Lettera alla comunità 2024: Annunciate il vangelo

08-09-2024

Al Popolo di Dio che è nelle diocesi di Oristano e Ales-Terralba

Agli uomini e alle donne di buona volontà, ai fedeli laici, ai consacrati e alle consacrate, ai diaconi e ai presbiteri

Il Signore vi dia pace!

Lo scorso 8 aprile 2024, con gli altri vescovi della Sardegna, ho vissuto la significativa esperienza della visita ad limina. Momento culmine di quei giorni è stato l’incontro e il dialogo con il Santo Padre Francesco durante il quale ciascuno di noi ha potuto ascoltare le parole del Papa e presentare a lui le gioie e le fatiche delle nostre Chiese diocesane.

La visita ad limina si è realizzata – per vari motivi, fra cui la pausa imposta dalla pandemia – a distanza di circa dieci anni dalla precedente. Mentre preparavo le relazioni, che in questa occasione si inviano alla Santa Sede e ai vari Dicasteri, sono emersi con forza drammatica i cambiamenti avvenuti in questi anni nelle nostre diocesi di Oristano e Ales-Terralba. Dagli aspetti più sociali, come la diminuzione della popolazione, ad altri più ecclesiali, come l’impressionante calo del numero dei battesimi e dei matrimoni concordatari, le ridotte percentuali di coloro che partecipano all’eucaristia domenicale, il calo del numero delle religiose e dei religiosi presenti in diocesi, la riduzione del numero di vocazioni al ministero sacerdotale e l’innalzamento dell’età media dei presbiteri presenti in diocesi.

Sono temi già conosciuti, ma scorrere le impietose cifre delle statistiche ha reso più urgente la domanda su come porsi di fronte alla realtà che si presenta a noi come Chiesa e quali opportunità trarre da queste sfide. È risaltato in modo ancor più evidente il bisogno di ripensare le modalità di annuncio del vangelo, per costruire comunità fondate sulla corresponsabilità, sulla collaborazione e condivisione, con la partecipazione attiva dei fedeli laici, con la valorizzazione dei diversi ministeri, su un nuovo modo di impostare la pastorale giovanile e vocazionale, con una visione più missionaria della parrocchia e del ministero dei presbiteri. Questa Lettera alla Comunità vuole proporre alcuni elementi di riflessione che dovranno essere ripresi nelle comunità attraverso azioni concrete, approfonditi dai Consigli presbiterali e pastorali, dalle comunità religiose, dalle associazioni laicali, da ogni cristiano che voglia sentirsi protagonista nel cammino della nostra Chiesa.

Lo scorso anno vi ho invitato a concentrare l’attenzione sul tema della vocazione, nelle sue molteplici manifestazioni. Dobbiamo ora mettere al centro della nostra preghiera e della nostra riflessione, senza per questo rinunciare a mantenere viva l’attenzione sul tema vocazionale, il tema della parrocchia missionaria che deve essere fonte di evangelizzazione per tutti.

Ecco perché la Lettera, nella prima parte, rifletterà sulla realtà delle nostre Chiese diocesane, mettendone ancora una volta in evidenza gli aspetti problematici e i punti di forza. Nella seconda parte, prendendo spunto dalla Evangelii Gaudium, il testo programmatico di papa Francesco, che egli stesso tante volte ha esortato a rileggere, troveremo alcune riflessioni utili per pensare un rinnovamento della parrocchia. Nella terza parte si cercherà di offrire spunti concreti che le comunità potranno accogliere per la riflessione e la prassi nel loro contesto specifico.



parte I – Evangelizzare gli evangelizzatori

«In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli: «Andate in tutto il mondo e proclamate il vangelo a ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato. Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno demòni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno». (Mc 15,16 -18)

Il brano che ispira il titolo di questa Lettera alla Comunità: “Annunciate il vangelo”, è un versetto del Vangelo di Marco che introduce il racconto dell’Ascensione del Risorto. Gesù si sottrae allo sguardo dei discepoli, i quali sono spinti a riprendere il cammino. È messa in evidenza la fine dell’esperienza di vita con Gesù ma anche un nuovo inizio, dove il Maestro è presente in modo nuovo. Il Signore è con il Padre ma al tempo stesso è presente nella vita della comunità. I discepoli, a cui il Maestro si rivolge, sono ancora oppressi dall’incredulità e duri di cuore (v. 14), eppure proprio a loro affida l’annuncio del vangelo: «Andate in tutto il mondo e proclamate il vangelo». Pur con i loro limiti, i discepoli sono mandati a chiamare altri alla fede. Questa parola del Risorto è per noi!  Anche noi siamo mandati ad annunciare il vangelo ma non perché siamo certi della nostra perseveranza o saldi nella fede, ma perché proprio attraverso la fiducia del Signore nei confronti della nostra povertà, anche noi siamo chiamati a essere più credenti e saldi e anche noi dobbiamo essere evangelizzati. Nell’annuncio ad altri noi riceviamo la forza per purificare anche la nostra adesione al Signore. In una parola, i primi destinatari del vangelo sono coloro che lo annunciano. Il vangelo non ci lascia indisturbati ma può essere salvezza e condanna anche per noi, che possiamo decidere per l’accettazione o per il rifiuto. Cosa chiede Gesù nel mandare i suoi, e nel mandare anche noi? Non di fare adepti ma di essere noi per primi a generare uomini e donne liberi, capaci di percorrere cammini di liberazione dal male. La missione è nostro compito; è il Signore che agisce con noi, la rende efficace.

La sintesi del messaggio di questa lettera è che dobbiamo fidarci del Signore che ci invia, nonostante le nostre debolezze e fatiche. Egli ci accoglie così come siamo, ma ci dà la certezza che sarà sempre con noi e sarà Lui a rendere efficace la nostra parola.

Facciamo un primo passo, leggendo alcuni tratti significativi della situazione attuale delle nostre Chiese diocesane di Oristano e Ales-Terralba. Ci sono sfide e opportunità che sono presenti nelle nostre comunità diocesane di Oristano e Ales-Terralba? Tutti avvertiamo che la società e la Chiesa stanno cambiando, che la fede è ai margini e la spiritualità si impoverisce. Ma sappiamo che lo Spirito Santo sempre indica nuove vie per portare il vangelo.

