Omelia per il mercoledì delle ceneri.

26-02-2020

MERCOLEDI DELLE CENERI
26 febbraio 2020
Cattedrale di Oristano

La Chiesa ogni anno ci offre la pedagogia della “ripetizione”, dove gesti, riflessioni, colori, canti, rito, vengono riproposti dalla liturgia. Tocca a noi trasformare tutto ciò da un semplice “calendario ciclico” in una occasione personale e comunitaria per maturare, cambiare, crescere nella fede, convertirsi veramente a Dio. In una parola passare da un semplice “Kronos”, quantitativo, il tempo che scorre e ritorna sempre uguale, a un “Kairòs”, un tempo qualitativo, una occasione di grazia, dove la ripetizione di qualche cosa è però rinnovata dal nuovo modo di accoglierla, viverla, pensarla. Siamo dunque arrivati una volta in più nella nostra vita al mercoledì delle ceneri.

Per molti di noi sarà forse, 30ma, 40ma o 60ma volte che la celebriamo; ma anche questa volta dobbiamo chiedere a Dio la consapevolezza e che questa sia la volta buona: che possiamo ritornare a Lui, che questa mercoledì delle Ceneri e tutto il tempo di Quaresima che ci apre dinanzi sia davvero un tempo di Grazia per noi.

Quali segni e parole caratterizzano questo giorno e questo tempo? Ne scelgo tre. Iniziano con una parola che risuona spesso nel tempo di quaresima: CONVERSIONE. A volte viene tradotta con penitenza. La parola italiana ha radici nella parola greca “metanoeite” che vuol dire cambio di mentalità, di modo di pensare, cambiare totalmente la direzione del cammino intrapreso. Sto andando in una direzione e cambio completamente verso un’altra. Cosa vuol dirci la chiesa e la liturgia con questa parola-chiave del tempo di Quaresima? In primo luogo invitarci a verificare il nostro modo di pensare: domandarci ad esempio quali sono i criteri che guidano le nostre decisioni, le nostre azioni. Il profeta Gioele dice: laceratevi il cuore e non le vesti. Cosa significa? Che una religione solo esteriore non è gradita a Dio (Lacerarsi le vesti come segno penitenziale…) Quello che il Signore vuole è un atteggiamento più profondo: lacerarsi il cuore. Significa ad esempio che a una pratica formale della Religione (partecipare ai riti solo per la visibilità sociale…) si deve sostituire un cambio reale nel modo di trattare gli altri, nel perdono, nella carità concreta. Ci dice Gesù:” non praticate la vostra giustizia davanti agli uomini” È un invito a non fare azioni religiose solo per essere lodati dalle persone: “vedi che generoso, che praticante, che bravo, che persona di preghiera, che pio etc…” Queste cose sono buone purché la motivazione non sia la propria vanagloria, quella mondanità spirituale di cui parla il Papa Francesco, ma l’effettiva lode a Dio, il desiderio di entrare sempre più in relazione con Lui. Gesù continua dandoci altri esempi di cambio di mentalità. Oltre alla preghiera, indica il digiuno e l’elemosina. Anche questi tre atteggiamenti fondamentali nel tempo di quaresima possono essere vissuti come ingredienti per la propria “vanità spirituale”. Per questo motivo Gesù insiste che bisogna farli in “segreto” per non cercare l’applauso. Questa parola “segreto” nel vangelo di oggi è ripetuta molte volte: è il luogo intimo, non solo fisico, ma spirituale, in cui possiamo incontrare Dio, liberandoci dalla tentazione di esibire, mostrare la nostra religiosità.

