Lettera alla comunità 2023

Anche io mando voi
14-09-2023

Lettera alla Comunità del Vescovo Roberto

Al Popolo di Dio che è nelle diocesi di Oristano e di Ales-Terralba.

Cari amici, la Lettera alla Comunità è divenuta ormai una consuetudine che ci permette di riprendere il dialogo dopo la pausa estiva. È occasione propizia per riflettere, alla luce della Parola di Dio, sul cammino già fatto e su quello futuro delle nostre Chiese diocesane.

Spero che anche per voi rappresenti uno stimolo per la riflessione, l’approfondimento e la condivisione e, non ultimo, offra la possibilità di cogliere alcuni spunti concreti da attuare nel cammino delle comunità cristiane per crescere nella fede e nella carità.

Il tema della Lettera, suggerito dal titolo stesso: Anche io mando voi… (Gv 20,21), riprende un’espressione di Gesù ai suoi discepoli dopo la risurrezione. È in primo piano il mandato del Signore non solo agli apostoli presenti a quell’incontro, ma si estende a tutti noi, discepoli di oggi del Signore. È Lui che prende l’iniziativa, è Lui che ci associa all’invio che Egli stesso ha ricevuto dal Padre. Vuole la nostra collaborazione e il nostro impegno. L’espressione Anche io mando voi… è dinamica, non accetta la sedentarietà o la passività, ma vuole suscitare impegno e responsabilità e mette in movimento i discepoli di tutti tempi.

Il Signore usa il plurale, vi mando, per ricordarci che la sua Chiesa avanza in modo comunitario e con uno stile sinodale. Benché ciascuno di noi sia chiamato a dare la risposta personale e l’adesione intima alla chiamata del Signore, e nessuno possa sostituirsi ad altri in questo impegno, il cammino è però comunitario. Diventa un noi che ha la sua sorgente nella Parola e nel mandato di Gesù. Dunque, la prima parola che vorrei mettere in risalto nella nostra riflessione è il carattere comunitario e personale di un invio che chiama e coinvolge ciascun cristiano.


Cosa ha ispirato questa lettera?

Nessuno, nella comunità cristiana, può pensare di fare da solo o credere di non doversi occupare delle fatiche e delle sfide che coinvolgono tutti. Questa lettera è stata stimolata dalla consapevolezza del difficile e critico momento che stiamo vivendo come Chiesa italiana e come Chiese diocesane di Oristano e Ales-Terralba (F. Garelli, In ribasso la pratica religiosa, in Settimana News, 8 agosto 2023). Negli incontri con i presbiteri e i laici delle due diocesi, è emersa la preoccupazione, ormai sempre più palpabile e seria, di come pensare e impostare il cammino di fede; di come venir incontro alle richieste delle comunità parrocchiali che fanno i conti con la drammatica diminuzione del numero di presbiteri disponibili per il ministero.

Ci domandiamo quali siano gli aspetti essenziali su cui puntare, come coinvolgere ancor più i Consacrati, le Consacrate e i laici, per mantenere fede al mandato del Signore di portare il Vangelo a tutti. Il desiderio di rispondere al Signore deve fare i conti con la realtà concreta delle nostre comunità locali. Infatti, il Vangelo ha bisogno di persone, di cuori e di menti, di voce e di gambe, per essere portato agli uomini di oggi. Non possiamo dunque nascondere che l’analisi della realtà, tante volte approfondita, ci chiede di rivedere stili e metodi, organizzazione e distribuzione delle forze pastorali. Le comunità delle due diocesi già sperimentano il tentativo di nuovi percorsi che assicurino soprattutto la celebrazione Eucaristica, fonte e culmine della vita cristiana. Ma rimane la consapevolezza di dover stimolare la partecipazione attiva, la responsabilità, la vocazione dei laici, uomini e donne. Ecco, dunque, che il tema del carattere personale e comunitario si approfondisce e completa con il tema della missione e della vocazione di tutti, ispirato dalle parole di Gesù e dalla lettura della nostra realtà ecclesiale.


