L’omelia per Corpus Domini

06-06-2021

Fratelli e sorelle,

il luogo in cui, stasera, ci troviamo a celebrare la liturgia, piazza Cattedrale, non solo è motivato da necessità logistiche, a causa dei lavori all’interno della nostra cattedrale, ma può essere occasione di riflessione che attinge, dalla realtà contingente e concreta, un motivo di crescita spirituale. Questa piazza, infatti, cuore importante di incontro e di bellezza della nostra città, in modo plastico e immediato, rende visibile l’idea che Papa Francesco ha espresso, più volte, parlando della Chiesa in uscita. Sì: siamo usciti dalla chiesa cattedrale per ricordare a noi stessi, e alle persone che ci avvicinano, che questo deve essere il tempo della Chiesa in uscita.

Il lungo periodo della pandemia ha reso consapevole la comunità cristiana, pastori e fedeli, che ci troviamo in un cambiamento d’epoca, che ci chiede non di rifugiarci nella routine, ma piuttosto di interrogarci, alla luce dello Spirito Santo, sui nuovi cammini che la Chiesa deve percorrere e avere l’audacia di iniziare a farli. La recente Assemblea dei vescovi italiani (CEI), riuniti in ascolto di Papa Francesco, ha dato avvio a quel cammino sinodale che dovrà caratterizzare, nei prossimi anni, la nostra Chiesa italiana e diocesana. Una Chiesa che vuole mettersi in cammino e prospettiva missionaria iniziando dalle comunità, coinvolgendo tutti i fedeli, uomini e donne. Alla fine di questa celebrazione non potremo fare la tradizionale processione del Corpus Domini per le vie della nostra città. Possiamo vivere questo come un limite, ma anche come un’occasione perché ciascuno di noi potrà farsi ostensorio vivo, portatore del Cristo che ha ricevuto nel pane Eucaristico. Un nuovo modo di fare la processione, che nasce dall’assemblea, da una comunità riunita attorno a Signore, che poi si irradia per le vie della città e ritorna nelle case, nei luoghi della vita quotidiana, luoghi di gioia ma anche di sofferenza, di preoccupazioni, di lavoro, quotidianità e svago.

Ci viene chiesto, insomma, un protagonismo diverso, un coinvolgimento che non è solo assistere alla celebrazione ma partecipare e portare frutti spirituali nella nostra quotidianità: questa è la vita cristiana, dove si intreccia celebrazione e quotidianità!

Oggi la liturgia ci invita a concentrare la nostra celebrazione, meditazione e venerazione sul mistero del Corpo e Sangue del Signore: la festa che conosciamo come Corpus Domini.  Questa celebrazione prende le mosse da lontano, più di 8 secoli fa nella diocesi di Liegi, in Belgio, diffondendosi poi nel tempo e acquistando importanza sino a essere celebrata in tutta la Chiesa universale.

Perché questa celebrazione così solenne?  Come cristiani, ogni domenica, celebriamo l’Eucaristia del Signore, il memoriale della sua Pasqua. Attraverso la celebrazione del Corpus Domini vogliamo non solo celebrare, partecipare a questo sacramento mirabile, ma anche rendere evidente la nostra fede in questo mistero della presenza del Signore e, quando è possibile, attraverso la solenne processione, sottolineare che Dio è in mezzo a noi, cammina con noi, anzi ci guida e ci precede nel cammino della storia di ciascuno e della Chiesa intera.

Tutte le domeniche (e forse tutti i giorni) celebriamo l’Eucaristia: è il centro della nostra vita. Ma, come accade anche per altre realtà della nostra vita, anche quella spirituale può essere toccata da una malattia che si chiama abitudine, routine, presenza meccanica, senz’anima, per tradizione, per altre motivazioni poco spirituali. Ci viene offerto, dunque, dalla pedagogia della Chiesa la possibilità di meditare, contemplare, comprendere meglio questo mistero importante della nostra fede, per poterlo vivere pienamente, non come abitudine o tradizione, ma come un reale momento di incontro con il Signore, di ascolto della sua Parola, di ricevere il suo Corpo con consapevolezza e partecipazione e fede.