L’altro elemento chiave in questo giorno è la CENERE. Come la presenta la Bibbia? Le ceneri sono segno della debole e fragile condizione dell’uomo. Abramo rivolgendosi a Dio dice: “Vedi come ardisco parlare al mio Signore, io che sono polvere e cenere…” (Gen 18,27). Giobbe riconoscendo il limite profondo della propria esistenza, con senso di prostrazione, afferma: “Mi ha gettato nel fango: son diventato polvere e cenere” (Gb 30,19). In tanti altri passi biblici può essere riscontrata questa dimensione precaria dell’uomo simboleggiata dalla cenere (Sap 2,3; Sir 10,9; Sir 17,27).
Ma la cenere è anche il segno esterno di colui che si pente del proprio agire malvagio e decide di compiere un rinnovato cammino verso il Signore. Ricordiamo il testo biblico della conversione degli abitanti di Ninive a motivo della predicazione di Giona: “I cittadini di Ninive credettero a Dio e bandirono un digiuno, vestirono il sacco, dal più grande al più piccolo. Giunta la notizia fino al re di Ninive, egli si alzò dal trono, si tolse il manto, si coprì di sacco e si mise a sedere sulla cenere” (Gio 3,5-9
Siamo dunque chiamati a vivere il gesto dell’imposizione delle Ceneri non come un rito magico ma come un rito che rimanda a realtà più profonde al ritorno alla verità di noi stessi (quello di cui siamo fatti) per poter meglio leggere la nostra realtà, le cose a cui dobbiamo dare importanza. Il peccato di Adamo è stato quello di non riconoscere la propria creaturalità, “essere come Dio, senza Dio, contro Dio”.
È quello che vive spesso l’uomo d’oggi: vuole eliminare Dio dal proprio orizzonte di vita, essere padrone assoluto di sé stesso, portandosi così inevitabilmente alla rovina, perché di fatto non è “padrone totale di sé”, ma deve riconoscere la propria creaturalità e fragilità. Don Tonino Bello diceva che la Quaresima è “un cammino dalla testa ai piedi”, dalla cenere sul capo alla lavanda dei piedi del giovedì santo. Un percorso cioè che deve “rivoltare” la nostra vita, per passare di nuovo “dall’io a Dio”.

Un altro elemento che caratterizza questa celebrazione e il tempo di quaresima è IL COLORE VIOLA. Un colore che nella liturgia della Chiesa è associato al tempo liturgico dell’Avvento e della Quaresima. Un Colore penitenziale rispetto al bianco, all’oro, al rosso. È un modo visivo che la liturgia utilizza per aiutarci a fare memoria: vedendo il colore viola diffuso nella liturgia diciamo” Ah, siamo in Quaresima! Un invito anche a ricordarci che il nostro corpo, i nostri sensi devono partecipare di questa tensione di preparazione alla festa di Pasqua, alla Resurrezione di Gesù.

Siamo chiamati dunque a coinvolgere il corpo: con il digiuno. Riscopriamo il digiuno, allora, per togliere qualcosa al nostro corpo e riempire l’anima di nutrimento spirituale. Questo è il punto di partenza, poi si possono fare altri percorsi e rinunce, meno televisione, meno tempo attaccato al cellulare, meno ossessione di essere cercati e guardati, meno narcisismo tecnologico…. Il digiuno può divenire una “formazione del proprio cuore” (amore verso sé stessi) inseparabile dalla preghiera (amore verso Dio) e dalla carità (amore verso il prossimo). Insieme sono il trittico necessario per la nostra conversione. Riscopriamo l’elemosina come offrire qualcosa di noi stessi, non solo soldi, ma tempo, affetto, attenzione, considerazione, intelligenza. Riscopriamo l’elemosina come “compassione” verso gli altri. Riscopriamo la preghiera, non tanto nel dire “molte formule” il dedicare del tempo al nostro rapporto con Dio, a leggere la realtà lasciandoci guidare dalla presenza di Dio in noi. Il Papa ci invita a fuggire dalla tentazione dell’indifferenza. Una malattia che sembra aver preso piede ovunque. L’uomo non sembra più interessarsi dell’altro uomo, in particolare per chi è povero e indifeso. Impegniamoci allora affinché questa Quaresima ci aiuti a eliminare la parola “indifferenza” dal nostro vocabolario. Questo è il tempo favorevole per aprire veramente la vita nostra a Dio, questa è l’occasione per respirare a pieni polmoni la nostra salvezza!

+ Roberto Carboni, arcivescovo