Riprendere la consapevolezza vocazionale

Ci viene ripetuto spesso: la Chiesa, di cui Cristo è il Capo, è di tutti; tutti possono partecipare, dando il loro contributo, per renderla viva e farla crescere. Le ricchezze di vocazioni manifesta la molteplicità dei doni dello Spirito. È necessaria allora una riflessione sulla vocazione a cui ciascuno di noi è chiamato e sulle molteplici vocazioni che arricchiscono la Chiesa. Dunque, questa Lettera alla Comunità mette al centro della riflessione il tema della vocazione e delle vocazioni nella comunità cristiana. La riflessione sviluppata in questa Lettera alla Comunità desidera stimolare una prassi concreta di approfondimento in ogni parrocchia, in ogni Vicaria o Forania, del tema vocazionale in senso ampio, che porti poi a scelte nella pastorale familiare, nella preparazione ai sacramenti, nella pastorale giovanile vocazionale parrocchiale, foraniale e diocesana, come pure nelle altre pastorali che fanno parte del cammino delle nostre Chiese. In una parola, bisogna rinnovare la consapevolezza che la comunità deve essere grembo di ogni vocazione, sia essa al matrimonio, alla vita consacrata, al ministero presbiterale, al diaconato permanente, alla consacrazione nella vita ordinaria, alle altre vocazioni presenti nella Chiesa, altrimenti sempre si vivrà passivamente, pensando che altri devono occuparsi di questo tema mentre noi ne siamo esonerati. Solo la responsabilità condivisa da tutti e non solo da alcuni incaricati a livello parrocchiale, vicariale o foraniale, diocesano, farà la differenza nel rinnovare le comunità, nel favorire la risposta vocazionale dei cristiani, perché ciascuno trovi nella risposta al Signore il percorso che sia per il bene di tutti.

La motivazione di questa accentuazione, come già detto, nasce dalla riflessione che nei Presbitéri di Oristano e Ales-Terralba e, insieme ai laici delle due diocesi, è stata fatta durante quest’anno. È emersa come priorità la necessità di impegnare le proprie forze e riflessioni sul tema vocazionale sia in senso ampio (la vocazione a cui tutti chiama il Signore) e specifico (le diverse vocazioni che arricchiscono la Chiesa). La realtà, con le sue fatiche e sfide ci interpella. L’urgenza di ripensare il nostro stile di pastorale è evidente. Le indagini sulla caduta della pratica religiosa degli italiani spinge anche a ripensare il modo di trasmettere la fede in Gesù Cristo e portare il Vangelo. Sappiamo bene che è il Signore che suscita nel cuore di ciascuno il desiderio di seguirlo e di rispondere alla sua chiamata nelle varie vocazioni della comunità, però, come ci insegna la Scrittura, le mediazioni sono necessarie. Ci vuole qualcuno che annunci, qualcuno che dia esempio, qualcuno che discerna, valuti, preghi e stimoli.


Anche io mando voi (Gv 20,21)

Riprendo le parole di Gesù che ispirano questa Lettera, perché esse illuminino la nostra riflessione. La cattura del Maestro è stata una minaccia anche per i suoi discepoli, come è reso evidente dalle parole che Gesù dice con autorità alle guardie: Se cercate me, lasciate che questi se ne vadano (Gv 18,8). Dopo aver dato la vita per le sue pecore, il Pastore ora va in cerca delle pecore perdute e smarrite a causa del suo arresto e per la sua morte ignominiosa. Gesù va in cerca dei suoi per recuperarli. Nonostante l’annuncio della resurrezione abbia iniziato a rimbalzare nel cuore dei discepoli, essi ancora sono nascosti per paura delle autorità. Non basta sapere che il Signore è vivo, bisogna farne esperienza. Gesù sta in mezzo ai suoi perché quello è il suo posto: al centro della comunità. È lui che unisce la comunità. Dopo aver donato la pace, shalom, mostra i segni indelebili del suo amore. Questo porta la felicità ai discepoli. Ma tale felicità deve essere comunicata, portata ad altri. Ecco allora l’espressione anche io mando voi. Ogni credente è chiamato a prolungare la missione di Gesù a manifestare in modo visibile e concreto l’amore del Padre. La gioia diventa missionaria, non può rimanere chiusa in sé stessa, deve essere comunicata: andate, portate…

Il punto nodale a cui siamo chiamati tutti: Gesù ci fa partecipi della sua missione; come il Padre lo ha inviato… così manda noi, e per questo ci darà il dono dello Spirito Santo. Cosa dobbiamo portare nelle nostre comunità? Non cose da fare, non progetti, non precetti o obblighi, ma in primo luogo l’amore di Dio che noi stessi abbiamo ricevuto e che deve esser comunicato agli altri (cfr. 1Gv 1,1-3). Solo in questo modo realizziamo la nostra vocazione cristiana: quella di andare, di essere itineranti per testimoniare il Signore. Gesù mostra le mani e il costato per dire: di questo è capace l’amore di Dio; adesso, anche voi andate e mostrate questo amore di Dio per l’umanità, per i fratelli, con la vostra vita. Questo è il compito della Chiesa.


