IV Domenica di Avvento. Il commento al vangelo

Il vangelo

In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda. Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto». (Lc 1, 39-48)

Il commento

Il vangelo di quest’ultima domenica di Avvento riprende la narrazione degli eventi che abbiamo meditato durante la solennità dell’Immacolata Concezione. Nella liturgia dell’otto dicembre si narra il racconto dell’Annunciazione dell’angelo Gabriele a Maria. Curiosamente questo annuncio non avviene in un luogo sacro come la sinagoga o il tempio ma in uno spazio domestico, in quanto, il messaggero di Dio, si accosta a Maria, come dice Luca: Entrando da lei. In quell’occasione la Vergine di Nazareth riceve anche l’annuncio della gravidanza della sua parente Elisabetta. Il racconto di questa domenica parte proprio da qui.

Maria, ci racconta il Vangelo, andò in fretta a trovare Elisabetta. Il testo non ci comunica le motivazioni che indussero Maria a una visita così impaziente. Ho sempre interpretato questo desiderio sollecito di incontro e di cura da parte di Maria come una sua naturale propensione al servizio e alla condivisione umana. La vera carità è quella che appena scorge il bisogno di chi ti è accanto non può attendere di agire anche di fronte alle fatiche personali dell’esistenza. Troppo spesso dichiariamo di essere molto impegnati rinviando il tempo propizio per la solidarietà concreta a un momento che talvolta non arriva mai. Al saluto di Maria il bambino sussultò nel grembo ed Elisabetta fu colmata di Spirito Santo.

Secondo il testo di Luca è interessante notare che il tempio, dimora dell’Altissimo per eccellenza, dove Zaccaria riceve l’annuncio della nascita di Giovanni, è il luogo del dubbio, del timore e dell’assenza di relazione dialogica in quanto il depositario della bella notizia resta muto. È invece nell’ordinarietà del calore dell’abitazione e del saluto fraterno di Maria che lo Spirito di Dio trova il massimo della capacità ricettiva, tanto da colmare l’animo di Elisabetta. Il luogo in cui Dio si manifesta con efficacia è quello della fiducia e dell’umiltà non quello del sospetto e della superbia. Maria crede, si fida di Dio, per questo è beata. Non solo una beatitudine ultraterrena fuori dallo spazio e dal tempo ma una serenità d’animo che fa vivere le ordinarie pressioni che il mondo esercita sull’esistenza con fiducia.

Una fede che spinge alla certezza di essere accompagnati e sorretti. A questo punto il testo della liturgia si chiude. Se però proseguiamo la lettura del Vangelo scorgiamo una preghiera capolavoro di stile e di profondità spirituale, patrimonio e sintesi dell’azione di Dio verso gli uomini: il Magnificat. L’anima di Maria celebra la grandezza di Dio perché, attraverso la venuta di Gesù, e soprattutto in virtù di chi segue davvero il suo messaggio, si potrà realizzare una vera giustizia. Il ribaltamento delle gerarchie consentiranno agli umili, poveri e affamati di passare avanti a potenti, superbi e ricchi.

Chi crede, con Maria, all’adempimento di ciò che il Signore ha detto si fa artefice e primo collaboratore di Dio per la realizzazione di un mondo che deve essere sanato ancora oggi.

A cura di Filippo Scalas, docente di religione

Pubblicato su L’Arborense n. 44/2021