ABC della Liturgia. I come Incoronare

Incoronare: rito perpetuo che va amato e rinnovato

In occasione del 70° anniversario dell’Incoronazione del simulacro di Nostra Signora del Rimedio, per mano del Legato Pontificio cardinale Tedeschini, vogliamo, in questa nostra rubrica, presentare e spiegare un rito che, nella sua particolare eccezionalità, essendo un evento speciale e rarissimo, non ha molte occasioni per essere spiegato e presentato.

Dopo l’incoronazione del simulacro di Nostra Signora di Bonaria che avvenne il 24 aprile del 1870, per mandato del papa Pio IX, nel secolo scorso questo rito è stato celebrato, in Sardegna, solo tre volte: due nella nostra Arcidiocesi e uno nella diocesi di Nuoro. Il 7 settembre 1952, in piazza Roma a Oristano; il 28 maggio 1972 sul monte Gonare, da parte del vescovo di Nuoro mons. Giovanni Melis-Fois, il simulacro di Nostra Signora del Monte; il 22 maggio 1977, a Bonarcado, per mano del card. Angelo Rossi, l’antichissima e venerata formella di Nostra Signora di Bonacatu.

Il rito antico di incoronazione, quello usato per incoronare le statue della Madonna di Bonaria e del Rimedio è stato riformato dal Vaticano II: oggi esiste un libro liturgico, chiamato Benedizionale, che ne prevede il Rito, con varianti e opzioni. Anzitutto bisogna non dimenticare che la consuetudine di raffigurare la Beata Vergine Maria ornata di un diadema regale andò affermandosi, sia in Oriente che in Occidente, fin dai tempi del Concilio di Efeso, celebrato nel 431 d.C.; quindi questa bella consuetudine di devozione mariana, risale ai primi tempi della vita della comunità cristiana. Da allora, molto spesso, gli artisti cristiani cominciarono a realizzare dipinti che ritraevano la Vergine Maria, seduta su un trono, ornata di insegne proprie della regalità, circondata da schiere di angeli e di santi. Spesso, in questi dipinti, si aggiungeva un particolare degno di nota: Gesù Risorto veniva rappresentato nell’atto di porre sul capo di Maria una corona.

La consuetudine di incoronare le immagini della beata Vergine Maria si diffuse in Occidente più tardi, soprattutto verso la fine del secolo XVI, e questo avvenne per opera di fedeli, laici e religiosi, che in questo modo volevano esprimere la loro filiale devozione mariana. I Papi non solo assecondarono questa forma di pietà popolare ma, come ricordava Pio XII nella sua Lettera enciclica Ad cœli Reginam (11 ottobre 1954): Spesso, o personalmente, o per mano di vescovi da loro delegati, i Papi ornarono di diadema, cioè di corona, immagini della Vergine Madre di Dio già insigni per pubblica venerazione. Dal XII secolo si diffonde in Occidente questa pratica, una consuetudine che i papi non soltanto accolgono, ma sostengono e molto spesso compiono personalmente. In ragione dell’affermarsi di questa consuetudine venne preparato un vero e proprio rito per l’incoronazione della beata Vergine Maria che, nel secolo XIX, fu accolto ufficialmente nella Liturgia romana. In questo suggestivo rito, noi scopriamo anche qualche elemento importante di quello che la Chiesa crede a proposito di Maria: è Regina anzitutto perché è la Madre di Dio; è Regina anche in quanto è associata a Cristo nell’opera della nostra salvezza, e inoltre per la pienezza di grazia che la esalta al di sopra di tutte le creature.

La devozione e il rito di incoronazione hanno avuto modo di svilupparsi prima in Oriente e poi in Occidente. Al riguardo è molto significativa la testimonianza del rapporto tra regalità e maternità offerta, nell’Oriente cristiano, dal famoso Inno greco Akàthistos (V sec.) e dedicato alla Madonna in quanto Madre di Dio. Voglio sottolineare alcuni passaggi, sono davvero meravigliosi e toccanti: Scioglierò un inno alla Madre Regina, alla quale mi rivolgo con gioia, per cantare lietamente le sue glorie… O Signora, la nostra lingua non ti può celebrare degnamente, perché tu, che hai dato alla luce Cristo, nostro Re, sei stata esaltata al di sopra dei serafini… Salve, o Regina del mondo.

Quest’inno celebra la maternità divina di Maria, e affermando la sua maternità divina, afferma anche la sua regalità. Ma anche nella Chiesa latina, gradualmente ma decisamente, viene sottolineata la dimensione regale del ruolo mariano, basti ricordare gli inni mariani che tutti i fedeli amano pregare: Salve Regina, Ave Regina coelorum, e Regina coeli laetare (che cantiamo soprattutto nel tempo pasquale), senza dimenticare le litanie (specie quelle lauretane) nelle quali si invoca Maria con il titolo di Regina (es. regina degli Angeli, dei Patriarchi, dei Profeti, degli Apostoli, dei Martiri etc.). Dal 1600 i pontefici aggiunsero, nel Rosario (V mistero glorioso) l’incoronazione di Maria, Regina del cielo e della terra. Il papa Pio XII con la sua enciclica Ad cœli Reginam, sottolineava che quella di Maria è una regalità in Cristo, che proviene da Lui e conduce a Lui. Lo stesso papa Pacelli, alla fine dell’anno mariano 1954, istituì la festa della beata Maria Vergine Regina, fissandola al 31 maggio; fu papa Paolo VI (nel 1969) a spostarle al 22 agosto. Anche Giovanni Paolo II è intervenuto moltissime volte su queste tematiche (tutto il suo lungo pontificato si fonda su una profonda mariologia, a iniziare dal motto Totus Tuus).

