Omelia per il funerale di mons. Sergio Pintor, Vescovo emerito di Ozieri

29-12-2020

Cari confratelli nell’episcopato e nel sacerdozio,

cari familiari di mons. Sergio Pintor,

fratelli e sorelle tutti,

Abbiamo creduto all’Amore (1Gv 4,16). Queste parole, tratte dalla prima lettera dell’apostolo Giovanni, furono scelte dal nostro fratello mons. Sergio Pintor come motto episcopale, quando nel 2006 Papa Benedetto XVI lo chiamò a guidare come Vescovo la Chiesa di Ozieri.

Sono parole che potevano essere comprese da una duplice prospettiva, poiché da una parte rappresentavano l’essenza dell’esperienza di fede di mons. Pintor e dall’altra indicavano un piano programmatico per il ministero episcopale che lo attendeva.

Mons. Pintor era infatti innanzitutto un credente la cui fede era radicata e fondata nella carità (Ef 3,17), ovvero in Dio stesso, che è amore (1Gv 4,16). Anche in questi ultimi anni in cui, pur segnato dalla malattia, non mancava mai sul suo volto la tenerezza di un sorriso e una parola di gratitudine per chi lo andasse a trovare, la prima impressione che si poteva avere incontrando il suo sguardo era proprio quella di trovarsi davanti ad un uomo innamorato di Cristo e desideroso e capace di riconoscerlo presente in ogni fratello e in ogni sorella, un uomo che aveva fatto esperienza dell’amore di Dio e del Dio dell’amore divenendo perciò amabile e capace di amare.  Alcuni cenni biografici aiutano a vedere come il suo ministero presbiterale ed episcopale sia stato sempre orientato a testimoniare questo amore, fonte ed essenza della fede cristiana, attraverso il servizio generoso alla Chiesa.

Nato a Oristano il 16 novembre del 1937 da una famiglia cristiana, frequentò fin da bambino questa parrocchia Cattedrale, e guidato dal parroco Mons. Giovanni Melis Fois, divenuto in seguito vescovo di Tempio e di Nuoro, compì il primo discernimento vocazionale che lo vide entrare da ragazzo nel Seminario Arcivescovile Arborense. Il 9 luglio 1961, dopo aver concluso l’iter formativo presso il Seminario Regionale di Cuglieri conseguendo la licenza in Teologia, l’arcivescovo Sebastiano Fraghì lo ordinò presbitero in questa stessa Cattedrale. Mons. Pintor aveva allora appena 23 anni e iniziò il suo ministero come viceparroco di questa parrocchia e assistente diocesano della gioventù maschile di Azione Cattolica, venendo poi nominato direttore spirituale in seminario. Nel 1966 fu inviato a Roma per il perfezionamento degli studi e nel 1969 conseguì il dottorato in Teologia Pastorale presso la Pontificia Università Lateranense. Don Sergio seppe trasmettere amabilmente l’amore per la teologia, venendo apprezzato per le sue doti intellettuali, nei lunghi anni di insegnamento presso la Pontificia Facoltà Teologica della Sardegna, la Pontificia Università Urbaniana e attraverso numerose pubblicazioni scientifiche e sussidi di spiritualità e di preghiera.

All’impegno accademico unì sempre l’attività pastorale: fu parroco di san Paolo Apostolo in Oristano, assistente spirituale dell’Università Cattolica, delegato diocesano per la pastorale, assistente della FUCI e per tanti anni direttore dell’Ufficio Catechistico Diocesano. In questa veste collaborò con l’Ufficio Catechistico Nazionale per la stesura dei nuovi catechismi CEI e la formazione dei catechisti. Nel 1988 fu nominato vicedirettore dell’Ufficio Catechistico Nazionale, incarico che mantenne fino al 1996, quando divenne Direttore dell’Ufficio della Conferenza Episcopale Italiana per la Pastorale della Sanità.