 

  1. La situazione attuale delle nostre Chiese diocesane

Il 1° luglio 2001 si chiudeva, nella Basilica di Bonaria a Cagliari, il Concilio Plenario Sardo e ne venivano promulgati gli Atti. Una mole di documenti elaborati lungo un cammino di 15 anni con la partecipazione dei vescovi, di molti presbiteri e laici. Il Papa San Giovanni Paolo II ricevendo i vescovi sardi, a pochi giorni dalla sua indizione, collocava il Concilio Plenario Sardo nel contesto di una rinnovata urgenza di evangelizzazione della nostra Isola. Diceva: «Siete chiamati a far risuonare il perenne messaggio evangelico in una società e in una Chiesa profondamente trasformate».

Le parole del Papa «sull’urgenza di evangelizzazione e sulla società e la Chiesa profondamente trasformate» risuonano, a distanza di tempo, più che mai attuali per le nostre Chiese diocesane di Oristano e Ales-Terralba. Esse mostrano urgente il compito del vescovo, dei presbiteri, dei religiosi, delle religiose e dei fedeli laici, di rinnovare l’attenzione per l’evangelizzazione nel contesto attuale, leggendo con sincerità e coraggio le sfide che si presentano e, con l’aiuto dello Spirito Santo, aprirci al nuovo cammino che il Signore vorrà indicare.

L’analisi fatta dal Concilio Plenario Sardo circa la situazione religiosa delle diocesi sarde, le problematiche messe in evidenza, come pure le luci e le potenzialità che vi apparivano, sono valide ancora oggi e possono ispirare la riflessione sul cammino di evangelizzazione e sulla nostra prassi pastorale.

  1. Luci e ombre del nostro contesto ecclesiale

La società sarda e le comunità ecclesiali della Sardegna risultano, oggi più che mai, segnate da una forma di pluralismo che, se da una parte può essere una ricchezza, spesso può assumere un carattere di frantumazione.

Il vivo desiderio di entrare nel ritmo veloce dello sviluppo e la tentazione di abbandonare solidi valori tramandati a livello relazionale e antropologico, ha portato spesso all’abbandono di ciò che la tradizione aveva consegnato nel cammino di fede della nostra terra e attraverso un lavoro saggio di evangelizzazione avrebbe potuto anche oggi essere di grande importanza.

Constatiamo una progressiva perdita della fede in Dio, intesa come possibilità di affidarsi al Signore e intessere con Lui un dialogo. Le molteplici possibilità che oggi offre la tecnologia,  non ultima l’Intelligenza Artificiale, che si affaccia nelle nostre vite, anzi vi è già entrata prepotentemente con il suo carico di promesse di positività ma anche con la grande preoccupazione per le ricadute etiche e le conseguenze per i più poveri ed emarginati, spingendo con forza alla necessità di regolarne l’uso, rende ciascuno di noi e le nostre comunità come storditi dalle molte possibilità di maneggiare il futuro, di progettarlo, di esserne esclusivamente protagonisti. Questa tentazione non è esente dal peccato di orgoglio di fare a meno di Dio, di farsi unici giudici della verità e creatori della propria etica. Oggi il soggettivismo e il relativismo risultano le conseguenze di questa situazione. In tale contesto complesso i giovani sono e rimangono attori dell’evangelizzazione, specialmente verso i loro coetanei, in quegli ambienti che essi frequentano: la scuola, l’università, lo sport, il mondo del lavoro, i luoghi di divertimento, etc.

  1. Battesimo e spiritualità generica

Ho citato prima i dati statistici utilizzati per la visita ad limina. È preoccupante constatare come il numero di battezzati nelle nostre due diocesi in questi ultimi dieci anni si sia vistosamente ridotto. Certo, fra le cause vi è anche la drastica diminuzione delle nascite[1]. Ma a questo si aggiunge che molti battezzati hanno un atteggiamento di indifferenza, trascuratezza e confusione interiore riguardo alla fede cristiana. La riflessione su Dio, il desiderio di conoscerlo e seguire la sua Parola sono ormai lontani dagli interessi di molti che pure sono stati battezzati nella Chiesa cattolica. La fede spesso è ridotta a una generica spiritualità, che non impegna la persona; una fede a uso personale dove ognuno può stabilire e cambiare a piacimento le personali gerarchie di valori. In un contesto in cui il materialismo, e anche un certo edonismo, hanno preso piede, questo indebolisce ancora di più le domande fondamentali sul senso della vita e sull’agire. Queste considerazioni non vogliono essere di condanna per nessuno, né diventare la solita, generica lamentela sui nostri tempi, ma piuttosto divenire uno sforzo di attenzione alla realtà che ci circonda.

È la realtà, dunque, che sfida e interroga il nostro modo di annunciare il vangelo, di proporre gli itinerari di Iniziazione Cristiana, di trovare i modi per mantenere vivo nel cuore dei credenti l’impegno battesimale.

  1. Crisi della famiglia e ruolo della donna nella comunità cristiana

Alla crisi del battesimo e della pratica della fede da parte dei credenti si aggiunge la crisi della famiglia. Essa è presente nella nostra terra di Sardegna, sebbene sembrerebbe in modo meno violento che in altre regioni italiane. Non è questo il contesto per un’analisi dettagliata sul fenomeno, originato da diverse cause, ma vorrei solo accennare a un aspetto particolare che ritengo importante per la nostra riflessione: la nuova percezione sociale ed ecclesiale del ruolo della donna. Il posto della donna nella società sarda è stato sempre riconosciuto con onore e ha svolto ruoli importanti nella famiglia e nei rapporti sociali. È da riconoscere la grande importanza del cammino fatto sino a oggi per mettere al centro la dignità della donna, il suo posto nella società, nel mondo del lavoro e nella comunità ecclesiale. Non abbiamo nostalgia dei tempi passati, ma siamo chiamati a capire sempre meglio quale ruolo significativo la donna debba ancora avere nella comunità cristiana e comprendere anche il motivo della sua progressiva assenza, che ormai si va manifestando con sempre più chiarezza negli ultimi decenni. La donna sino a oggi ha avuto e ha un ruolo fondamentale nella comunità cristiana, impegnandosi con creatività e competenza nella collaborazione in parrocchia, con i presbiteri, nella catechesi, nella formazione delle giovani generazioni, nel ministero della bellezza che significa la cura e il decoro della chiesa, nella collaborazione all’interno dei Consigli pastorali diocesani e parrocchiali, nella guida di gruppi. Oggi però dobbiamo constatare che vi sono segnali di crisi proprio nelle giovani donne fra i trenta e i cinquanta anni che rappresentavano quella fascia che era, per tradizione, presente e attiva nella comunità parrocchiale (pensiamo alla catechesi e a tante forme di servizio comunitario)[2]. Si manifesta quasi un’assenza delle donne, che renderà sempre più difficile la trasmissione della fede alle nuove generazioni e anche la capacità di “cura e attenzione” nei diversi aspetti in cui tanto protagonismo avevano appunto le donne nel nostro contesto[3]. L’intenzione di questa riflessione non è certo motivata dal rimpiangere stereotipi del passato o negare la necessaria e giusta evoluzione nel ruolo della donna e un riconoscimento pieno dei suoi diritti, ma piuttosto avvertire la necessità di ripensare e progettare insieme a loro, il ruolo e la vocazione nel contesto ecclesiale attuale.  