Le nostre Chiese diocesane, mandate dal Signore…

Il nucleo centrale del messaggio di questa Lettera alla Comunità è quello di rendere consapevole ogni cristiano, le comunità parrocchiali, le associazioni ecclesiali, la vita consacrata, i presbiteri, i diaconi permanenti, i religiosi e religiose, i fedeli laici, che tutti siamo chiamati a realizzare questo mandato del Signore. Egli non invia solo alcuni, i bravi, gli impegnati, quelli che hanno l’incarico, ma invia tutti coloro che vogliono rispondere alla Sua Parola, perché questo è il cuore della Sua missione: quella di inviare noi in missione a far conoscere il Suo amore per l’umanità. In questo invio vi è anche la consapevolezza che dobbiamo rispondere alla chiamata, alla vocazione che ciascuno ha nella Chiesa. Prima di tutto la vocazione a essere con il Signore ma poi la vocazione a dare il proprio contributo perché la comunità cresca nella fede, nella carità, nella speranza.


La diminuzione delle vocazioni al ministero ordinato: pessimismo, ottimismo, opportunità?

Qualche volta mi sono sentito rivolgere questa domanda: ci sarà nel futuro ancora un prete in questa parrocchia? Questa richiesta da una parte sembra ricordare con affetto e nostalgia i tanti parroci che hanno speso la loro vita per la comunità in anni di ministero e dall’altra manifesta la reale preoccupazione circa il futuro. L’affidamento a uno stesso parroco di due, tre, anche quattro parrocchie, con il conseguente moltiplicarsi del carico di lavoro che porta a diminuire il tempo da dedicare ad ogni comunità, ad ogni fedele o chiede la riduzione di celebrazioni e attività pastorali, alimenta nei fedeli la consapevolezza preoccupata che il futuro non sarà facile. La diminuzione delle vocazioni nelle nostre diocesi di Oristano e Ales-Terralba, la mancanza di seminaristi, il diradarsi delle ordinazioni sacerdotali, sembra giustificare il timore di esser abbandonati e di poter avere il presbitero solo ogni tanto per la celebrazione della Messa.

La realtà ci rende consapevoli anche in modo brusco del cambiamento in atto nella comunità cristiana, assumendo anche il compito di stimolo circa il nostro impegno a guardare la fatica, la crisi e il presente con uno sguardo veramente cristiano, illuminato dalla fede. Certo, qualcuno potrà dire che il quadro qui da noi non è così nero. Ci sono persone che ancora vanno in chiesa (poche), che cercano di vivere il Vangelo anche in situazioni difficili. Alle feste religiose c’è una partecipazione che sembra corale (ma quanto profonda e radicata nel Vangelo o non piuttosto solo un evento, per quanto bello, solo sociale e folcloristico?). Ci sono ancora un po’ di presbiteri, alcuni diaconi, qualche comunità di religiose e religiosi uomini e donne che si impegnano con generosità nella liturgia, nella carità, nella catechesi. Bisogna riconoscere con onestà che questi segni positivi sono pochi, e già mostrano tracce di stanchezza.

Siamo in un contesto italiano ed europeo di declino e invecchiamento non solo demografico ma anche socio-politico, valoriale e religioso. Ma questa crisi, presente ed evidente, possiamo valutarla anche come una opportunità che il Signore ci offre da vivere, dandoci la grazia di comprendere che è il momento di cambiare, di trovare nuovi modi di annuncio del Vangelo. È il momento di assumere un rinnovato impegno per rendere matura e irraggiante la vocazione di ciascuno nella comunità. L’annuncio del Vangelo non è solo un compito del vescovo o dei presbiteri, ma di tutti i fedeli. C’è stato ripetuto tante volte che la Chiesa per sua natura è missionaria (cfr. AG 2) e ogni cristiano è chiamato ad annunciare, vivere e testimoniare il Vangelo.


A cosa invita la situazione presente?

Il primo invito è quello di fare discernimento a partire dalla Parola di Dio. Aprirsi all’ascolto della volontà di Dio, di che cosa ci chiede il Signore a livello personale e comunitario in questo contesto non facile. Dobbiamo interpretare e giudicare alla luce della Parola di Dio noi stessi, la Chiesa, la società in cui siamo inseriti e anche le fatiche attuali della nostra Chiesa, fra esse la mancanza di risposta vocazionale (in senso ampio). Il secondo invito è quello dell’annuncio missionario, verso i cosiddetti lontani, verso chi non ha avuto educazione alla fede cristiana (battezzato o no), chi l’ha persa per strada, nel corso della vita. Ci viene chiesto di interrogarci su come annunciare il Regno di Dio, la salvezza, l’amore del Padre. Non si possono semplicemente ripetere formule, occorre trovare un modo per incontrare nel dialogo le domande e le attese e le ricerche di senso della gente.


