Solennità di Corpus Domini. Il commento al Vangelo

Il Vangelo      

In quel tempo, Gesù prese a parlare alle folle del regno di Dio e a guarire quanti avevano bisogno di cure. Il giorno cominciava a declinare e i Dodici gli si avvicinarono dicendo: «Congeda la folla perché vada nei villaggi e nelle campagne dei dintorni, per alloggiare e trovare cibo: qui siamo in una zona deserta». Gesù disse loro: «Voi stessi date loro da mangiare». Ma essi risposero: «Non abbiamo che cinque pani e due pesci, a meno che non andiamo noi a comprare viveri per tutta questa gente». C’erano infatti circa cinquemila uomini. Egli disse ai suoi discepoli: «Fateli sedere a gruppi di cinquanta circa». Fecero così e li fecero sedere tutti quanti. Egli prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò su di essi la benedizione, li spezzò e li dava ai discepoli perché li distribuissero alla folla. Tutti mangiarono a sazietà e furono portati via i pezzi loro avanzati: dodici ceste. Lc 9, 11-17


Il commento

Il messaggio del vangelo di oggi riguarda un problema conosciuto: non c’è cibo per tutti. Noi, come i discepoli, pensiamo sia un problema che non riguarda il vangelo. Vitto e alloggio non sono solo esigenze materiali ma sono bisogni fondamentali per la sopravvivenza e per avere una vita piena: le amicizie, l’amore, la salute, la casa dove abitare. Sembra strano ma il vangelo ci parla proprio di questo. I beni di questo mondo devono essere distribuiti in modo equo e in un contesto di amore e di accoglienza fraterna. Gesù rifiuta la proposta avanzata dai discepoli di congedare le folle affinché ciascuno si procurasse, da solo, qualcosa da mangiare.

Questo modo di pensare agevolerebbe soltanto i ricchi: chi è malato, chi arriva ultimo non avrà da mangiare; chi ha denaro e conoscenze troverà le porte aperte. La Parola di Dio esige un modo completamente nuovo di gestire i beni di questo mondo, i quali non sono nostri ma di Dio, noi siamo solo amministratori: del Signore è la terra e quanto contiene (Sal 24,1); Gesù vuole portare i suoi discepoli allo scambio dei beni, alla condivisione. I discepoli hanno il dubbio che il cibo non basti per tutti, questo dubbio è quello che fa nascere la competizione, l’accumulo, come accadde con la manna nel deserto (Es 16, 20).

Gesù rifiuta anche la proposta di mandare i discepoli a comprare cibo perché può dare origine all’assistenzialismo. Chi ha qualcosa in più condivida con chi ne ha di meno. Gesù propone ai discepoli di fare sedere le persone: è la posizione dei padroni, della gente libera che deve essere servita, il discepolo deve considerare tutti i bisognosi come i suoi veri padroni, perché il discepolo è colui che serve. Cosa accade quando i beni vengono gestiti secondo il vangelo? Gesù elenca cinque gesti che contengono una nuova proposta di gestione dei beni. Il primo gesto: cinque pani e due pesci, è la totalità dei beni che vengono consegnati nella logica dell’amore; è consegnare tutto quello che abbiamo a disposizione. Alzare gli occhi al cielo, è l’invito a riconoscere da dove vengono tutti i beni di questo mondo, non sono nostri ma sono a nostra disposizione, tutti sono di Dio.

Gesù recita la benedizione, che significa riconoscere da dove viene la vita; tutti i beni di questo mondo non possono essere impiegati per ciò che non è vita. Spezzare il pane, è il gesto della condivisione, il risultato dell’amore, che tutti mangino a sazietà; se abbiamo fiducia nel Vangelo avviene il prodigio. Infine la raccolta, la sovrabbondanza e non lo spreco perché i beni di Dio non possono essere sprecati. Oggi, purtroppo, viviamo con un modello economico dove lo spreco è diventato necessario.

Cosa c’entra in tutto questo l’Eucaristia? Nell’Ultima Cena Gesù sa che è l’ultimo atto della sua vita e vuole lasciare ai discepoli il segno della sua storia. Egli prende il pane e dice che quel pane è Lui stesso, tutta la sua vita è stata farsi pane, non ha risparmiato nemmeno un attimo. Invitandoci a mangiare quel pane ci dice che se assimiliamo la sua storia d’amore, verrà attuata una logica nuova.

A cura di don Simon Pedro Ela Nkogo