  1. Evangelizzare la pietà popolare

Nelle comunità parrocchiali delle nostre diocesi è ancora viva la pietà popolare, spesso legata alla celebrazione e memoria dei santi. Sono numerosi i membri delle Confraternite, associazioni molto radicate in quasi tutte le comunità e diocesi. Con essi si potrà lavorare pastoralmente con frutto, con un’adeguata formazione biblica e spirituale, per rendere quest’appartenenza un vero cammino cristiano incarnato nel momento presente.  È rilevante, nella nostra Isola, la religiosità del popolo o, per usare un’altra espressione, “la pietà popolare e la fede popolare”. Come ben si è espresso il Concilio Plenario Sardo[4], la pietà popolare è insieme una grande ricchezza per il nostro popolo, «espressione dell’azione missionaria del Popolo di Dio»[5] ma, al tempo stesso, è un elemento di vulnerabilità che può scadere in forme di superstizione. Vi sono valori ma anche limiti.  Il vissuto della fede dei Sardi non può essere limitato al solo contesto intra-ecclesiale, è necessario dunque cogliere segni indicatori di come si sta compiendo il cammino di fede. Tutto il popolo di Dio è protagonista del processo di evangelizzazione; esso è sempre radicato in un contesto storico con radici lontane nel tempo, con un habitus proprio con cui vive una sua religiosità. Per questo è necessaria, da parte dei pastori, un’educazione vigilante e attenta.

Ecco perché è indispensabile che il vescovo, i presbiteri e i fedeli laici, specialmente i collaboratori delle comunità parrocchiali, si sforzino di orientare bene questa ricchezza e il desiderio di Dio che viene manifestato attraverso la pietà popolare. Infatti, nella devozione semplice delle persone si mettono in risalto i valori della paternità di Dio, della Sua provvidenza premurosa. Si meditano gli atteggiamenti che ci vengono dall’esempio di Gesù: la pazienza, il senso della Croce nella vita di tutti i giorni, l’apertura agli altri.

  1. Liturgia ed evangelizzazione

Ancora una volta mi rifaccio al Concilio Plenario Sardo dove si afferma, a proposito di liturgia ed evangelizzazione, che «è necessario recuperare e valorizzare tutta la forza evangelizzatrice delle celebrazioni liturgiche, senza isolarle dalla vita e dalla fede, aiutando i credenti a cogliere il loro pieno significato attraverso la connessione tra l’annuncio della Parola che salva e l’impegno cristiano che ne scaturisce»[6]. Dobbiamo impegnarci perché la celebrazione domenicale, il giorno del Signore, appaia come la piena attuazione della Pasqua. La cura e la qualità delle celebrazioni deve aver la nostra priorità. La celebrazione domenicale permette ai fedeli di incontrarsi e vivere la fraternità, ci pone in comunione con Dio e ci invita a cercare la comunione con i fratelli. Bisogna anche riconoscere qualche fatica e gli atteggiamenti che vanno educati e che si riscontrano nelle nostre parrocchie; spesso i fedeli chiedono i sacramenti al loro parroco più come un appuntamento sociale o un rito che si deve realizzare, ma senza entrare veramente nel contesto vitale di fede e nella ricaduta concreta delle scelte cristiane. Questa situazione motiva la priorità data all’evangelizzazione, per superare abitudini e stanchezze, e riprendere il senso profondo della celebrazione liturgica dell’Eucaristia e dei sacramenti. Sarà importante, pertanto, dedicare nelle comunità parrocchiali dei momenti formativi che mirino a far gustare la liturgia e i sacramenti nei suoi segni e simboli, nella motivazione teologica e scritturistica, come nutrimento per la vita cristiana. «Il primo “luogo” di formazione alla liturgia è la liturgia stessa: preparata insieme, spiegata, meditata, collegata al senso della vita e ai problemi reali delle persone, indi realizzata con decoro, con l’apporto attivo di tutti, secondo il ruolo di ciascuno, nell’ambito delle precise indicazioni dei libri liturgici della Chiesa»[7] 

  1. Il primo annuncio agli adulti

Oggi sono gli adulti, e non solo i bambini, che hanno bisogno del primo annuncio, di ascoltare le parole del vangelo e ricevere l’invito del Signore Gesù. C’è bisogno di una rinnovata attenzione all’evangelizzazione degli adulti e attraverso loro, alle famiglie, ai ragazzi e ai giovani. Infatti, percepiamo nelle nostre Chiese la fatica della trasmissione della fede dalla generazione degli adulti a quella dei giovani[8]. Perché gli adulti stessi, a loro volta, si trovano sprovvisti di una motivazione interiore e la loro fede si nutre appena di quanto ricevuto nella catechesi in vista dei sacramenti dell’Iniziazione, ma poi non ha avuto modo di essere rinnovata, approfondita, resa vitale. Le nostre diocesi, attraverso gli incontri di formazione teologica negli Istituti di Oristano e di San Gavino Monreale, offrono cammini di approfondimento della Parola di Dio e dei temi della fede. Inoltre, nelle diocesi esistono i giornali diocesani L’Arborense e Il Nuovo Cammino, che fanno formazione rileggendo gli avvenimenti ecclesiali e sociali alla luce dell’insegnamento della Chiesa, ma anche stimolando la riflessione e la discussione. A essi si aggiungono i canali digitali che diffondono le notizie delle Diocesi e della Chiesa universale. Su questo aspetto si dovrà ancora crescere e migliorare, però il cammino è già iniziato. La nostra attenzione a portare il vangelo non deve essere solo per i battezzati ferventi che pure hanno bisogno di essere riconfermati nella fede, ma anche per quelli che hanno abbandonato la vita ecclesiale e la pratica cristiana, per coloro che vivono ai margini o per diversi motivi non si sentono parte della Chiesa e non hanno ricevuto un’evangelizzazione che ha interrogato il loro cuore. Dobbiamo rivolgerci alle famiglie che non chiedono i sacramenti per i loro figli e non li educano nelle fede; alle coppie che vivono situazioni irregolari che – come ci esorta papa Francesco – devono essere aiutate con un cammino di cura e attenzione e accompagnate all’incontro con il Signore.  

