16 luglio, festa della Madonna del Carmelo. I gosos della tradizione

Vara de su Carmelu

Tra i titoli mariani più antichi e più diffusi nella devozione della Chiesa c’è quello del Monte Carmelo. Un titolo dal sapore biblico che rimanda ai racconti del profeta Elia e della sua sfida ai profeti di Baal (1 Re 18). Proprio in quel racconto, nei primi secoli del Cristianesimo, la nuvoletta, come una mano d’uomo, che sale dal mare (1 Re 18,44) viene letta come prefigurazione di Maria.

Il presbitero Crisippo di Gerusalemme nel V secolo saluta così la Vergine: Ave nuvola della pioggia che offre bevanda alle anime dei santi. La terra di Sardegna ha accolto con grande fede la devozione carmelitana e, attraverso l’arte pittorica, architettonica e la musica, l’ha esaltata. Possiamo leggere in diverse versioni di goccius l’esaltazione di Maria del Carmelo: Suprema rejna esaltada Mama de Deus elegida vara de Jesse frorida in su Carmelu prantada (Sa torrada, goccius de Nosta Sennora de su Carminu, in Josto Murgia, Goccius de Santa Maria, p.39).

I goccius dedicati alla Madonna del Carmine sono veri e propri manuali di teologia, di storia e geografia biblica insieme. Per darne un’idea basterebbe una strofa degli ultimi goccius che abbiamo citato: Platanu in campu de Edon cedru de Libanu hermosu cipressu sagru odorosu de sos montes de Sion de su misticu Gedeon lana candida roseada (s.4). L’espressione Campu de Edon indica il legame fra Israele ed Edom. Edom significa il Rosso ed è il soprannome di Esaù, fratello di Giacobbe: Disse a Giacobbe, lasciami mangiare un po’ di questa minestra rossa, perché io sono sfinito. Per questo fu chiamato Edom (Gn 25,30). Edom è anche il popolo con cui Israele, da buoni fratelli e vicini, si scontra maggiormente. Maria è chiamata platano e anche qui troviamo un riferimento biblico al Libro di Siracide: Sono cresciuta come una palma in Engàddi e come le piante di rose di Gerico, come un ulivo maestoso nella pianura e come un platano mi sono elevata (Sir 24,14). Il titolo di cedro del Libano è singolare ed è il più ricorrente nei goccius.

Nella Scrittura il cedro del Libano simboleggia la maestosità, l’imponenza, e il legno dei re: Il re, quando si fu stabilito nella sua casa, e il Signore gli ebbe dato tregua da tutti i suoi nemici all’intorno, disse al profeta Natan: Vedi, io abito in una casa di cedro, mentre l’arca di Dio sta sotto una tenda (2 Sam 7,1-2). Questa pianta è l’albero con cui si costruiscono le dimore degli dei: Durante tutto il tempo in cui ho camminato insieme con tutti gli Israeliti, ho forse mai detto ad alcuno dei giudici d’Israele, a cui avevo comandato di pascere il mio popolo Israele: Perché non mi avete edificato una casa di cedro? (2Sam 7,7). Nei versi dei goccius, attraverso l’immagine della nube, prima citata, si richiama il mistero dell’Incarnazione del Redentore: Ti mirat issu in figura de una nui risplendenti ddi mostrat s’Onnipotenti sa primogenita pura ch’est de dogna criatura mama virgini acclamada (s.2  Goccius de Santa Maria, p.42).

Nei goccius si racconta anche dell’apparizione della Vergine a San Simone Stock del 16 luglio 1251 in cui gli consegna lo scapolare: Cumparis bella Maria a su divotu Simoni e fundas sa religioni e fundas sa Cumpangia ca a su mundu s’allirghia cun Issa benit portada (s.6). Allo scapolare è legata una promessa: Chini hat portau custu sagrau sinnali de su serpenti infernali de certu hat a triunfai e seguru hat arribai a sa patria aventurada (s.7). Il significato dell’abitino carmelitano viene spiegato bene da San Giovanni Paolo II nella Lettera ai due Superiori dell’Ordine Carmelitano e degli Scalzi, in occasione del 750° anniversario del dono dello scapolare: Due, quindi, sono le verità evocate nel segno dello Scapolare: da una parte, la protezione continua della Vergine Santissima, non solo lungo il cammino della vita, ma anche nel momento del transito verso la pienezza della gloria eterna; dall’altra, la consapevolezza che la devozione verso di Lei non può limitarsi a preghiere ed ossequi in suo onore in alcune circostanze, ma deve costituire un abito, cioè un indirizzo permanente della propria condotta cristiana.

Nei goccius è raccolto quest’insegnamento della tradizione, che molti papi hanno riconosciuto e tramandato, e che viene ben espresso in questa preghiera: Que frades nos favoride o veramente che figgios totu que candidos liggios purissimos nos faguide a su chelu nos juguide pro bos gosare in su quelu (s.11, Goccius de Santa Maria, p. 46).

A cura di Giovanni Licheri

Foto Touring Club Italia

Pubblicato su L’Arborense n. 26 del 2022