Anche in questo campo mons. Pintor seppe spendersi con dedizione e generosità, approfondendo particolarmente le tematiche della bioetica e coinvolgendosi sempre in prima persona nell’assistenza spirituale ai sofferenti e alle loro famiglie. La coincidenza degli insegnamenti con la pratica della vita e dell’Eucarestia celebrata con il dono di sé intensamente e generosamente vissuto, hanno fatto di lui un testimone credibile dell’amore di Dio, un umile e sapiente servitore della sua Chiesa con il cuore costantemente rivolto all’essenziale: la ricerca e l’annuncio di Gesù Cristo.

Tale essenzialità ha contraddistinto anche il suo ministero episcopale nella Chiesa di Ozieri, dal 2006 al 2012, anni in cui insieme a tante grazie non sono mancate per il vescovo Sergio le fatiche e i momenti di difficoltà, sempre interpretati e vissuti con spirito di fede e con umiltà, confidando nel Signore che si rivela nella storia e nelle vicende umane e attraverso di esse scrive una storia di salvezza. In tutto il suo ministero mons. Pintor è rimasto un discepolo, che seguendo l’insegnamento di Gesù lo ha seguito facendosi carico della propria croce. Una croce che negli ultimi anni si è manifestata nelle tribolazioni della malattia, da lui umilmente accettata ed affrontata con dignità e spirito di fede e soprattutto offerta a Dio per l’edificazione della Chiesa.

Cari fratelli e sorelle, “abbiamo creduto all’amore”. Oggi queste parole illuminano la celebrazione delle esequie nella quale rendiamo grazie per il dono della vita e del ministero del nostro fratello vescovo Sergio e consegniamo la sua anima a Dio, che è Amore. Ad uno sguardo superficiale infatti la sofferenza e la morte, così come tutto ciò che stiamo vivendo da un anno a questa parte per via della pandemia, potrebbero essere interpretate come realtà che impediscono di “credere all’amore”. Lo sguardo dei discepoli di Gesù, ammaestrati dalla Parola fatta carne, che il vescovo Sergio oggi ancora una volta ci consegna come testimonianza, è invece lo sguardo di chi spera contro ogni speranza (Rm 4, 18), di chi sa cogliere anche nelle pagine più difficili della vita la presenza dell’Amore di Dio, di chi sa offrire la propria vita per il bene degli altri consapevole di correre il rischio di non essere compreso ed essere avversato. È lo sguardo di chi ha “creduto all’amore” e perciò diviene capace di amare, senza misura e senza calcoli.

In un suo volume intitolato “Per dire Speranza” mons. Pintor ha scritto queste parole, che oggi risuonano come un testamento spirituale:

Credo che in ogni uomo c’è mio fratello, al di là del colore della pelle, dei suoi difetti, dei suoi errori e di quello che la gente dice e pensa di lui. Credo che nel cuore di ogni uomo c’è sempre un germe di bontà, che io devo scoprire, accettare, apprezzare e valorizzare. Credo che, nella vita, vale “essere” più che “avere”. Credo che la bontà non muore con il corpo, ma resta e trasforma gli uomini e il mondo. Credo che questa mia vita, iniziata nel tempo, si completerà e si perfezionerà nella casa del Padre. Credo che viene un mondo nuovo, un mondo che si è annunciato nella gioia, nella pace nell’amore”. (Per dire Speranza, pp. 34-35)

La vita del vescovo Sergio si è conclusa sabato sera, dopo alcuni giorni di intensa sofferenza, nei primi vespri della Domenica entro l’ottava di Natale, in cui la Chiesa celebra il mistero della Santa Famiglia di Gesù, Giuseppe e Maria. In quel giorno la Liturgia della Parola riportava il Cantico con cui Simeone dopo aver visto il Messia, mosso dallo Spirito, con serenità consegnava la propria vita nelle mani di Dio. Con queste parole, vicini al dolore delle sorelle Pina e Maria, e dei nipoti, portando nel cuore sentimenti di gratitudine e riconoscenza per il dono del nostro fratello Sergio, lo affidiamo all’abbraccio misericordioso del Dio dell’Amore:

“Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo vada in pace, secondo la tua parola, perché i suoi occhi hanno visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli: luce per rivelarti alle genti e gloria del tuo popolo, Israele”.

Amen.

+ Roberto, Arcivescovo