La comunità che genera vocazioni: Dio chiama ancora…

Le diverse vocazioni che esistono nella Chiesa hanno lo scopo sia di definirci come persone che rispondono a una chiamata ma anche di indicare la modalità concreta con cui ciascuno partecipa alla costruzione dell’unico Corpo di Cristo. Nella fede noi crediamo che Dio non abbandona la Sua Chiesa. La provvede di ciò che è necessario perché cresca e si sviluppi. Egli ci ha promesso che darà pastori secondo il suo cuore (Ger 3,15). Quando Gesù parla di pastori che si devono occupare della messe non ha parlato di numeri, del fatto che vi sia abbondanza, ma ha detto che non verranno mai a mancare e che la Chiesa stessa, indipendentemente dalla dimensione rimarrà sino al Suo ritorno (Mt 16,18). Per questo motivo non possiamo pensare che Dio non chiami più e non continui suscitare le vocazioni che fanno la Chiesa, fra cui quelle al ministero ordinato. Però la voce di Dio ha bisogno di mediazione umana per arrivare a noi. Egli ci raggiunge attraverso altri uomini e donne.


La riduzione delle vocazioni chiama in causa la comunità

È evidente a tutti che il matrimonio sacramentale è in caduta libera così come lo è la risposta alla vocazione alla vita consacrata e al presbiterato. Sono molteplici i fattori che causano il silenzio vocazionale. È certo però che tale silenzio chiama in causa la vita cristiana delle famiglie, delle comunità parrocchiali, delle associazioni e dei movimenti. La trasmissione delle fede è uno dei compiti principali. Spesso si è ritenuto che questo compito fosse delegabile ad alcune persone disposte a farsene carico. Non vi è dubbio che gli incaricati svolgono un lavoro prezioso e spesso nascosto al servizio della chiamata di Dio. Ma sono cambiate le situazioni storiche e culturali e tutti percepiamo che la pastorale delle vocazioni, nel contesto della pastorale in senso generale, sia uno degli obiettivi primari per l’intera comunità cristiana.

Il Signore pur dentro le difficoltà del momento presente, vuole insegnarci che ogni battezzato proprio per la sua partecipazione al Corpo di Cristo e per il fatto di appartenere al Popolo Santo di Dio, riceve dal Signore Gesù la missione di essere suo testimone e profeta dentro il mondo, attraverso la vita familiare, il lavoro, le amicizie. Come ci ricorda san Paolo: A ciascuno di noi è stata data la grazia secondo la misura del dono di Cristo. È lui che ha stabilito alcuni come apostoli, altri come profeti, altri come evangelisti, altri come pastori e maestri per rendere idonei i fratelli a compiere il ministero, al fine di edificare il Corpo di Cristo (Ef 4, 7.11-12). Ci viene chiesto di mettere in moto processi piuttosto che puntare a una realtà realizzata una volta per tutte. La vita cristiana non è mai statica e in questo rientrano anche le esperienze che si cerca di far avanzare: unità pastorali, condivisione del lavoro pastorale tra preti per più parrocchie, collaborazione tra parrocchie vicine.


Vocazioni laicali

In questi ultimi sessant’anni si è spesso parlato del- la necessità di valorizzare le vocazioni laicali. Però dobbiamo dire che non siamo stati capaci in molti casi di aiutare i fedeli a vivere la loro fede nella realtà quotidiana della vita e assumersi responsabilità all’interno della Comunità ecclesiale, diocesana e parrocchiale. Fatichiamo a pensare una Chiesa come mistero di comunione, come Corpo di Cristo e popolo Santo di Dio, in cui ogni battezzato, in virtù del battesimo, ha uguale dignità e si riconosce e valorizza il posto di ogni vocazione pur senza aver timore di riconoscere al ministero ordinato quello in cui differisce dal sacerdozio comune dei fedeli (Sacra Congregazione per la Dottrina della fede, Sacerdotium Ministeriale. Lettera ai vescovi della chiesa cattolica su alcune questioni concernenti il ministro dell’eucaristia, 6 agosto 1983); infatti Cristo continua a chiamare uomini che si dedicano alla celebrazione dei misteri, alla predicazione del Vangelo, al ministero pastorale (Benedetto XVI, Messaggio per la 43ma giornata di preghiera per le vocazioni, 7 maggio 2006).


La vocazione è una chiamata

Nella parola vocazione vi è incastonata la parola voce. C’è uno che chiama e qualcuno che è chiamato. È un incontro tra due persone, un dialogo di libertà. La Scrittura stessa ci fa entrare in questo dialogo Sei tu che hai creato le mie viscere e mi hai tessuto nel seno di mia madre. Ti lodo perché mi hai fatto come un prodigio. Sono stupende le tue opere, tu mi conosci fino in fondo (Salmo 138,13). La vocazione è l’esistenza stessa. Dio ha creato l’uomo mettendo nel suo cuore la capacità di cercarlo e trovarlo, rendendolo un terreno aperto a ricevere il seme divino. La nostra vocazione è una iniziativa di Dio verso di noi. Egli ci viene incontro, ci invita a seguirlo, ad accogliere la sua missione donando tutto noi stessi.


