Carissimi Fratelli e sorelle…
Ci ritroviamo qui nel giorno solenne della festa di Sant’Ignazio da Laconi per esprimere gratitudine al Signore per aver chiamato a seguirlo e testimoniarlo questo suo gran discepolo. Dopo 11 anni, le spoglie di Sant’Ignazio ritornano nella sua patria, per continuare idealmente quel costante pellegrinare, quell’itineranza che ha caratterizzato la sua vita da frate questuante nella città di Cagliari.
La presenza della reliquia del suo corpo ci offre l’occasione per riflettere con maggior attenzione sul significato che dobbiamo dare alla venerazione dei Santi, discepoli del Signore Gesù. E quale sia il modo corretto di onorarli e venerarli. Perché da tanti secoli il popolo cristiano si reca in pellegrinaggio ai luoghi dove i santi hanno vissuto o sono morti? Perché venerare il corpo di questo cristiano che oggi ritorna nella comunità che lo ha visto nascere e in cui ha vissuto gli anni della sua giovinezza? Il fondamento di tutto è che il cristianesimo è la religione del Dio che si è fatto uomo.
L’evangelista Giovanni nel suo Prologo al vangelo ce lo dice con brevità di parola ma in modo incisivo: Il Verbo si è fatto carne ed ha abitato tra noi. Gesù è venuto in mezzo a noi, inviato del Padre, e per la sua missione ha preso la corporeità e umanità da Maria sua vera madre. Attraverso e con il suo corpo egli si è fatto presente nella nostra storia, ha toccato i malati e li ha guariti, è entrato nella casa di Marta e Maria e di Zaccheo, ha vissuto con i suoi discepoli i momenti di festa e di gioia come le nozze di Cana (Gv 2,1-11), ma anche le angustie e i dolori della sua gente, la sofferenza dei malati e degli emarginati, il dolore della madre che piange il suo unico figlio (LC 7, 11-17).
L’umanità di Gesù Cristo è fondamentale poi nella obbedienza sino alla Croce, quando Gesù ha dato tutto sé stesso per noi. I cristiani sin dei primi secoli onoreranno i corpi dei martiri in virtù proprio del fatto che con il loro corpo hanno cooperato al progetto di grazia di Dio, e oltre ad essere il tempio della Trinità, è stato lo strumento materiale per una realizzazione della presenza di Dio nel mondo attraverso la vita di quel cristiano nella sua realtà storica.
Gli scrittori Antichi, i Padri della Chiesa ci aiutano. San Giovanni Damasceno scrive: Un tempo non si poteva fare immagine alcuna di Dio… Ma ora Dio è stato visto nella carne e si è mescolato alla vita degli uomini, così che è lecito fare un’immagine di quanto è stato visto di Dio. Io non venero la materia ma il Creatore della materia, che è divenuto materia per amor mio, che ha assunto la vita nella carne e che ha compiuto la salvezza per mezzo della materia (Discorso sulle immagini 1,16 PG 94, 1245 A). Il Quarto Concilio di Costantinopoli ci ricorda: Noi stabiliamo che la sacra immagine di nostro Signore Gesù Cristo, Liberatore e Salvatore di tutti gli uomini debba essere venerata con altrettanto onore che il libro dei santi evangeli. I cristiani sin dei primi secoli onoreranno i corpi dei martiri e poi dei Santi in virtù proprio del fatto che con il Battesimo il corpo del cristiano ha cooperato al progetto di grazia e quindi, oltre ad essere il tempio della Trinità, è stato lo strumento materiale per una realizzazione della santità come manifestazione del divino nella sua realtà storica.
L’onorare, dunque, il corpo di un santo significa richiamare il modo come questi ha risposto al progetto di Dio e porsi alla sua scuola, per rendere la propria vita illuminata dallo stile con cui quel santo ha vissuto. Si tratta allora di toccare con mano, attraverso la presenza della carne mortale, quella dinamica che lo Spirito Santo ha saputo realizzare nella fragilità della carne di una persona vissuta in un tempo e spazio particolare. Ecco, dunque, che oggi siamo qui per onorare il corpo di un discepolo insigne del Signore Gesù, Fra Ignazio da Laconi. Per riconoscere che egli ha saputo essere davvero testimone del Signore Risorto e che nel suo corpo fragile ma anche tempio dello Spirito Santo, ha fatto spazio alla Grazia di Dio, alla carità, alla preghiera, al perdono. La Sua santità non consiste principalmente nei suoi molti miracoli attestati dal processo di beatificazione. Ma che dalla sua persona venisse fuori il rimando a Dio, una predica muta per aiutare tutti nel retto cammino.
Abbiamo una testimonianza al di sopra di ogni sospetto, redatta da un pastore protestante senza alcuna intenzione di favorire la canonizzazione del frate. Giuseppe Fuos, giunto a Cagliari nel 1773, come cappellano protestante al seguito di un reggimento tedesco, vi rimase per alcuni anni. In una lettera da lui scritta in quegli anni si legge: Noi vediamo – scriveva il pastore in una di esse – tutti i giorni mendicare attorno per la città un santo vivente […]. Egli può fare che a lui corrano dietro formaggi interi, quando per inumanità se ne ricusa un pezzo. Se un incettatore (usuraio) di grano gli fa prendere il suo pane come elemosina ne spiccia (gocciola) il sangue; se un motteggiatore gli offre di riempirgli d’olio il suo sacco di tela, egli lo porta a casa senza perderne una goccia etc. Non pensiamo che Sant’Ignazio usasse fare miracoli per il proprio beneficio, ma perché voleva inculcare la generosità, l’onestà, la sincerità, il rispetto per il piccolo e il povero.
Dunque cari fratelli e sorelle, la nostra venerazione di questo discepolo e della insigne reliquia del suo corpo non deve rimanere cosa esteriore o superficiale, ma interrogare anche noi su come lasciamo che il Signore agisca attraverso il nostro corpo, attraverso la nostra parola e la nostra azione. Desideriamo invocare la preghiera e la protezione di Sant’Ignazio perché conceda a ciascuno di noi di essere sempre più tempio dello Spirito Santo.
+ Roberto, Arcivescovo
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