IV Domenica di Pasqua: il commento al Vangelo

Il Vangelo 

In quel tempo, Gesù disse: «Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano. Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre. Io e il Padre siamo una cosa sola». Gv 10,27-3


Il commento

L’immagine di Gesù buon Pastore è entrata a far parte della tradizione della Chiesa e in modo particolare nei primi secoli dell’era cristiana. L’antica immagine raffigura Gesù che porta sulle spalle una pecora, in un atteggiamento di protezione, affetto e amore. E’ proprio tra le pieghe di questa immagine che emerge il messaggio del Vangelo di questa IV domenica di Pasqua: Gesù non è soltanto un maestro che insegna all’uomo la moralità, ma è anche colui che lo protegge e custodisce, come un pastore fa con le sue pecorelle.

L’immagine del pastore non era sconosciuta agli ebrei, infatti è usata nella Bibbia già lungo i secoli e ha aiutato il popolo ebraico a vivere la consapevolezza della presenza forte e amorevole di Dio nella loro esistenza quotidiana. Questa figura, con cui Dio amava essere invocato, adesso Gesù la riferisce alla sua persona: Io sono il buon pastore. Egli infatti rende visibile e fa toccare con mano la presenza, la cura, la protezione e la dedizione incondizionata di Dio stesso nei confronti del suo popolo. Gesù Cristo realizza l’immagine umile e forte del pastore che vive in mezzo al suo gregge e che ne condivide la vita.

Fin dalle prime righe di questa breve testo di Giovanni emergono due orizzonti che devono caratterizzare l’identità stretta del cristiano. Il primo è quello dell’amore fraterno, che permette di riconoscerci come discepoli di Gesù. Il secondo è quello dell’ascolto: Le mie pecore ascoltano la mia voce. Il verbo ascoltare, nel suo significato biblico più pieno, indica un rapporto fraterno fondato su fiducia e amore sincero. Il discepolo è colui che non agisce di propria iniziativa, ma colui che ascolta attentamente la parola del maestro e la mette in pratica, fidandosi totalmente di lui.

Un invito di notevole importanza, soprattutto ai nostri giorni, nella quale si è assaliti da tantissime voci provenienti da ogni parte e che disorientano, confondono, assordano, tanto da rendere estremamente difficile poter riconosce la voce autentica del Pastore buono delle pecore. Il primo e fondamentale comandamento per gli ebrei rimane sempre valido ed urgente anche per i cristiani: Ascolta, Israele!

Io vi insegno quello che ho udito dal Padre mio, ripete tante volte Gesù. È proprio attraverso l’ascolto della parola che i discepoli del Cristo entrano in comunicazione con la vita stessa di Dio, che è vita eterna. Ascoltare e seguire Gesù sono gli atteggiamenti fondamentali del vero discepolo.

La conclusione è una commovente rivelazione: Io e il Padre siamo una cosa sola. Che grande mistero! E alla stessa maniera, Gesù vuole formare con noi una cosa sola. Per realizzare questa comunione d’amore dona all’umanità il mezzo più sicuro ed efficace: lo Spirito Santo, fuoco di carità. Alla fine infatti tutto si gioca sull’amore. Come riconosciamo le persone che amiamo dalla loro voce, anche se non le vediamo, così, con la frequentazione assidua all’Eucaristia e con la fedeltà al Vangelo, anche noi, discepoli del XXI secolo saremo capaci di riconoscere tra mille la voce di Cristo e di affidarci a Lui, nostro amico e pastore.

A cura di Antonello Angioni, Presbitero arborense