È chiaro, dunque, che la regalità di Maria si fonda sulla sua maternità divina e comprendiamo che la Chiesa nel momento in cui afferma che Maria è Madre di Dio, afferma anche che lei, proprio per questo, è Regina di tutti noi, della creazione e dell’universo intero. Il nuovo Benedizionale presenta il rito riformato dell’incoronazione: nelle premesse che introducono il momento rituale, in merito alla decisione di incoronare l’immagine della Madonna, viene chiarito che non c’è più bisogno di chiedere il voto del Capitolo Vaticano, spetta al vescovo diocesano, insieme con la comunità locale, giudicare sull’opportunità di incoronare l’immagine della beata Vergine Maria. Si tenga tuttavia presente che è opportuno incoronare soltanto quelle immagini che, essendo oggetto di venerazione per la grande fiducia dei fedeli nella Madre del Signore, godono di una certa notorietà, tanto che il luogo in cui sono venerate è diventato sede e centro di genuino culto liturgico e di attivo impegno cristiano. Rimane un rito solennissimo, però, anche se non ha più l’autorevolezza e la solennità di prima: non è più, infatti, legato alla Sede apostolica, ciascun vescovo ha l’autorità di compierlo nella sua diocesi.

In occasione del 70° anniversario dell’Incoronazione del simulacro di Nostra Signora del Rimedio, si è levata la domanda se il solenne rito, compiuto tanti anni fa dal Legato Pontificio si potesse, in qualche modo, ripetere oggi. Quella celebrazione rituale in realtà non si può ripetere, pur non essendo un sacramento ma solo un sacramentale, questo tipo di atto di culto potrebbe essere assimilato o almeno paragonato (non per solennità o significato ma solo come struttura rituale) alla Dedicazione dell’Altare e o della Chiesa, o anche al conferimento del Battesimo o della Cresima o alla più semplice benedizione dei vasi sacri o delle immagini del Signore, della Vergine o dei Santi: l’incoronazione evidentemente pone un gesto che ha valore perpetuo. Ma il popolo di Dio può farne memoria anche annualmente o nei giubilei o in date particolari. Celebrare il 70°, invece di attendere il più naturale 75° anniversario, è sembrato utile per poter procedere al restauro della Statua, che non si poteva procrastinare.

È stato davvero provvidenziale organizzare questa circostanza memoriale: anche la Santa Sede ha ritenuto opportuno solennizzarla, tant’è vero che papa Francesco ha preso a cuore questa circostanza da inviare un suo speciale Legato, accompagnato da Lettera Apostolica chirografa (cioè munita del sigillo apostolico papale e firmata da papa Francesco, di suo pugno: circostanza abbastanza rara, salvo occasioni davvero solenni e importanti). Nelle scorse settimane abbiamo vissuto riti e celebrazioni di grande impatto ecclesiale; i fedeli e tutti i presenti e la grande amabilità del cardinale Gambetti.

Concludiamo i nostri approfondimenti sul rito dell’incoronazione, nella speranza che la memoria celebrata porti un sempre maggior attaccamento alla Madonna e alla Chiesa Diocesana. Prendiamo di nuovo spunto dal libro liturgico Benedizionale il quale, in relazione alla corona afferma: Per il diadema o la corona si usi una materia atta a esprimere la dignità singolare della beata Vergine; si eviti tuttavia una troppo dispendiosa fastosità, come pure uno sfoggio esagerato di gemme che disdica alla sobrietà del culto o risulti in qualche modo offensivo per quello che è l’umile tenore di vita dei fedeli del luogo. È quindi un’indicazione circa la forma della corona che viene posta sul capo della Madonna. Per quanto riguarda il ministro del rito, si afferma: È opportuno che il rito venga officiato dal vescovo diocesano. Qualora questi non possa farlo di persona, ne affiderà il compito a un altro vescovo, o anche a un presbitero. Se l’immagine viene incoronata a nome del Romano Pontefice, si osservino le norme indicate eventualmente nel Breve apostolico. Infine, per la scelta del giorno e dell’azione liturgica, il benedizionale afferma: Il rito dell’incoronazione si compie opportunamente nelle solennità e feste della beata Vergine Maria e in altri giorni festivi. E poi l’ultima sottolineatura: Secondo le circostanze, l’incoronazione dell’immagine della beata Vergine Maria si può fare durante la Messa, ai Vespri, e quindi nella Liturgia delle Ore, o in una celebrazione adatta della Parola di Dio. Appare chiaro che l’incoronazione non si può mai fare dentro la celebrazione Eucaristica, in modo che la Messa conservi sempre la sua peculiare struttura rituale, senza bisogno di aggiungervi alcunché.

A cura di mons. Tonino Zedda

Pubblicato su L’Arborense (N. 30, 31 e 32)