11 febbraio: celebrata la XXX Giornata del Malato

L'Arcivescovo ha celebrato nell'Ospedale di Oristano: in preghiera per i malati e il personale sanitario

Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso (Lc 6,36) per porsi accanto a chi soffre in un cammino di carità.

Questo è il tema scelto da papa Francesco per la XXX Giornata Mondiale del Malato, istituita nel 1992 da Giovanni Paolo II per sensibilizzare il nostro sguardo verso i malati e per sostenere coloro che donano se stessi accompagnandoli durante la cura.

Il tema della misericordia ci stimola a guardare i nostri fratelli con lo stesso amore paterno con cui Dio guarda i suoi figli anche quando questi si allontanano da Lui. Dio si prende cura di noi esprimendosi con la forza di un padre e la tenerezza di una madre in tutto ciò che opera, ma come facciamo a essere sicuri di questo? Scorrendo semplicemente le pagine dei vangeli possiamo renderci conto di quante volte Gesù abbia incontrato persone afflitte da malattie terribili! Matteo ci dice che percorreva tutta la Galilea, insegnando nelle loro sinagoghe, annunciando il vangelo del Regno e guarendo ogni sorta di malattie e di infermità nel popolo (Mt 4,23). Luca, invece, ci ricorda che Gesù lasciò in eredità ai discepoli il compito di annunciare il Vangelo e curare gli infermi (Lc 9,2).

Emmanuel Levinas, pensatore del XX secolo, ci ricorda come il dolore ci spinga ad appellarci all’altro. Quindi come dimenticare o scegliere di chiudere gli occhi minimizzando il dramma subito da coloro che, curati amorevolmente dagli operatori sanitari, sono morti soli in un reparto di terapia intensiva? Papa Francesco, rivolgendosi a medici, infermieri, tecnici di laboratorio, addetti all’assistenza e alla cura dei malati, come pure i volontari li esorta a vivere la professione come una missione e toccare la carne sofferente di Cristo nei fratelli con amore e competenza, consapevoli della grande dignità e responsabilità legati al loro compito. L’innovazione tecnologica ci ha permesso di compiere grandi passi avanti e la ricerca, sostenuta da tutti, ci restituisce competenze sempre nuove per sconfiggere patologie antiche e nuove.

Questo, però, non deve oscurare la singolarità di ogni malato, la sua dignità e le sue fragilità. La persona viene prima della sua malattia e la cura non può prescindere dall’ascolto delle esigenze, della storia, delle ansie e delle paure del paziente, anche quando le possibilità di guarire sono poche. Siamo invitati a essere sempre portatori di cure, consolazione e vicinanza che mostra interesse alla persona a prescindere dalla sua malattia. Non dimentichiamoci dei luoghi di cura, molti dei quali sono locande del buon samaritano aperte grazie agli sforzi della comunità cristiana perché chi soffre possa trovare risposta alla loro richiesta di aiuto dovuta alla salute, all’indigenza o all’esclusione sociale. Tanti missionari hanno accompagnato l’annuncio del Vangelo con la costruzione di ospedali, dispensari e luoghi di cura, continua Francesco, attraverso le quali la carità cristiana prende forma e l’amore di Cristo testimoniato dai discepoli, diventa più credibile.

Queste strutture sono essenziali, soprattutto in un momento storico in cui la cultura dello scarto non ci aiuta a riconoscere e ad accogliere la vita. Non dimenticate di visitare gli infermi, conclude Francesco, quanti malati e quante persone anziane vivono a casa e aspettano una visita! Tutti noi, tramite il battesimo, siamo chiamati a vivere il ministero della consolazione accompagnati dall’esempio e dalla parola di Gesù: ero malato e mi avete visitato (Mt 25,36).

A cura di Valentina Contiero

Pubblicato su L’Arborense n. 5 del 2022