Come favorire il sorgere delle vocazioni nelle nostre comunità?

Ogni vocazione non nasce da sola. Essa è frutto dello Spirito che agisce nella Chiesa e il suo terreno di crescita è la comunità. La vocazione nasce in un contesto preciso e in un luogo preciso, ma non tende verso la privata perfezione o solo l’autorealizzazione psicologica o spirituale, piuttosto cresce nella Chiesa che cammina verso la realizzazione della storia della salvezza. Non possiamo dimenticare il posto importante che hanno i genitori. Essi sono il terreno fondamentale dove il bambino, il ragazzo e l’adolescente imparano a conoscere sé stessi, il mondo la vita, Dio. Non tanto attraverso le parole che i genitori possono dire, ma piuttosto per l’ambiente che essi riescono a creare in famiglia, l’apertura alla gioia, all’esistenza, il modo in cui si trattano le persone e le cose (Cfr. Nuove Vocazioni per una nuova Europa. Documento finale del Congresso sulle vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata in Europa, Roma 5-10 maggio 1997, n. 199, 49).

Ma sono fondamentali le nostre comunità come generatrici di fede. La vocazione nasce nel contesto di una comunità, della parrocchia, di un’associazione, di un movimento… Non un luogo solo di discorsi o attività ma piuttosto un luogo di comunione di persone, dove ci sono adulti innamorati di Cristo, e dove i ragazzi possano scoprire e verificare personalmente la visione delle fede cristiana. Imparare la carità, scoprire la preghiera e il silenzio, la gioia della missione e della testimonianza a Cristo, ma anche la bellezza che si esprime nella musica, nell’arte, nella cultura, nella storia. La risposta alla chiamata vocazionale, intesa in senso ampio, potrà trovare il suo terreno favorevole nel rapporto con il Signore vissuto non solo personalmente da ogni credente, ma anche dentro la comunità cristiana. Dobbiamo abbandonare la concezione della Chiesa missionaria come qualcosa da aggiungere a quelle che già si fanno, ma piuttosto considerarlo come il cuore di ogni vocazione.


Gli ostacoli alla risposta vocazionale

L’ambiente culturale e sociale in cui viviamo spesso presenta il cristianesimo in modo parziale e individualistico. Il cristianesimo viene ridotto solo a un rapporto individuale tra la persona e Dio, e la Chiesa rimane sullo sfondo, senza entrare veramente nel cammino cristiano. Questo impedisce di comprendere che ogni vocazione ha pure un valore sociale. Quando Dio chiama per il suo Regno e per il bene di tutto il Corpo, nel contesto e nel tempo dove si vive. La chiamata di Dio avviene attraverso la mediazione comunitaria. Dio ci chiama a far parte della Chiesa, e dopo un cammino di maturazione e discernimento ci fa intravvedere una vocazione specifica. Vi è un dinamismo comunitario nella chiamata che supera la tentazione dell’individualismo e dell’indifferenza.


La pastorale vocazionale

Siamo consapevoli del disagio e delle difficoltà dei nostri giovani e della fatica che la Chiesa stessa fa nel dialogare con loro e nel riproporre il Vangelo del Signore in modo autentico. Però da tanti segnali (Cfr. ancora Garelli, o.c.: Sono questi i gruppi di età, i ragazzi e giovani, che più si sono allontanati negli ultimi 20 anni dalla pratica religiosa regolare, con un calo di oltre i 2/3 per quanto riguarda i giovani e gli adolescenti, a fronte di una riduzione del 50% dei praticanti assidui tra le persone adulte e mature e del 30-40% tra la popolazione anziana. Detto altrimenti, i praticanti assidui tra gli adolescenti sono passati dal 37% del 2001 al 20% del 2019 e al 12% del 2022; mentre, tra i 18-19 anni, la pratica regolare che coinvolgeva nel 2001 il 23% dei soggetti, è scesa al 11% dei casi nel 2019 e all’8% nel 2022) vediamo che i giovani hanno bisogno di risposte alle loro domande di senso e hanno una grande sete di verità. È su questo terreno che si può impostare la ricerca vocazionale. Aiutiamo i giovani a non rassegnarsi alla mediocrità, come papa Francesco parlando ai giovani ha detto, proponendo grandi ideali perché siano loro a chiedere al Signore: Maestro, dove abiti? (Gv1,38).