  1. Cosa fare per i cristiani che si sono allontanati?

Gli aspetti che ho considerato finora (cambiamento antropologico, nuova sensibilità rispetto ai valori profondi del vangelo, fatica di unire fede e vita), ci spronano a comprendere come la nostra Isola, e tutte le Chiese particolari che in essa operano, richiedano un nuovo slancio di evangelizzazione. Però, come spesso ci ha ricordato papa Francesco, in quanto pastori e fedeli, non dobbiamo entrare in contatto solo con quelli vicini, quelli che ci ascoltano e frequentano la chiesa, ma anche con i battezzati non praticanti, gli indifferenti e i non credenti. Spesso essi apprezzano la persona e l’insegnamento di Gesù ma fanno fatica ad accettare la Chiesa, a comprenderne la missione e che si sono allontanati forse a causa degli scandali e della testimonianza debole di noi cristiani. Non dobbiamo essere passivi e aspettare che vengano al suono delle campane, ma piuttosto andare noi verso di loro, negli ambienti di vita. Questo sforzo ci è stato chiesto anche dal Cammino Sinodale che ha spronato ad accogliere ed entrare in contatto e in dialogo con quelli che sono ai margini, che non frequentano le nostre chiese né partecipano alle liturgie. Siamo invitati a fare un passo di accoglienza, a trovare occasioni di ascolto e dialogo, realizzando l’annuncio secondo «lo stile di prossimità». Gli aspetti più pratici dovranno essere pensati e realizzati dalle comunità parrocchiali, inventando momenti di ospitalità e incontro. Facendosi presenti e collaborando anche a momenti che non sono ecclesiali ma fanno parte della vita e riuniscono tante persone.

In conclusione, le nostre Chiese diocesane di Oristano e Ales-Terralba, con la loro storia e le loro particolarità, le tradizioni e i modi peculiari di esprimere la propria fede, desiderano rispondere alle domande profonde del cuore di ogni uomo e donna delle nostre comunità e suscitare un rinnovato interesse per la persona di Gesù Cristo e per il vangelo. Lo Spirito Santo che conosce in profondità ogni cuore e i cammini di ogni uomo, possa condurre noi Pastori e tutti gli uomini di buona volontà all’incontro salvifico con il Salvatore.

Domande per la riflessione e spunti per le scelte concrete nella comunità parrocchiale

  1. Facendo i tre passi del “vedere, giudicare, agire”, come possiamo raccontare la nostra realtà parrocchiale?
  2. Quali aspetti individuati nella riflessione precedente vanno affrontati con maggior attenzione nella mia comunità parrocchiale? La famiglia? Il ruolo della donna nella comunità? L’attenzione ai giovani? I cristiani che si sono allontanati?
  3. Che passi concreti fare per evangelizzare gli adulti?

 


parte II – Segni di speranza

Vi sono segni di speranza nelle nostre comunità? Accanto alle fatiche emergono segnali di impegno che vanno curati e stimolati. Continuiamo a prenderci cura di tutte le vocazioni, a valorizzare in modo nuovo la realtà parrocchiale.

  1. Importanza della parrocchia

L’esortazione apostolica Evangelii Gaudium, che mi ha offerto alcuni spunti per questa Lettera, ripropone percorsi e uno sguardo missionario al cammino delle Chiese particolari e delle comunità parrocchiali quanto mai attuale. Sebbene la Evangelii Gaudium sia stata scritta più di dieci anni fa, lo stesso papa Francesco ha più volte sottolineato come sia un testo da riprendere e rileggere per essere attuata da tutti[9].

Al n. 28 il Papa mette in evidenza l’importanza della parrocchia nel contesto dell’evangelizzazione: «essa non è una struttura caduca; (…) può assumere forme molto diverse che richiedono docilità e la creatività missionaria del pastore e della comunità (…). La parrocchia è presenza ecclesiale nel territorio, ambito dell’ascolto della Parola, della crescita della vita cristiana, del dialogo, dell’annuncio, della carità generosa, dell’adorazione e della celebrazione. Attraverso tutte le sue attività la parrocchia incoraggia e forma i suoi membri perché siano agenti dell’evangelizzazione»[10].

Nelle nostre comunità diocesane di Oristano e Ales-Terralba abbiamo già fatto qualche passo per creare una rete di collaborazione tra parrocchie affidate a uno o più presbiteri. Il motivo è quello di creare una nuova consapevolezza nel modo di essere comunità, superando i campanilismi, nella condivisione dei punti di forza (formazione, attenzione ai giovani, celebrazioni curate e non moltiplicate etc.). Ecco un primo segno di speranza che ci aiuta a camminare insieme: valorizzare la parrocchia, anche nelle nuove forme in cui oggi si realizza, facendo discernimento su ciò che è la novità da accogliere e ciò che va conservato di quanto è parte della tradizione, perché valido e significativo. Nel popolo santo di Dio i fedeli costituiscono la maggioranza e grazie alla loro presenza, al loro apporto e vocazione, si manifesta la carità del Signore nella cura verso i deboli e i piccoli. Molti si impegnano nella catechesi, nel servizio della carità[11].

