OMELIA PER L’AMMISSIONE AGLI ORDINI DI MARCO RUGGIU
Bonarcado, 21 Febbraio 2020
Fratelli e sorelle, carissimo Marco…
Molti sono i motivi che ci spingono stasera a dare grazie a Dio facendo Eucaristia. Rendiamo grazie al Padre per il dono di Gesù, Suo Figlio; rendiamo grazie al Signore per l’offerta che fa di sé stesso sulla croce e che viene perpetuata nel pane Eucaristico; diamo grazie a Dio per ogni suo dono e in questo includiamo anche noi qui presenti: siamo infatti dono gli uni agli altri. Storie che si intrecciano e scrivono insieme il misterioso disegno di una storia di salvezza.
Ma in modo speciale questa sera siamo qui per dare grazie al Signore per il dono di Marco Ruggiu. Un giovane di questa comunità cristiana. Egli ha risposto alla chiamata del Signore e ha espresso la volontà di seguirLo, di donare sé stesso, di mettersi al servizio della Chiesa attraverso il Ministero ordinato.
Ogni vocazione, ogni incontro con il Signore si inserisce in altre storie, creando un ricco tessuto di relazioni: c’è in primo luogo la famiglia che sostiene, incoraggia, capisce, accetta anche di farsi da parte, per permettere la risposta personale, generosa, libera di questo figlio. A questo si aggiunge la storia e il cammino di questa comunità cristiana che, attraverso la preghiera costante, fedele e umile di tante persone, ha implorato al Signore il dono delle vocazioni, chiedendo a Lui di suscitare nel cuore di uomini e donne il desiderio di servirlo nei fratelli.
Nel percorso umano e spirituale di Marco vi sono tante persone che hanno avuto un ruolo nel favorire il suo discernimento. A volte è bastata una parola, un incoraggiamento, oppure un dialogo profondo, un invito a fidarsi di Dio a lasciarsi trasportare dalla Sua Grazia. Ecco, tutte queste persone, avvenimenti, intuizioni e preghiera hanno formato il terreno ideale dove la chiamata ha messo radici prima lentamente ma poi con sempre maggior chiarezza, definendo un disegno, una scelta di vita, la disponibilità a dare sé stessi per servire la Chiesa.
Ogni vocazione è un misterioso incontro tra la chiamata libera del Signore e la risposta altrettanto libera di un cuore che si apre a Lui. Come è arrivata questa chiamata? Quali segni sono stati scrutati per renderla sempre più certa? Chi è stato il protagonista in questo dialogo profondo?
Sono certo che Marco ha ripercorso spesso nel suo cuore questo itinerario in cui lentamente al principio, in modo rispettoso e discreto come il Signore sa fare, ma poi in modo sempre più chiaro, ha percepito la voce dello Spirito Santo, quell’orientamento del cuore e della mente che chiamiamo vocazione, dicendo a sé stesso: sento che il Signore mi chiama e desidero rispondergli. Mi affascina il Suo invito a seguirLo e portare la Sua Parola.
Marco sa bene che la vocazione non è un oggetto da possedere o un titolo di cui fregiarsi. Seguire infatti il Signore non è una scelta nella prospettiva del potere ma piuttosto del servizio, come Gesù ci ha insegnato.
La vocazione di Marco non è la “sua” vocazione. Essa è certo risposta personale ma a favore di tutti. Il Signore quando chiama non chiama solo perché la persona possa dare una risposta al grande perché della vita (Qual è il mio posto? Cosa devo fare? Chi devo seguire?) ma anche e soprattutto è disponibilità a essere inviato, per gli altri.
Il vangelo, nel presentare la prima chiamata dei discepoli ci ricorda che li chiamò per stare con lui e per inviarli. Non si accoglie una vocazione per tenerla chiusa come un bene prezioso solo per sé stessi, ma per aprirsi al servizio. Per usare l’immagine della parabola del Buon Samaritano: il vino e l’olio vanno versati a favore del fratello ferito.
La vocazione al presbiterato, al ministero ordinato, ha infatti in profondità questa dimensione del servizio per gli altri. Chi accoglie la vocazione si fa dono per lasciare che gli altri attraverso di lui abbiano accesso ai doni di Dio: Eucaristia, Parola, riconciliazione, perdono, benedizione… Ecco, caro Marco, un atteggiamento che devi favorire in te: essere trasparenza del Signore, perché attraverso di te altri lo incontrino, lo vedano, tocchino la Sua misericordia.
A chi stiamo affidando la nostra vita? A chi stai affidando la tua vita, Marco? La Parola di Dio ci aiuta a rispondere a queste domande. L’antifona di ingresso, riprendendo il salmo 30 parla di difesa, roccia, baluardo, fortezza. Non trova altri termini l’autore sacro che quelli che ha a disposizione nella sua penna e nella sua cultura per parlare di “solidità, protezione, sicurezza”. Ma si staglia comunque l’idea centrale: Solo Dio, il Dio di Gesù Cristo in cui crediamo, è per noi sostegno, Colui a cui possiamo dare fiducia, Colui che conosce la profondità del nostro essere. È Lui che ci guida.
Il salmo responsoriale ci parla della “legge del Signore, come fonte di gioia”. Può sembrare strano questo abbinamento: legge e gioia. La cultura contemporanea ci spinge a pensare che la “gioia” debba nascere in un contesto senza regole, senza un itinerario, in una sorta di stordimento senza responsabilità. Invece la Scrittura ci fa comprendere che la legge del Signore, cioè la Sua Parola è la fonte della gioia; essa ci permette di camminare veramente liberi e senza schiavitù verso la “stato di uomo perfetto”, nella misura che conviene alla piena maturità di Cristo” (Efesini 4, 13).
San Giacomo ci ricorda come la fede senza le opere è morta. Ci avverte, questa parola, a non cadere nella trappola di vivere una fede solo “pensata”, passiva. È vero che la fede è dono di Dio, ma al tempo stesso è risposta dell’uomo. Anche in questo caso la vocazione è certo chiamata gratuita di Dio ma anche risposta che impegna la persona.
Infine, nel Vangelo, Gesù ci riporta all’estrema concretezza. Seguirlo è impegnativo. Il Maestro parla di croce, di perdere la vita. Facciamo resistenza di fronte a queste parole, che sentiamo dure. Ci piacerebbe una “sequela” meno drammatica, più tranquilla. Marco sa che deve metter in conto, nel cammino di sequela con Gesù, anche il momento difficile, la necessità di testimoniare anche quando costa.
Ecco allora che nel rito di Ammissione agli Ordini, emergono questi elementi: confidare in Dio nostra Roccia; alimentare il dialogo tra la fede e le opere concrete perché la nostra fede non sia solo pensata e contemplata ma trasformata in azione; fare della Parola di Dio, della Sua legge la luce per il nostro cammino e infine accettare che il discepolato è entusiasmante ma anche esigente, chiede di essere vagliato anche attraverso il cammino duro dell’obbedienza.
Questa sera vogliamo sostenere con la nostra preghiera questo giovane, Marco, che vuole con generosità darsi al Signore per darsi agli altri, chiedendo al Signore di sostenere il suo entusiasmo, di rendere forte la perseveranza.
Non posso chiudere questa riflessione senza invocare la Madre del Signore che veneriamo qui con il titolo di Nostra Signore di Bonacattu. Sia lei a guidarti, caro Marco, nel cammino di ascolto e obbedienza a Suo Figlio. Amen
+ Roberto, arcivescovo