La malattia che può toccare questo Sacramento è la superficialità! Come ci prepariamo alla celebrazione dell’Eucaristia? La preparazione inizia già da quando esco di casa, per andare in chiesa a partecipare e celebrare con la comunità. Dunque, la preparazione interiore è previa all’arrivo. Significa rendersi consapevoli di quello che si va a fare, del come si deve farlo e dei frutti spirituali che riceverò. Vorrei richiamare l’attenzione su due atteggiamenti: partecipare e celebrare. Dobbiamo, infatti, uscire da un atteggiamento passivo (una volta si diceva: assistere alla Messa): ma comprendere che siamo chiamati personalmente e dunque in questo rito vi sono azioni, gesti, parole, postura del corpo etc. che richiedono la mia partecipazione attiva, come segno di presenza, e soprattutto devo impegnare il mio cuore e la mia mente. Ecco perché, nonostante il grande aiuto dei social (specie per gli anziani, gli ammalati, nel tempo di chiusura…,) la partecipazione attiva, presente, è diverse dall’essere spettatori. Con il Battesimo tutti veniamo immessi nel sacerdozio universale, anche noi celebriamo l’Eucaristia, ciascuno secondo la sua vocazione. Il ministro ordinato secondo quello che gli è proprio e i ministri-fedeli, secondo la vocazione che è loro propria. Come dice il Catechismo della Chiesa Cattolica: resi partecipi nel modo loro proprio della funzione sacerdotale, profetica e regale di Cristo (CCC n. 871).

Talvolta mi capita di incontrare persone buone, impegnate, giuste, che amano definirsi credenti non praticanti, perché probabilmente non sono mai stati affascinati da qualcuno che testimoniasse loro la bellezza di Cristo e l’importanza dell’Eucaristia. Al contrario, ci sono tanti praticanti non credenti, ossia gente che segue tutte le liturgie, ma non vive un vero incontro con il Signore!

Desidero invitare tutti a riflettere seriamente su cosa riceviamo come dono durante la Celebrazione eucaristica, come dobbiamo vivere questa Liturgia, come accostarci al Sacramento Eucaristico e riceverlo e a che cosa ci chiama, ci invita l’Eucaristia: a vivere, terminata la Messa quando usciamo dalla chiesa, come donne e uomini eucaristici.

Ci aiuta, in questa riflessione, ritornare ai nomi con in quali viene indicato il mistero del Corpo e Sangue del Signore. Prendo spunto da quanto viene detto nel Catechismo della Chiesa Cattolica: Lo si chiama Eucaristia, perché è rendimento di grazie a Dio. I termini usati ricordano le benedizioni ebraiche che – soprattutto durante il pasto – proclamano le opere di Dio: la creazione, la redenzione e la santificazione.  Siamo dunque prima di tutto chiamati a Ringraziare il Signore per questo dono Egli ha detto: Io Sono con voi tutti i giorni sino alla fine del mondo: ha scelto un modo singolare di essere con noi: gli alimenti cioè qualche cosa esterno all’uomo ma che diventa uomo, la sua interiorità.

Altro nome è la Cena del Signore, perché si tratta della Cena che il Signore ha consumato con i suoi discepoli la vigilia della sua passione e dell’anticipazione della cena delle nozze dell’Agnello nella Gerusalemme celeste.

Questo nome ci fa tornare all’ultima Cena del Signore con i discepoli. Al Giovedì Santo, dove Gesù accetta di dare sé stesso. Si tratta di un momento di amicizia fra Gesù e i suoi (che siamo noi oggi…).

Memoriale della passione e della risurrezione del Signore: Santo sacrificio, perché attualizza l’unico sacrificio di Cristo Salvatore e comprende anche l’offerta della Chiesa; o ancora santo sacrificio della Messa, sacrificio di lode (Eb 13,15), sacrificio spirituale, sacrificio puro e santo, poiché porta a compimento e supera tutti i sacrifici dell’Antica Alleanza.

La Comunione, un nome che usiamo spesso: vado a far la comunione. Si tratta di una espressione che ci fa comprendere come mediante questo sacramento, ci uniamo a Cristo, il quale ci rende partecipi del suo Corpo e del suo Sangue per formare un solo corpo; viene inoltre chiamato le cose sante – è il significato originale dell’espressione Comunione dei santi di cui parla il Simbolo degli Apostoli –, pane degli angeli, pane del cielo, farmaco d’immortalità, viatico…

La Santa Messa, anche questa è una espressione molto comune presso i nostri cristiani Ci ricorda che la liturgia, nella quale si è compiuto il mistero della salvezza, si conclude con l’invio dei fedeli (missio) affinché compiano la volontà di Dio nella loro vita quotidiana. Tutti questi nomi che diamo al sacramento del Corpo e Sangue del Signore ci fanno capire la ricchezza del suo dono.

Vogliamo dire con forza che il Signore c’è per tutti: per chi lo riconosce e lo venera, ma anche per gli altri che forse non lo conoscono o sono indifferenti o non lo conoscono bene per causa nostra. Oggi lo facciamo camminare nelle strade, nella nostra vita, portandolo noi stessi con le nostre parole e azioni. Il Signore vuole entrare in modo modesto, semplice, umile, attraverso la nostra parola, la nostra azione, la nostra carità. Questo è il modo di unire Processione solenne e cammino quotidiano e semplice di Cristo per la nostra vita quotidiana.

 + Roberto, arcivescovo