Omelia per la festa di Santa Chiara d’Assisi

Chiesa di Santa Chiara - Oristano
11-08-2019

Carissimi fratelli e sorelle,

il calendario liturgico propone ogni anno alla nostra venerazione molte sante donne. Potremmo dire che vi è un volto femminile della santità, che sin dalla prima comunità apostolica ha illuminato il cammino della Chiesa.

Oltre alla Madre del Signore, che occupa un posto speciale fra queste discepole, alcune sono già ricordate nei vangeli come parte del gruppo di coloro che seguiva Gesù da vicino. Lungo la storia della Chiesa, soprattutto nei primi secoli, molte donne hanno manifestato con coraggio la loro fede in Cristo, spesso testimoniando a prezzo della vita e affrontando il martirio. Altre hanno vissuto con intensità la loro vita di madri, di consacrate, di laiche, dando un contributo notevole al cammino di tutta la Chiesa.

Fra queste donne rifulge con una luce particolare Santa Chiara di Assisi. Il suo biografo, fra Tommaso da Celano, con una sola frase, giocando con il suo nome, ci vuol far capire la statura spirituale di questa donna: “Chiara di nome, più chiara per vita, chiarissima per virtù”. 

Nonostante i secoli che ci separano da lei, Chiara ci parla ancora oggi della santità al femminile, dell’attualità della sua intuizione spirituale e dell’umiltà, ma anche della determinazione con cui ha voluto essere fedele al Signore e alla vocazione a cui si sentiva chiamata, tanto da tener testa ai papi che volevano mitigare la sua scelta di povertà, riuscendo a farsi approvare nel letto di morte proprio il “privilegio della povertà”, la sua Regola di vita.

È inevitabile, nel parlare della vita umana e spirituale di santa Chiara, non fare riferimento a quello che lei stessa considera come il suo padre nello Spirito: Francesco d’Assisi. Francesco, concittadino di Chiara, è colui che il Signore mette sulla strada di questa giovane per aiutarla nel discernimento, per farle capire meglio la vocazione a cui è chiamata.

Dobbiamo prendere subito le distanze da certa interpretazione romantica della vicenda di Chiara e Francesco: Chiara non è innamorata di Francesco, ma di Gesù! E Francesco non ama in Chiara se non la sua straordinaria fedeltà al Signore e il dono totale di se stessa al Crocifisso.

Quando il giovane Francesco d’ Assisi inizia il suo cammino di conversione Chiara ha 16 anni. La sua famiglia è una delle più nobili e ricche della città. Questa giovane ha già fatto il suo cammino interiore, ha una vita spirituale matura, sente il desiderio di servire il Signore, ma non sa bene come. Vedendo il cambio di vita di Francesco – conosciuto prima come un giovane che ama le feste, spendaccione, vanitoso – Chiara riconosce la presenza della mano di Dio nel cambiamento. Nella scelta di povertà e umiltà di Francesco, nel suo desiderio di servire la Chiesa attraverso la conversione personale e l’annuncio del Vangelo, Chiara capisce che Dio le sta parlando attraverso l’esperienza di quell’uomo. Per questo si avvicina a lui: per farsi consigliare.

