XVIII Domenica del Tempo Ordinario. Il commento al Vangelo

Il Vangelo 

In quel tempo, uno della folla disse a Gesù: «Maestro, di’ a mio fratello che divida con me l’eredità». Ma egli rispose: «O uomo, chi mi ha costituito giudice o mediatore sopra di voi?». E disse loro: «Fate attenzione e tenetevi lontani da ogni cupidigia perché, anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli possiede». Poi disse loro una parabola: «La campagna di un uomo ricco aveva dato un raccolto abbondante. Egli ragionava tra sé: “Che farò, poiché non ho dove mettere i miei raccolti? Farò così – disse –: demolirò i miei magazzini e ne costruirò altri più grandi e vi raccoglierò tutto il grano e i miei beni. Poi dirò a me stesso: Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; ripòsati, mangia, bevi e divèrtiti!”. Ma Dio gli disse: “Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato, di chi sarà?”. Così è di chi accumula tesori per sé e non si arricchisce presso Dio». Lc 12, 21-31


Il commento

Vanità delle vanità, tutto è vanità.

La categorica affermazione di Qohelet nella prima lettura dà il tono al messaggio che la Parola di questa domenica ci rivolge: il giusto rapporto che il cristiano deve mantenere nei confronti dei beni terreni.

Ma qual è il senso delle particolari parole di Qohelet? La parola vanità è da intendersi come cosa vana, vuota, inconsistente, ossia qualcosa sulla quale l’uomo non può appoggiarsi come a stabile fondamento. Il giusto senso di tutto questo è suggerito dal vangelo. L’occasione della parabola raccontata dal Maestro, anche stavolta, è causata da una diatriba familiare, nella quale anche Gesù è chiamato in causa: due fratelli sono in lite per l’eredità. Colpisce la stizzita risposta di Gesù: O uomo, chi mi ha costituito giudice o mediatore sopra di voi? La sua risposta fa riflettere sul fatto che in occasione di queste penose situazioni, che ancora oggi dividono tragicamente le famiglie, si deve stare attenti a cosa si chiede nella preghiera e a come si coinvolge lo stesso Dio nelle meschinità umane.

Comunque, resta il fatto che questo episodio dà modo a Gesù di raccontare la parabola che pone davanti a uno dei temi fondamentali della vita cristiana: l’uso dei beni materiali e l’aiuto della provvidenza. Una parabola che è per tutti: pur essendo il protagonista un ricco possidente, non è che chi non è ricco non è interessato; non importa quanto si ha, ma quanto si è schiavi di ciò che si ha (anche se poco). A prima vista, sembra che nulla si possa rimproverare a quest’uomo che si prepara a godersi la pensione dopo anni di fatica: riposa, mangia, bevi e datti alla gioia può essere sacrosanto dritto per chi, a causa del lavoro, ha faticato con molti sacrifici e privazioni. Ma l’errore di quest’uomo sta nel fatto che in quelle ricchezze materiali ripone la salvezza del proprio avvenire, auto-convincendosi di essere lui stesso padrone e fautore delle sicurezze della sua vita e del suo futuro.

Particolarmente significativa è la contrapposizione del tempo: secondo il ricco molti anni e secondo Dio stanotte stessa; questo significa che l’unico Signore della vita è Dio solo e la speranza di benessere del ricco è drasticamente spezzata dall’irrompere della fine, con l’aggiunta che il frutto della fatica e del sudore, non verrà guadagnato da lui ma da chi non ha faticato e non ha versato sudore: oltre al danno, la beffa! Qui viene in qualche modo annunciato il tema della precarietà della vita dell’uomo e la conseguente necessità di essere pronti, tema che sembra riecheggiare le parole di Gesù di due domeniche fa, quando indicava in Maria, rispetto a Marta, colei che aveva scelto la parte migliore.

Davanti ai beni terreni, anche e soprattutto se abbondanti, il cristiano deve scegliere la parte migliore, ossia alla luce dell’ascolto della Parola, valutare ogni cosa in relazione alla sua libertà di figlio di Dio, che ricerca anzitutto le cose del Padre e in lui ripone l’incondizionato affidamento per ogni necessità della vita.

A cura di Antonello Angioni, presbitero arborense