Omelia per la Solenne Veglia Pasquale 2019

20-04-2019

Cari fratelli e sorelle,
abbiamo cominciato la celebrazione di questa veglia santa alle porte della Chiesa e siamo entrati nel tempio guidati ed illuminati dalla luce del Cristo. Nel lento incedere verso l’altare abbiamo simbolicamente evocato il viaggio della nostra vita verso un traguardo di sicurezza e di felicità. Questo viaggio, nonostante Gesù ci abbia assicurato che sarebbe rimasto sempre in mezzo a noi e che il suo giogo è soave ed il suo carico leggero, fa sentire spesso tutta la sua pesantezza. Soprattutto in questi ultimi tempi, esso è diventato ancora più pesante e più incerto. Lo sanno i giovani, che cercano casa e lavoro; lo sanno gli adulti che il lavoro l’hanno perso e sono costretti a rimanere a casa; lo sanno le famiglie che faticano ad arrivare alla fine del mese. Sono ben pochi i cittadini che sono rimasti illesi dalle ferite della crisi. La lampada del Signore splende sui nostri passi. La Parola di Dio è una guida sicura. La promessa di salvezza è garantita dalla fedeltà divina. Ciononostante, la meta la si intravvede con sempre maggiore difficoltà e la si percepisce molto lontana. E’ sicuramente un luogo di risurrezione, e, quindi, di vita e di speranza. Ma, forse anche noi, come le donne del Vangelo, una volta giunti alla meta, siamo sopraffatti dalla preoccupazione e dalla paura di non riuscire a sollevare la pietra del sepolcro.
In effetti, quella pietra porta il carico della nostra incredulità, dei nostri peccati, dei nostri conflitti, della nostra insensibilità. Sono troppe le abitudini cattive radicate nei nostri comportamenti e nelle nostre scelte. E’ troppo brutto il rancore che non si riesce a deporre. L’attaccamento a tradizioni di odio e di vendetta è molto forte. Chi ci rivolterà il masso dell’ingresso del sepolcro? Basta l’assicurazione di un angelo del cielo? La paura ci sovrasta. Abbiamo toccato con mano che, nelle difficoltà della vita, non bastano gli amici o i parenti a darci conforto. Questi possono ascoltare e giustificare il grido del nostro lamento, ma non lo possono eliminare. Abbiamo bisogno di Qualcuno che ci dia la sicurezza di essere non solo ascoltati ma anche salvati. La storia della Chiesa ci dice che questo Qualcuno esiste. Lo hanno incontrato tanti uomini e tante donne che hanno fatto esperienza di Gesù, che gli hanno affidato la loro vita e il loro futuro e sono diventati santi.
Le donne del Vangelo, questa sera, ci precedono e, nel condurci accanto al sepolcro di Gesù, idealmente, ci accompagnano ai tanti luoghi di dolore e di sofferenza. Infatti, sono molti i sepolcri di nostri morti! Morti per incidenti sul lavoro, morti per l’uso della droga, morti per conflitti sociali, morti per la mancanza di fiducia nel futuro. Nel nostro territorio sono sempre di più gli uomini e le donne che si tolgono la vita, per mancanza di fiducia e di compassione. La compassione delle donne del Vangelo ci spinge a guardare con occhi nuovi i poveri, i malati, gli emarginati. Sono esse che, con l’esempio di comprare oli aromatici per andare a imbalsamare Gesù, ci esortano a spendere tempo e danaro per alleviare le ferite dei deboli, dei poveri, dei bisognosi. Nel loro gesto di compassione vediamo anticipato in qualche modo i nobili gesti di tante confraternite che, con il loro servizio, alleviano i momenti del lutto e del dolore. Queste belle testimonianze ci spingono ad essere capaci di uscire dai nostri dolori per lenire il dolore degli altri; di dimenticare la nostra povertà per aiutare la povertà del prossimo.
Cari fratelli e sorelle, la risurrezione parte da qui, da una tomba, ossia dalla capacità e dalla forza di sollevare il masso che copre il sepolcro. Prima di arrivare al sepolcro per avere la certezza della risurrezione, per alzare in alto lo sguardo verso il cielo, può darsi che ci tocchi di fare i cirenei, di portare la croce di Gesù, di vivere giorni di sofferenza, subita o provocata. Giunti alla cima del monte Calvario, saremo benedetti se accogliamo l’annuncio della risurrezione e lo trasmettiamo con gioia. Se diventiamo seminatori di speranza e diffondiamo il Vangelo della vita buona. Se prendiamo il testimone da quel piccolo gruppo di donne, e, vincendo la paura, diciamo a noi stessi e agli altri: ho incontrato il Cristo risorto. Dio è vita. Dio è amore. Ho fiducia in Dio, nella vita, nell’amore. Amen.