Sebbene santa Chiara sempre dirà di se stessa che è “la pianticella del padre Francesco”, dobbiamo riconoscerle, come per altro ha fatto proprio san Francesco, la sua individualità, la grandezza di una donna coraggiosa e determinata sulla via del Vangelo. A 16 anni questa giovane nobile e ricca lascia la sua casa. Abbandona il futuro che già era stato delineato, forse con un ricco matrimonio, un posto nella nobile società assisana del tempo. Fuggendo da casa sua, la notte della domenica delle Palme del 1216, non esce dalla porta normale, la porta grande della casa. Ma, con le stesse sue mani, toglie le fascine e le pietre da quella che si chiama la “porta del morto”. Ancora oggi, nelle case medievali di Assisi, si vedono tali porte È la porta che si usa per far uscire i morti da casa. Si usa solo in quella occasione triste. Come un segno della sua scelta di vita, Chiara “muore” a uno stile di vita, a tutto un mondo e nasce ad altro, a un nuovo mondo.Ma in che cosa consiste la vocazione di Chiara di Assisi? Ancora una volta, per capirla appieno dobbiamo metterla in relazione con Francesco d’Assisi. All’inizio della sua conversione Francesco sente nella chiesetta di san Damiano il Cristo che gli parla e dice: Va’ e ripara la mia casa che va in rovina”.  La risposta di Francesco, che comprende un poco alla volta queste parole, pensando prima alla chiesa di pietra poi a quella fatta di uomini, è fatta di: denaro, pietre e parole. Ricostruisce all’inizio san Damiano, i suoi muri. Poi capisce che il Signore parla della chiesa di uomini e donne: una chiesa debole, a volte corrotta che ha bisogno di ritornare al vangelo. Gli storici contemporanei diranno che coloro che devono proteggere il gregge, il clero, spesso sono “cani muti”, che non proteggono il gregge. Francesco inizia con i suoi frati la grande evangelizzazione, attraverso la parola e l’esempio. E Chiara? Chiara completa questo progetto missionario, accompagnando la evangelizzazione con la sua preghiera e la sua carità nascosta.

Anni fa ho letto nel parlatorio di un monastero di Clarisse vicino ad Assisi questa frase, che ben può spiegare questa sinergia della vocazione di Francesco e Chiara: “Non ci sarebbero pescatori di uomini se non ci fossero silenziose tessitrici di reti”. Un modo di esprimere che nella Chiesa le vocazioni son complementari, si sostengono a vicenda, formano un’unità nella diversità. In una parola, anche Chiara di Assisi accoglie l’invito del Crocifisso di san Damiano a riparare la sua “casa-chiesa che va in rovina”. È significativo che proprio le povere dame di san Damiano siano state e sono sino ad oggi le custodi del Crocifisso di san Damiano. Per ricordare a tutti che nella chiesa ciascuno ha il suo compito e vocazione. Questo mi pare il messaggio della nostra santa Patrona: ascoltare la voce del Signore che ci chiama ad essere Chiesa e al tempo stesso a rinnovarla, a farla crescere in santità con la nostra risposta a Dio, ciascuno secondo la vocazione che il Signore gli dà la grazia di vivere. I frati e le Clarisse hanno il loro compito e la loro vocazione, e devono mantenere la fedeltà alla loro chiamata.

Ma anche i laici, ciascuno di voi è chiamato a “riparare la Chiesa”. Il Papa Francesco ci invita a superare i clericalismi, per riprendere tutti la stessa vocazione battesimale dentro cui poi vi sono altre vocazioni; ma tutte convergono nel rendere santa la Chiesa di Cristo. Stimolo i laici a non cedere alla tentazione della passività, o all’attesa che altri facciano la vostra parte e noi clero a non cedere alla tentazione di non lasciare spazio, di appropriarci di una Chiesa di cui siamo solo servitori. La Chiesa siamo noi, tutti. Tutti dobbiamo impegnarci per crescere in santità e fedeltà alla Parola di Dio.

Chiediamo a santa Chiara, nostra patrona, che ispiri in tutti noi il desiderio di far crescere la Chiesa nel cammino di santità:

Santa Chiara, Tu che, ricalcando le orme della Vergine Maria sei stata madre nel Corpo mistico di Cristo, donaci il tuo amore per la Chiesa, per tutti i fratelli. Tu che, nelle tue ultime parole, hai benedetto il Signore per averti creata, ottienici di comprendere il grande dono della vita; intercedi per le nostre famiglie la concordia, la laboriosità serena, la gioia di stare insieme e fa che un giorno possiamo raggiungerti per lodare e cantare eternamente con te le misericordie del Signore. Amen

 + Roberto Carboni, arcivescovo