La proposta ai giovani non può dimenticare la loro domanda fondamentale: quella di scoprire il loro posto nel mondo. Tali domande devono essere suscitate a partire dalla vita reale dei ragazzi: dallo studio, dal lavoro, dagli affetti, dai desideri, dalle sconfitte e paure. In questo modo si può manifestare come il Signore e la Chiesa stessa non siano lontani dalla vita degli uomini. Se vogliamo fare una proposta di cammino personale perché scoprano la loro vocazione, dobbiamo ascoltarli, passare del tempo con loro. C’è bisogno di adulti appassionati della vita, contenti della loro vocazione a cui i giovani possano guardare con fiducia. Adulti che vivono le difficoltà di tutti ma che con la loro esistenza testimoniano la bellezza e il fascino della vita cristiana sia nel matrimonio, che nel sacerdozio, nella vita consacrata. In una parola, è la vocazione vissuta con entusiasmo che genera altre vocazioni. Per questo come adulti, presbiteri e laici, dobbiamo chiederci se crediamo che Gesù sia davvero presente, contemporaneo. Si potrebbe dire che il vero problema non sono i giovani ma gli adulti che forse non credono veramente, con entusiasmo a Qualcuno che muove la vita. Dobbiamo coinvolgere i ragazzi nella passione verso Gesù. Tutte le scelte concrete che si potranno fare (incontri, gite, campi scuola, momenti di preghiera, formazione etc..) nascono da una esperienza di fede profonda che vuole essere trasmessa.


Il rapporto personale con i giovani

Il pericolo della realtà virtuale, senza voler negare le sue infinite possibilità, ci ricorda che nell’educazione alla fede dei giovani non si può eliminare il rapporto personale. Come presbiteri e laici adulti non ci si può sottrarre al coinvolgimento personale che chiama in causa la nostra vita. Gesù stesso non si è sottratto all’amicizia e alla relazione. La sua proposta chiara rispettava e rispetta il cammino di libertà del chiamato. Non affida semplicemente una missione, che pure è presente, ma vuole in primo luogo sviluppare un rapporto personale con Lui: Li scelse perché stessero con Lui» (Mc 3,14). Questo è il modo caratteristico con cui Gesù intende la vocazione; divenire discepoli non è solo capire, approvare il messaggio, fare qualche cosa, ma legare la propria esistenza a Lui.


Occorre fare una proposta concreta

Non si può evitare di fare ai giovani una proposta vocazionale concreta che sia autenticamente umana e cristiana. Essa sorge sempre dalla pienezza della vita scoperta nella sequela di Gesù e che si vuole offrire agli altri. Non può essere una proposta generica, ma deve mostrare le ragioni da cui parte e aprire i giovani a un incontro con tutta la realtà e la vita della Chiesa. Infatti, ascoltare e rispondere alla chiamata del Signore non è una questione privata e intimista; è un impegno concreto, reale e che abbraccia la nostra esistenza e la pone al servizio del Regno di Dio sulla terra. Il primo passo potrà essere aiutare a scoprire il senso religioso della vita in ogni incontro, persona, in ogni cosa che possa vivere un’apertura all’infinito verso il volto del Signore. Per questo è fondamentale la presenza degli adulti che aiutino i ragazzi a guardare alla propria esistenza uscendo dalla volubilità. Insegnare a pregare, a leggere il Vangelo… a celebrare i sacramenti, specialmente Eucaristia e Riconciliazione.


La testimonianza

È certo che la proposta vocazionale è sempre ispirata dalla testimonianza. Questo è vero per tutte le vocazioni. La vita di coppia e di famiglia può ispirare dei giovani se trovano sia nella loro famiglia che in altre coppie un vissuto profondo, autentico, che manifesta davvero un progetto comune, un camminare insieme. Così è per la vita consacrata e per la vita presbiterale. Ciò interroga i consacrati e i presbiteri se nel vivere la loro vocazione trasmettono gioia e serenità. Ciò non nasce da qualità semplicemente umane ma da un dialogo profondo e sincero con il Signore nella preghiera. La Parola di Dio deve stare al centro della propria vocazione insieme alla celebrazione dell’Eucaristia.


Conclusioni

Carissimi tutti, spero di avervi trasmesso l’urgenza dell’invito che il Signore Gesù ha fatto ai discepoli e fa a ciascuno di noi oggi: andare, inviati da Lui, per la missione di portare il Vangelo. È la nostra comune vocazione cristiana. Nelle nostre comunità ogni vocazione è un dono ed è necessaria. Abbiamo bisogno di famiglie cristiane, di persone che si impegnino per trasmettere la fede ai piccoli, di consacrati e consacrate che ci rimandano all’essenzialità del Vangelo, e di ministri ordinati che spezzino il Pane della Parola e dell’Eucaristia. Tutte le vocazioni sono importanti, ma il numero sempre più esiguo di sacerdoti che amministrano i sacramenti ci deve far sentire responsabili per creare comunità che suscitino vocazioni al ministero ordinato perché nessuna di esse rimanga senza l’Eucaristia, l’annuncio della Parola e gli altri sacramenti.

