matteo che si rivela nell’uso degli imperativi.

Noi siamo abituati ad appellarci alla legge evangelica per sostenere gli imperativi morali (ti devi comportare così, poiché è scritto nel vangelo). San Paolo fa scaturire gli imperativi dalla gioia dello Spirito che abita nel cuore (Poiché siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù Col 3,1).

Matteo, invece, proclama gli imperativi come vittoria del Cristo Messia. Poiché sei invaso dal Regno, porgi l’altra guancia, perdona tuo fratello, lascia la tua offerta, dona il tuo mantello… Le beatitudini hanno imperativi impliciti: Se vuoi essere nel Regno, sii beato… L’imperativo non è né imposizione di una legge morale né proposta per la salvezza da conquistare, ma è il contenuto stesso del messaggio, è già annuncio di grazia, è già Regno vissuto, quando è accolto (C.M. Martini).

Così, è un discorso rivolto a noi, a tutti coloro che vogliono accogliere la buona notizia e con essa vogliono confrontarsi, comprese le cadute. Sono beato anche quando cado e sbaglio, poiché sono nel Regno. Non si tratta di precetti comportamentali o assiomi per i perfetti, ma sono il movimento necessario per danzare col regno e nel Regno.

A cura di Michele Antonio Corona

Pubblicato su L’Arborense n.37/2020