  1. La comunità grembo di ogni vocazione

Nella Lettera alla Comunità dello scorso anno “Anche io mando voi…” ho voluto stimolare l’approfondimento in ogni parrocchia, Vicaria/Forania, del tema vocazionale in senso ampio, che porti poi a scelte nella pastorale familiare, nella preparazione ai sacramenti, nella pastorale giovanile vocazionale parrocchiale, Vicariale/Foraniale e diocesana come pure nelle altre pastorali che fanno parte del cammino delle nostre Chiese. In primo piano è stata posta la consapevolezza che la comunità deve essere grembo di ogni vocazione, sia essa al matrimonio, alla vita consacrata, al ministero presbiterale, al diaconato permanente, alla consacrazione nella vita ordinaria, alle altre vocazioni presenti nella Chiesa. Altrimenti sempre si vivrà passivamente, pensando che altri devono occuparsi di questo tema mentre noi ne siamo esonerati. Eppure, questa crisi, presente ed evidente, possiamo vederla anche come un’opportunità che il Signore, dandoci la grazia di comprendere che è il momento di cambiare, ci offre per trovare nuovi modi di annuncio del vangelo. È il momento di assumere un rinnovato impegno per rendere matura e irraggiante la vocazione di ciascuno nella comunità. L’annuncio del vangelo non è solo un compito del vescovo o dei presbiteri, ma di tutti i fedeli. Ci è stato ripetuto tante volte che la Chiesa è missionaria e ogni cristiano è chiamato ad annunciare, vivere e testimoniare il vangelo. Il numero di vocazioni alla vita consacrata e al ministero ordinato è, nelle nostre diocesi, piuttosto ridotto. Ma dobbiamo ringraziare ugualmente il Signore per quei piccoli semi di speranza che sono presenti e pregare perché la testimonianza di quei giovani e quelle giovani sia di stimolo e invito ad altri a porsi la domanda: «Cosa vuoi Signore che io faccia?» A questo si deve accompagnare anche la cura delle vocazioni da parte dei Servizi Diocesani della Pastorale giovanile- vocazionale e ministeriale, con iniziative appropriate, sostenute dai presbiteri e dalla comunità attraverso la preghiera, l’adorazione, le giornate di approfondimento del tema vocazionale. 

  1. Curare le vocazioni alla vita religiosa consacrata

Nelle nostre diocesi di Oristano e Ales-Terralba vediamo con sofferenza che diverse comunità religiose femminili, a causa della diminuzione dei membri e del calo numerico delle vocazioni, sono state costrette a chiudere le loro opere e lasciare il loro servizio. Si tratta di un impoverimento per la comunità cristiana. Siamo grati alle religiose che ancora mantengono la loro presenza in favore dell’educazione dei piccoli e delle famiglie, come pure alle comunità monastiche e contemplative presenti: L’Ordine di Santa Chiara, le Adoratrici Perpetue del Santissimo Sacramento, le Servidoras[12]. Esse con la loro preghiera perseverante, aiutano tutti a una maggiore fedeltà al vangelo. Voglio incoraggiare la vita consacrata, sia femminile che maschile, perché continui a essere segno evangelico e di speranza nelle nostre Chiese diocesane, ma anche perché trovi altri modi per una presenza significativa, collaborando con le comunità parrocchiali e le programmazioni diocesane. Incoraggio tutte le comunità religiose maschili e femminili ad avere fiducia nel Signore che ha suscitato il loro carisma nella Chiesa e per la Chiesa, e perché non abbiano timore di riproporlo con creatività e gioia ai giovani d’oggi. 

  1. Movimenti, aggregazioni, associazioni

Vi sono molte forme ecclesiali che arricchiscono le nostre Chiese con i vari doni suscitati dallo Spirito Santo. Siano più presenti e coraggiosi nel riproporre itinerari di vita cristiana e nel sentirsi coinvolti nel cammino delle parrocchie, così da essere veramente integrati nella pastorale organica della nostra Chiesa locale e dare il loro prezioso contributo[13]. L’annuncio del vangelo passa anche attraverso la loro testimonianza. Bisogna riprendere con entusiasmo e convinzione le motivazioni della loro presenza nella Chiesa diocesana.

  1. La fraternità presbiterale fondamento per una Chiesa missionaria

Il futuro interroga tutti noi e in modo responsabile i presbiteri a cui viene affidata dal vescovo una porzione di Chiesa. Le scelte pastorali, lo sappiamo, non nascono a tavolino ma devono essere meditate e vagliate nel contesto della relazione personale con il Signore e con i confratelli, riuniti attorno al vescovo. Rendere efficace un progetto pastorale nasce prima di tutto dal creare comunione tra i presbiteri, favorire la stima reciproca, la gioia per i doni degli altri, il discernimento, la mancanza di rigidità, la capacità di adattamento e di lavorare uniti. Sappiamo che è meglio camminare insieme, pur nella lentezza che comporta, che correre da soli. L’obbedienza alle norme della Chiesa e alle indicazioni del vescovo è un atto di fraternità. Prassi pastorali troppo personalistiche disorientano i fedeli e creano confronti dannosi tra parrocchie. Per questo motivo, nell’organizzare la vita liturgica della parrocchia non si moltiplichino celebrazioni, eventi, liturgie, ma in comunione con la riflessione dei presbiteri delle Vicarie/Foranie si mantenga uno stile comune, senza fare della propria parrocchia un feudo chiuso in sé stesso. Un’efficace evangelizzazione è dunque legata alla testimonianza di fraternità e di comunione tra il Presbiterio, con il vescovo e tra presbiteri e laici. È un segno di speranza vedere lo sforzo di tanti presbiteri delle due diocesi per lavorare insieme e incamminarsi verso un nuovo stile di ministero pastorale.

Domande per la riflessione e spunti per le scelte concrete nella comunità parrocchiale

  1. Come i fedeli laici possono accompagnare i presbiteri nella loro opera di evangelizzazione? Quali potrebbero essere le forme di corresponsabilità?
  2. Nel giorno del Signore si celebrano tante Messe. Come aiutare i fedeli a sentirsi parte di un’unica comunità?
  3. Quali occasioni vengono offerte ai fedeli laici per rigenerarsi nella fede?  Come offrire una formazione evangelizzatrice e missionaria?
  4. Quali passi fare per favorire la fraternità sacerdotale e la comunione tra presbiteri e laici?

 


parte III – Annunciate il vangelo: un incontro che si fa missione

Dopo aver riflettuto sulle realtà che affrontano le nostre Chiese diocesane e sui segni di speranza e le buone pratiche, nonostante le difficoltà che pure vi sono, dobbiamo interrogarci su come sostenere e rinnovare l’annuncio del vangelo e la vita cristiana nelle parrocchie dove non è più possibile avere un unico parroco. È necessario avviare una riflessione attenta, coinvolgendo le comunità cristiane, perché nessuno possa considerarsi ai margini della vita diocesana ed esente da un cammino comunitario.