Ringrazio tutti per la disponibilità con cui vorrete accogliere questi suggerimenti. Ringrazio i presbiteri, specialmente i parroci, che vorranno insieme alla loro comunità farne oggetto di riflessione e attuare concretamente i suggerimenti dati.

Tutti affido alla Madre del Signore che veneriamo con il titolo di Nostra Signora del Rimedio e di Santa Mariaquas.

+ RobertoArcivescovo

Oristano – Ales 14 settembre 2023

Esaltazione della Santa Croce


Alcune proposte per l’anno pastorale 2023-2024

Le proposte che seguono sono indicazioni generali che devono necessariamente essere riprese nelle Vicarie e Foranie, nelle parrocchie ed essere personalizzate nelle situazioni concrete di ogni comunità. Si devono sentire coinvolti i presbiteri, i laici collaboratori, i catechisti e le catechiste, i Consigli pastorali parrocchiali, le associazioni laicali, le Confraternite, i Religiosi e le Religiose, nel progettare insieme alcuni momenti comuni. È opportuno anche darsi un tempo stabilito di verifica (fine anno? Inizio del nuovo anno?) in modo da valutare il cammino fatto e l’impegno effettivo.

La parrocchia. Animazione vocazionale e cammini di fede: accoglienza, incontro, ospitalità

Ciascuno nel proprio ambito di servizio nella comunità è chiamato a superare la logica settoriale della pastorale, per non perdere di vista l’unità della persona e la verità del suo agire. Ci sono nodi cruciali da affrontare per avanzare con una pastorale che abbia un orizzonte vocazionale: in primo luogo il radicamento nella fede di ogni cura vocazionale; lo stile delle relazioni, la pluralità delle testimonianze vocazionali. Senza annuncio del Vangelo, senza accoglienza della grazia di Dio, senza cammini di fede, non potrà esserci discernimento vocazionale. Lo ripeto: dobbiamo porre l’enfasi sulla fede.

Senza cammini di fede non si manifestano orizzonti vocazionali. Negli ambiti educativi legati alla parrocchia (oratorio, etc..) è necessario il radicamento nella fede delle figure educative; questo determina la fecondità pastorale. Non si tratta di fare molte cose, ma di fare meglio quello che già si fa. Bisogna offrire accompagnamento personale piuttosto che far sentire i giovani importanti solo per il servizio ecclesiale che possono compiere. Linguaggi, simboli, proposte, devono essere ripensati nell’attuale contesto culturale. Ma è necessario lo stile di incontro, accoglienza, ospitalità. Ecco allora la necessità di un accompagnamento vocazionale che faccia riferimento alla pluralità delle vocazioni: laicali, al matrimonio e alla famiglia, al ministero ordinato e alla consacrazione religiosa. Attraverso la consapevolezza della responsabilità di tutti i suoi membri la comunità è chiamata a favorire tutte le vocazioni.

La famiglia

Uno dei punti di fragilità oggi nella vita cristiana è la fatica che le famiglie fanno a trasmettere la fede ai figli. I genitori stessi si trovano sprovvisti di formazione e lasciano la trasmissione della fede alla Chiesa ma senza coinvolgersi in prima persona. Bisogna sostenere nelle famiglie la trasmissione della fede, condizione fondamentale per predisporre nel cuore delle nuove generazioni la risposta alla chiamata del Signore. È importante parlare di questo già negli itinerari dei fidanzati in preparazione al Matrimonio, nei percorsi di preparazione al Battesimo dei figli e negli itinerari di iniziazione cristiana.

Gruppi, Associazioni, Movimenti

È necessario che si esca dalla tentazione della autoreferenzialità che porta a coltivare solo il proprio orto. L’adesione a un cammino specifico deve sempre avere come riferimento dialettico l’inserimento nella Chiesa diocesana, nella parrocchia. Perciò i movimenti non tralascino mai la riflessione su come partecipare attivamente alla vita della Chiesa locale, e stimolino l’approfondimento vocazionale aprendosi alle necessità della Chiesa.

La Vita Consacrata

Gli Ordini e le Congregazioni Religiose offrono alla Chiesa diocesana la ricchezza del loro carisma. Al tempo stesso esse devono aprirsi a favorire un discernimento ampio, non chiuso in sé stesso, ma finalizzato ad aiutare le persone a discernere la loro propria vocazione, aprendole e instradandole, quando è necessario alle altre vocazioni presenti nella Chiesa.

