Omelia per la commemorazione dei caduti in guerra

04-11-2019

In questa celebrazione del 4 novembre, Giorno dell’Unità Nazionale e Festa delle Forze Armate, vogliamo ricordare e commemorare non solo i soldati caduti durante la prima guerra mondiale, ma i caduti di tutte le guerre e tutti i militari defunti in tutti i luoghi della terra dove si svolgono missioni di Pace.

Come tutti sappiamo 101 anni fa, proprio attorno alla festa d tutti i Santi e al giorno dei defunti si concludeva una guerra spaventosa. Dobbiamo riflettere sul fatto che nella Prima guerra mondiale si fronteggiarono cristiani e nazioni che si dicevano “cristiane”. Come sappiamo, l’allora Papa Benedetto XV esortava alla pace e definiva quella guerra una inutile strage, un suicidio per l’Europa.
Certo non è nostro compito trascinare gli uomini di quel momento storico, davanti al tribunale della storia presente. Se ricordiamo questo avvenimento è perché ci sia di insegnamento per costruire ponti di pace. Infatti proprio dal dolore, dalla distruzione, dal constatare che la guerra non risolve mai niente e che genera altra vendetta e odio, siamo chiamati a costruire sentieri di pace.

Una pace che va voluta, cercata, curata, accompagnata in modo vigile, affinché possa entrare come idea centrale nelle giovani generazioni. Purtroppo, non mancano segnali anche nella nostra Italia di atteggiamenti di violenza, di separazione che generano poi odio. La cronaca ci segnala ancora un ritorno preoccupante a forme di razzismo e antisemitismo, come se il dolore, l’orrore generato da questi sentimenti non avesse insegnato niente.

Viviamo questo momento di memoria ricordando e pregando per tutti i caduti di tutte le guerre e per tutte le vittime dell’odio, del terrorismo e dell’oppressione, per rendere omaggio a tutti gli uomini di buona volontà che hanno donato la vita per promuovere i valori della libertà, della giustizia, della tolleranza e della democrazia, chiedendo al Signore il dono della pace e della riconciliazione nel nostro Paese e in tutti i Paesi del mondo.

In questa celebrazione siamo chiamati a superare ogni forma di qualunquismo e di intolleranza e a costruire rapporti sempre più veri e sinceri di dialogo, di rispetto reciproco e di pace e di promozione del vero Bene Comune della gente.
Allora come oggi la pace è minacciata da ingiustizie e violazioni dei diritti delle persone. Sia da noi in Italia che nel mondo. Bisogna chiedere alle agenzie educative (la scuola, la stessa Chiesa) che aiutino i nostri giovani a camminare per sentieri di pace e non di violenza.

Pace che va costruita prima di tutto nei cuori. Affermava Papa Benedetto XVI: “Nel cuore di ogni uomo infatti si sviluppano sentimenti che possono alimentare la pace o, al contrario, minacciarla, indebolirla, soffocarla. Accanto alla dimensione orizzontale dei rapporti con gli altri uomini, di fondamentale importanza si rivela la dimensione verticale del rapporto con Dio (Messaggio del 2.IX.2006 in occasione del XX ann. dell’incontro interreligioso di Assisi).
Il perdono e la pace trasformano l’uomo, ne fanno un salvato, lo rendono un uomo nuovo. Non più il guadagno al di sopra di tutto, ma la giustizia e la condivisione. Davvero” il Figlio dell’Uomo è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto” (Lc 19,10).

Ed è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto, immolandosi e morendo sulla Croce. Afferma il S. Padre in un suo intervento sulla Pace: “Il Signore ha vinto sulla Croce. Non ha vinto con un nuovo impero, con una forza più potente delle altre e capaci di distruggerle… Ha vinto con un amore capace di giungere fino alla morte. Questo è il nuovo modo di vincere di Dio: alla violenza Dio non oppone una violenza più forte!”. Alla violenza Dio oppone proprio il contrario: l’amore fino alla fine, la sua croce. Questo è il modo umile di vincere di Dio: con il suo amore – e solo così è possibile – mette un limite alla violenza” (Benedetto XVI, Visita alla Parrocchia di Rhemes Saint Georges, nel parco del Gran Paradiso il 23.7.2006).
In questo tempo di molte trasformazioni bisognoso particolarmente di creare ponti con il perdono e la riconciliazione, ci auguriamo che tutti i governanti dei singoli paesi del mondo siano saggi e sapienti, riconoscano la propria parte di responsabilità nel costruire la pace nel mondo, collaborino nel debellare ogni forma di riarmo atomico e ogni minima minaccia di guerra che sarebbe catastrofica, giungano a praticare una autentica liberazione dal terrorismo per assicurare la pace, la giustizia e la libertà. Che il Signore ci faccia sentire ed essere tutti e ciascuno suoi figli e fratelli sinceri fra tutti i popoli, capaci di solidarietà, di tolleranza e di una civiltà dell’amore.

+ Roberto Carboni, Arcivescovo