 

  1. Una fraternità pastorale, fraternità di parrocchie

Le comunità che condividono uno stesso parroco e vogliono anche condividere strutture pastorali (formazione dei catechisti, cammino di iniziazione cristiana, formazione dei gruppi, confraternite etc..) sono da considerarsi come una “fraternità pastorale, fraternità di parrocchie”.

Ciò richiede un cambiamento importante di mentalità. Se prima ogni parroco aveva la propria parrocchia e ogni parrocchia il proprio parroco, oggi bisogna cambiare prospettiva: un parroco è capace di mantenere la cura di più comunità ma a condizione che vi sia il valido aiuto di laici collaboratori per coordinare insieme un cammino di formazione. In questo contesto sono importanti il Consiglio pastorale parrocchiale e il Consiglio per gli Affari Economici che devono pensare la cura pastorale in modo nuovo. Ci viene chiesto di superare i campanilismi e di vivere come comunità di credenti. Questo non significa annullare gli aspetti specifici e identitari di una comunità, ma farli dialogare con quelli di altre parrocchie, nella ricerca di armonia e collaborazione.

  1. Buone pratiche già avviate

Già da qualche anno in alcune zone delle diocesi è stata avviata l’esperienza delle “fraternità parrocchiali”. Vi sono parroci con due, tre, quattro e anche cinque parrocchie; si è fatta l’esperienza di affidare le parrocchie in solidum a due presbiteri[14]. In queste realtà si cerca di trovare uno stile di vita pastorale che miri alla collaborazione tra le comunità, a ridurre il ritmo delle celebrazioni a favore di una maggiore attenzione ad alcune celebrazioni principali, a condividere momenti formativi per catechisti e animatori.  Si tratta di un cammino avviato e non concluso, dove l’esperienza stessa, mettendo in evidenza luci e ombre, contribuisce a fare meglio. Il coinvolgimento e la corresponsabilità dei laici sono determinanti, altrimenti si rischia di addossare ancora una volta ai presbiteri tutta l’organizzazione della vita parrocchiale, non creando collaborazione e sinergie ma solo una moltiplicazione di impegni. Chiedo perciò a tutti di aprirsi a questo nuovo cammino che segnerà la vita delle nostre Chiese in futuro.

  1. Ripresa del Diaconato permanente

Nelle nostre diocesi è già stato avviato, da qualche tempo, il cammino per il discernimento della vocazione al Diaconato permanente. I delegati diocesani sono già impegnati nei vari percorsi di formazione e discernimento dei candidati. Si tratta di un cammino graduale e prudente, portato avanti nell’ascolto attento degli interessati, coinvolgendo le parrocchie, il parroco e le rispettive famiglie, valutando, nel dialogo col vescovo e con gli organismi diocesani il percorso formativo e il cammino spirituale di ciascuno. Il Diaconato permanente è una vocazione che viene riconosciuta e vagliata dalla Chiesa, non come risposta a desideri e ambizioni personali, tantomeno come titolo di onore o superiorità rispetto agli altri fedeli, ma come un vero servizio per il bene di tutti, in risposta all’invito che il Signore rivolge a seguirlo per l’annuncio del vangelo. È necessario rendere ancora più solido il cammino diocesano, per procedere in prospettiva futura: fra i compiti dei diaconi permanenti vi sarà quello dell’evangelizzazione, con uno stile di autentica prossimità; il diacono potrà occuparsi dell’educazione alla fede e alla formazione religiosa della comunità parrocchiale, guidando la preparazione ai sacramenti e accompagnando tutti coloro che li hanno già ricevuti.

Come previsto dalle norme della Chiesa il diacono permanente si dovrà occupare delle varie celebrazioni e, secondo le necessità, celebrare il Battesimo, presiedere i riti del Matrimonio e delle Esequie, presiedere la Liturgia delle Ore, la preghiera del popolo di Dio e la celebrazione della Parola in assenza del presbitero, secondo le norme presenti nei libri liturgici e nel Codice di Diritto Canonico. Altri compiti potranno essere affidati ai diaconi come quelli amministrativi, la cura dei registri parrocchiali, la stesura di documenti ecclesiali e canonici, la raccolta delle intenzioni delle Messe, la cura della chiesa e dei beni ecclesiali; potranno anche avere compiti organizzativi e di collegamento con le altre parrocchie, i Vicariati e gli Uffici diocesani. Il diacono permanente potrà coordinare le attività di carità e catechesi. In questo contesto il diacono potrà svolgere anche con delega o procura giuridica, il ruolo di segretario amministrativo parrocchiale.

È chiaro che il ministero dell’ordine nel grado del diaconato, permanente o orientato al sacerdozio, nasce e cresce nel contesto della comunità parrocchiale, seppure poi si apra ai bisogni della Chiesa diocesana secondo il discernimento che il vescovo farà con gli interessati, valorizzando i loro carismi e le storie personali.

  1. I Ministeri istituiti e quelli di fatto.

I Ministeri laicali non devono essere pensati come supplenza alla situazione di scarsità del numero dei presbiteri, ma come un vero dono: essi realizzano la Chiesa secondo il disegno di Dio, sviluppando i vari carismi secondo la natura che gli è propria. Il mandato ecclesiale è il riconoscimento di un carisma che trova la radice nel Battesimo e lo sviluppo nella Confermazione[15]. Molti ministeri sono vissuti anche senza istituzione liturgica e con modi diversi: per esempio nell’ambito della carità, della catechesi, nell’assistenza ai malati, in varie forme di servizio alla comunità. Altri ministeri sono conferiti attraverso un atto liturgico con il rito stabilito dalla Chiesa. Nelle diocesi vi sono gli incaricati dei Ministeri che devono coordinare questi aspetti. Alcuni incarichi possono essere affidati ai laici in virtù del Battesimo e della Confermazione. I vari carismi, le vocazioni e i ministeri scaturiscono dai sacramenti dell’Iniziazione Cristiana e a essa tendono.  I ministeri non sono una “promozione” ma un servizio alla comunità secondo il mandato ricevuto. Non sono impegni solitari dove si cammina in autonomia[16]. Sarà importante che i parroci, in sintonia con gli incaricati diocesani, facciano un attento discernimento al momento di proporre ai fedeli i vari ministeri, facendo ben comprendere che non si tratta di motivi di onore o prestigio, ma di un servizio per il bene della comunità.