Giovani e ragazzi

Aiutare i ragazzi e giovani a leggere nelle esperienze di vita la chiamata del Signore. I presbiteri, secondo le loro possibilità e impegni, si rendano disponibili per l’ascolto dei giovani, la direzione spirituale, la confessione e l’accompagnamento. Si offrano esperienze di volontariato, per vivere attivamente la carità e momenti di preghiera personale per l’incontro con il Signore. Si accompagnino gli adolescenti che cercano la loro propria strada, che si interrogano sul loro futuro, che scoprono Gesù nelle scelte quotidiane, che si interrogano sulla vocazione, individuando per essi modalità con una pedagogia adatta alla loro età.

Oratori e luoghi di incontro con i giovani

Sarebbe opportuno, quando è possibile, uno spazio in Oratorio per soffermarsi a pregare; una stanza semplice (Mt 6,6) dove i giovani possano sostare in silenzio di fronte a una immagine che favorisca la meditazione e la preghiera. A livello di Vicarie /Foranie si pensino momenti di ritiro con i cresimandi, con i giovani e gli adulti sul tema vocazionale. Riguardo agli Oratori sarà opportuno incentivarli e promuoverli nelle parrocchie, soprattutto nell’Arcidiocesi di Oristano, dove sono scarsamente presenti.

Liturgia

Nel preparare a livello parrocchiale sussidi per l’Avvento e la Quaresima vi siano significative proposte vocazionali che, senza mai prescindere dall’ascolto della Parola di Dio, mettano costantemente in risalto anche il rapporto fede – vita. Si programmino momenti di preghiera e animazione della Vicaria/Forania sul tema vocazionale e di preghiera per le vocazioni. Come già indicato, ogni giovedì (per quanto possibile o in un altro giorno che si ritiene più opportuno) si preghi nel contesto dell’Adorazione Eucaristica per il dono delle vocazioni nella Chiesa.

Formazione offerta dagli Istituti di Formazione Teologica

Gli Istituti di Formazione Teologica di Oristano e Ales- Terralba offriranno percorsi di formazione per i catechisti e tutti gli operatori pastorali (le parrocchie devono inviare almeno un membro della comunità) dove anche il tema della vocazione sarà approfondito da diverse angolature. In questo modo chi si rende disponibile per il ministero del catechista e per gli altri servizi e ministeri, avrà strumenti per integrare la formazione alla vita di fede dei bambini e degli adolescenti, con la riflessione sulle vocazioni specifiche nella Chiesa. Come già si è sperimentato nel passato, sarà opportuno decentrare l’offerta formativa anche per zone delle diocesi lontane dai centri dove sono gli Istituti di formazione.

Tema vocazionale nelle Vicarie e Foranie

I sacerdoti insieme ai propri Consigli pastorali, ai collaboratori laici, ai catechisti etc.., nella progettazione di attività comuni, mettano al centro della riflessione il tema vocazionale, come è stato precedentemente presentato, sia in famiglia, nella catechesi, negli incontri formativi, nelle varie attività parrocchiali. Si potranno proporre anche esercizi spirituali della comunità su questo tema, coinvolgendo i giovani delle scuole superiori e gli adolescenti. In questo contesto l’accompagnamento personale dei giovani è fondamentale. Anche i social possono essere strumenti per informare e approfondire questi temi.

Il Servizio di Pastorale giovanile vocazionale nelle diocesi di Oristano e Ales-Terralba

Sebbene in questa Lettera alla Comunità si sia insistito molto sulla necessità che tutta la comunità parrocchiale prenda a cuore il tema vocazionale e siano le comunità cristiane un vero grembo che genera le diverse vocazioni, è indubbio che il Servizio di pastorale giovanile e vocazionale nelle due diocesi è importante, per proporre una visione della vocazione in generale, offrire progetti e momenti formativi per gli animatori, suggerire sussidi etc. Sarà uno degli obiettivi di quest’anno 2023-2024 creare un gruppo di lavoro del Servizio Pastorale giovanile vocazionale che unisca le due diocesi, crei collaborazione e proponga itinerari condivisi

Il Cammino sinodale: una opportunità che non si è saputa cogliere?

Diversi collaboratori mi hanno invitato a sottolineare come il cammino sinodale che la Chiesa italiana sta vivendo, è occasione per un nuovo stile di comunicazione all’interno delle comunità, apre una nuova prospettiva di collaborazione ed è in sintonia con il tema che si è voluto esplicitare in questa Lettera: quello che la riflessione come anche l’azione concreta circa la vocazione e le vocazioni è compito di tutti. Riprendere lo stile di condivisione nelle comunità sarà importante, per aprirsi a una mentalità nuova, di partecipazione e responsabilità di tutti.


Scarica la Lettera Pastorale in formato PDF ⇒ Lettera Vescovo Roberto 2023