Di grande aiuto saranno le proposte che offriranno gli Uffici Catechistici Diocesani, attraverso l’organizzazione di momenti formativi e di approfondimento per i catechisti e altri educatori della comunità.  Dobbiamo curare in modo particolare il “come annunciare”. L’annuncio del vangelo ai bambini e adolescenti deve rinnovarsi, staccandosi sempre più da uno stile “scolastico” per divenire approfondimento esperienziale della propria fede, conoscenza di Gesù, apertura alla carità.

  1. Il mondo della carità

L’evangelizzazione non è solo annuncio della Parola ma anche attenzione concreta alle situazioni di povertà, dove si manifesta la presenza di Dio e di Gesù nei piccoli e negli emarginati. La comunità cristiana come tale deve prendere in carico le povertà nelle sue molteplici forme; dopo aver ascoltato la Parola, celebrato l’Eucaristia si va incontro ai fratelli più bisognosi con vero amore. Dobbiamo mettere accanto alla carità individuale (che pure è importante) una carità vissuta in modo comunitario. Al povero dobbiamo far sentire il calore di una accoglienza, di una casa, in un contesto di relazioni. Questo ci aiuterà a crescere verso una maggiore essenzialità e sobrietà nelle nostre vite. Le Caritas diocesane sono già molto impegnate nell’accoglienza dei poveri, nell’ascolto delle loro situazioni e fatiche, superando in questo modo le barriere e i timori e aprendosi all’accoglienza. Il Signore ci invita a crescere come comunità parrocchiali che si aprono all’ascolto delle persone bisognose, e vivere quest’attenzione come segno concreto che nasce dall’incontro con il vangelo.

  1. La verifica periodica

Quanto si è detto sulla “fraternità di parrocchie”, sui ministeri, sul diaconato permanente etc. ha bisogno di una verifica periodica da parte degli interessati, dal vicario foraneo, e quando necessario dal vicario generale e dal vescovo. La verifica può riguardare la programmazione comune, il numero e luogo delle celebrazioni eucaristiche e delle altre celebrazioni, l’organizzazione della catechesi, della carità, le relazioni tra presbiteri e tra presbiteri e religiosi, la scelta dei candidati ai ministeri. È importante valorizzare meglio il ruolo del vicario foraneo che, in accordo con il vescovo, deve stimolare, incontrare, verificare il cammino delle comunità vicariali/foraniali.

Domande per la riflessione e spunti per le scelte concrete nella comunità parrocchiale

  1. Come educare a far sì che gli impegni nella comunità cristiana non siano vissuti in modo individuale ma siano parte di un cammino condiviso? Come evitare contese e gestire i conflitti?
  2. Quali iniziative comuni tra parrocchie vicine o affidate a un unico parroco possono essere realizzate? Celebrazioni? Annuncio della Parola? Catechesi? Impegno nella Carità? Altro?
  3. Come potrebbero essere i Consigli pastorali al servizio di più parrocchie? Quali i passi concreti da compiere?
  4. Come valorizzare i carismi personali dei fedeli e metterli al servizio di tutti?

 

  1. Riprendere il cammino insieme

Il Concilio Vaticano II ha messo in risalto la dimensione battesimale ed ecclesiale dei fedeli laici. Negli ultimi anni questa riflessione si è sviluppata come maggiore corresponsabilità dei ministri ordinati e dei fedeli laici, i quali vanno considerati, come diceva Papa Benedetto XVI non «come collaboratori del clero, ma come persone realmente corresponsabili dell’essere e dell’agire della Chiesa»[17]. Per questo siamo tutti chiamati a ripensare l’impostazione pastorale, nel rispetto delle vocazioni e dei ruoli dei consacrati e dei laici, promuovendo la corresponsabilità. La Chiesa universale e italiana sta vivendo il Cammino sinodale, e Papa Francesco nel discorso per l’inizio del percorso sinodale ha insistito che il «punto di partenza nel corpo ecclesiale, è il Battesimo. Da esso deriva l’eguale dignità dei figli di Dio pur nella differenza dei ministeri e carismi»[18]. Come fedeli delle diocesi di Oristano e Ales-Terralba siamo tutti chiamati, ciascuno secondo la propria vocazione, ad essere responsabili della comunità cristiana. Questo non sminuisce la responsabilità e il ruolo dei presbiteri e dei religiosi, anzi è a loro che spetta di promuovere la crescita spirituale dei fedeli e di quanti vivono responsabilità e servizi nella comunità e di far maturare il laicato nel rispetto del compito e dei ministeri, in comunione con il vescovo. Tale corresponsabilità si esercita nei Consigli Pastorali parrocchiali ed eventualmente di Vicaria/Forania e nei Consigli per gli affari economici. Non si tratta di una semplice consultazione ma di vera comunione per le scelte pastorali ed economiche.

Domande per la riflessione e spunti per le scelte concrete nella comunità parrocchiale.

  1. Come la comunità cristiana può aiutare i battezzati a vivere la propria vocazione battesimale secondo la dimensione secolare ed ecclesiale?
  2. Come accompagnare le altre vocazioni (al presbiterato, alla vita consacrata, al matrimonio)?
  3. Come aiutare i fedeli laici a considerarsi in forza del battesimo non solo “collaboratori” ma “corresponsabili” dei presbiteri e diaconi nell’annuncio del Vangelo?

Un Tempo di Grazia: la celebrazione del Giubileo del 2025

La Vigilia del prossimo Natale Papa Francesco aprirà la Porta Santa nella Basilica di San Pietro in Vaticano, dando così inizio al Giubileo Ordinario del 2025. Come ha scritto nella Bolla Spes non confundit: «è tempo di spalancare ancora la Porta Santa per offrire l’esperienza viva dell’amore di Dio, che suscita nel cuore la speranza certa della salvezza di Cristo»[19]. Le nostre Chiese diocesane si preparano a questo importante appuntamento con un cammino personale e comunitario di preghiera e approfondimento della Parola di Dio, insieme a segni concreti di attenzione ai poveri, ai malati, a coloro che si trovano ai margini. A Dio piacendo andremo anche noi pellegrini a Roma come comunità diocesane dal 5 al 9 maggio 2025. Saranno indicate più avanti le Chiese Giubilari delle nostre diocesi, ricordando che coloro che non potranno partecipare – per vari motivi e situazioni – alle solenni celebrazioni e ai pellegrinaggi, potranno conseguire l’indulgenza nei luoghi dove sono trattenuti, recitando le preghiere suggerite per l’anno Giubilare.

Il cammino del Giubileo sarà inoltre un tempo importante di preparazione alla visita pastorale all’Arcidiocesi di Oristano che ho intenzione di realizzare alla conclusione del prossimo anno e di cui saranno dati dettagli a suo tempo. È mio desiderio dedicare la visita all’incontro con le comunità e i singoli fedeli, nella loro concreta realtà di vita, per ascoltare le fatiche e le speranze e per incoraggiare tutti all’incontro con il Signore Gesù e a essere missionari del vangelo.


Conclusioni

La Lettera alle comunità cristiane delle diocesi di Oristano e Ales-Terralba è occasione per una riflessione a voce alta che vuole invitare i presbiteri e i diaconi, le religiose e i religiosi, e i fedeli laici, ad approfondire alcuni temi che interessano tutti e hanno bisogno dell’apporto di tutti in termini di riflessione e di azione.

Ciò che ho scritto non la ha pretesa di toccare tutti i temi importanti o gli aspetti più problematici della vita ecclesiale, ma solo invitare a una riflessione comune e ad alcune scelte concrete in vista di un rinnovato annuncio del vangelo che mi auguro le comunità cristiane, con i presbiteri, i fedeli laici e i religiosi possano realizzare nel cammino comunitario.

Affido ciascuno di voi alla Madre del Signore, che nelle nostre diocesi veneriamo con i titoli di Nostra Signora del Rimedio e di Santa Mariaquas. Sia Lei, sempre attenta alle parole del suo Figlio, a guidarci nell’ascolto del vangelo.

Oristano – Ales, 15 agosto 2024 , Solennità dell’Assunzione della Beata Vergine Maria

 +Roberto Carboni, Arcivescovo Metropolita di Oristano e Vescovo di Ales-Terralba


 

ALCUNI OBIETTIVI DA RAGGIUNGERE NELL’ANNO PASTORALE 2024-2025

Ritengo utile proporre, oltre alle domande che sono state inserite dopo ogni capitolo di questa Lettera e che vanno affrontate negli incontri con i Consigli Pastorali e con tutta la comunità con lo stile della conversazione spirituale suggerita dal Cammino Sinodale, alcuni obiettivi sui cui lavorare nel prossimo anno pastorale 2024-2025.

1) In ogni parrocchia o unità pastorale, o se un parroco ha la cura di più paesi, almeno in una delle parrocchie che guida, si promuova un incontro settimanale (che può assumere diversi nomi, come lectio divina, catechesi per gli adulti o come la creatività dello Spirito vorrà suggerire), rivolto a tutti gli operatori pastorali (liturgia, catechesi, carità, confraternite, gruppi, associazioni) e in generale a chiunque sia desideroso di partecipare, anche se non svolge nessun servizio attivo, in preparazione alla liturgia della Parola della domenica (se necessario da compiersi in luogo di una Messa feriale per non aumentare gli appuntamenti), come vero momento in cui Dio educa il suo popolo attraverso l’ascolto della sua Parola con la quale pastore e fedeli si confrontano. Non preoccupiamoci dei numeri e dell’affluenza, ma dobbiamo imparare a seminare.

2) Il Servizio di pastorale giovanile e vocazionale delle due diocesi proponga dei percorsi di discernimento di vita per giovani e per adolescenti, utilizzando le strutture esistenti, per esempio del Seminario di Oristano e altre presenti in diocesi. Si preveda un incontro annuale del vescovo con tutti i cresimandi.

3) L’Ufficio Catechistico diocesano e l’Ufficio di Pastorale del Turismo, tempo libero e pellegrinaggi, delle due diocesi, di concerto con i parroci interessati, proponga un calendario di ritiri diocesani per adulti, in forma di ritiro domenicale, per almeno quattro appuntamenti annuali, nelle chiese che saranno indicate come chiese giubilari. Tutti i parroci della diocesi favoriscano la partecipazione dei fedeli a questi ritiri.

4) L’Ufficio di Pastorale della famiglia, in accordo con i parroci, coordini un calendario annuale diocesano di preparazione al matrimonio, armonizzando le date e i luoghi, in modo che sia data la possibilità in ogni periodo dell’anno di accedere a un percorso in preparazione al matrimonio. Si preveda un incontro annuale del vescovo con i fidanzati che si stanno preparando o hanno concluso tale percorso.


Note

[1]  Secondo i dati presentati alla Visita ad limina per l’Arcidiocesi di Oristano, nel 2012 vi erano stati 910 battesimi, nel 2023 erano 599. In quella di Ales-Terralba nel 2012 erano 706 e, nel 2022, 366.

[2] A. MATTEO, La Chiesa che verrà, pag. 41 “Abbiamo perso la fiducia delle donne”, 2022.

[3]  Cfr. A. MATTEO, La Chiesa che manca, 2017, pp. 43-53.

[4] Cfr. Concilio Plenario Sardo, La Pietà popolare, nn. 112-117.

[5] Evangelii Gaudium, n.12.

[6] Concilio Plenario Sardo, Liturgia ed evangelizzazione, n. 96.

[7] Concilio Plenario Sardo, n. 97 §3.

[8] A. MATTEO, La prima generazione incredula, 2017, pp.60-62.

[9] Cfr. Messaggio del Santo Padre Francesco in occasione del 10° anniversario dell’Evangelii Gaudium.  24 novembre 2023.

[10] Evangelii Gaiudium, n. 28.

[11] Evangelii Gaudium, n.102.

[12] Servidoras del Señor y de la Virgen de Matarà.

[13] Evangelii Gaudium, n. 29.

[14] Codice di Diritto Canonico, can. 543.

[15] Cfr. La lettera di Papa Francesco Spiritus Domini (2021) con cui si apre a fedeli uomini e donne l’accesso al ministero del Lettorato e Accolitato. E Antiquum ministerium (2021) con cui si istituisce il ministero del Catechista.

[16]  Conferenza Episcopale Italiana, I ministeri istituiti del Lettore, dell’Accolito e del Catechista per le Chiesa che no in Italia, 2023, n. 3.

[17] Benedetto XVI, Messaggio alla VI Assemblea ordinaria del Forum Internazionale di Azione Cattolica, 1agosto 2012.

[18]  Francesco, Discorso per l’inizio del percorso sinodale, 9 settembre 2021.

[19] Francesco, Spes non confundit, n.6.