Omelia per Sant’Archelao

13-02-2021

Omelia per la festa di San’Archelao, martire

Patrono dell’Arcidiocesi e della città di Oristano

13 febbraio 2021

Eccellenza, confratelli nel sacerdozio, distinte Autorità Civili e Militari, fratelli e sorelle…

Il calendario liturgico usa la pedagogia della ripetizione, e sebbene le celebrazioni del Signore e le feste dei Santi abbiano sempre lo stesso ritmo, siamo noi che, come singoli e comunità, cambiamo nel tempo e viviamo in modo differente questi appuntamenti. Di certo, la festa di Sant’Archelao 2021 ci viene incontro in una situazione e in un contesto esistenziale completamente differenti da quello dello scorso anno, quando ancora eravamo ignari delle nuvole minacciose che si addensavano sulle nostre teste.

La pandemia, ormai ce lo siamo detti più volte, ci ha ferito e segnato in molti modi e ci lascerà le cicatrici. Al tempo stesso siamo consapevoli che la prova è anche una sfida, un’opportunità per interrogarci con più attenzione su nostro stile relazionale, su ciò a cui diamo importanza, su come ricostruire il tessuto comunitario che ha avuto momenti di alta solidarietà e condivisione ma che adesso è segnato dalla stanchezza, dalla delusione e preoccupazione. L’esposizione troppo prolungata alle notizie martellanti che parlando di contagi, morti, povertà che avanza, pur avendo radice nella realtà, rischiano di saturare i cuori e le menti, e si fa fatica adesso a essere attenti agli altri, anzi talvolta ci scopriamo diffidenti.

La fila di persone in attesa degli aiuti della Caritas si è allungata, le famiglie impoverite, le serrande continuano ad abbassarsi e i cartelli che annunciano chiusura sembrano diventare un triste litania anche nelle strade della nostra città. La celebrazione liturgica di Sant’Archelao ci sorprende in un contesto nuovo, diverso, impensato, carico di ansia e preoccupazioni. Questa festa, che preludeva poi alla festa popolare e allegra della Sartiglia, rimarrà quest’anno solitaria, per le vicende che tutti conosciamo.

Come ho avuto modo di dire in altre occasioni, la celebrazione di Sant’Archelao mi pare un momento privilegiato per incontrarsi come comunità ecclesiale e comunità civile, per una riflessione d’insieme sul cammino che si sta facendo e su alcune problematiche che toccano la nostra città. È anche un invito a invocare questo eroico testimone che seppe avere il coraggio della verità. Il suo esempio ha animato molti. Alla sua intercessione vogliamo affidare il cammino della città di Oristano e della Arcidiocesi. Stasera desidero invitarvi a una riflessione comune, da continuare in altri contesti, e che mi auguro possa essere stimolo per tutti.

Mi pare opportuno, in primo luogo, soffermare la nostra attenzione sui nostri giovani, sui ragazzi e ragazze che da un anno a questa parte vivono, con maggior angoscia, la fatica dell’incontro, i problemi legati alla scuola, la tensione dei limiti, forse la depressione a causa di un tunnel di cui non si vede la fine. Una recente inchiesta su come i giovani stanno vivendo il lungo periodo di Covid-19 fa emergere che essi si ritrovano  in condizioni psicologiche di grande fragilità.

Preoccupa sapere che un numero non piccolo di studenti è stato sfiorato da pensieri di suicidio ed è sempre più diffusa la depressione. Al malessere psicologico, poi, si aggiunge la precarietà economica. (cfr. Consultation de la CEF sur la crise étudiante). Le gradinate di questa chiesa cattedrale, le piazzette vicine, probabilmente anche questa sera, si riempiono di ragazzi affamati di vita; eppure, così impossibilitati a godersela. E forse anche confusi in che cosa cercarla.

Si, perché loro provano a vivere con intensità scegliendo modi che a volte danno valore alla loro persona ma in altri casi la distruggono. L’alcool e la droga sembrano una via facile, per non pensare al  presente, (non è un segreto per le forze dell’ordine quello che gira talvolta negli assembramenti dei ragazzi sotto i palazzi Saia) per scaricarsi, per socializzare, ma poi tutto questo ha un prezzo, lascia ferite, non fa respirare a pieni polmoni la responsabilità e il futuro proprio come fa oggi la malattia del Covid.

Ma noi, io come vescovo, i sacerdoti, le autorità qui convenute, i cristiani uomini e donne che qui fanno comunità: che cosa offriamo loro oltre a manifestare la nostra preoccupazione e talvolta solo il nostro veloce rimprovero? Non basta proibire, altrimenti andremo spostando di piazza in piazza, gruppi di giovani: Dobbiamo trovare altro che non sia solo questo non si può fare. Come mettersi in dialogo, in ascolto, per cercare insieme un cammino, almeno tentarlo.

Possiamo chiederci insieme: che cosa cercano questi ragazzi? Di cosa hanno bisogno? Qual è il messaggio del loro sballo con l’alcool o la sfida alle disposizioni dell’ordine pubblico? Dove sono i loro genitori? Dovremmo aiutarli a verbalizzare la loro inquietudine. Non lasciamoli soli in balia della cultura e talvolta della dittatura dei social. Purtroppo, la cronaca ormai non ci risparmia drammi che nascono proprio dall’essere lasciati soli nella giungla di internet.

Un recente report sugli adolescenti ci ricorda che in questa fase di grandi difficoltà, i ragazzi dovrebbero rappresentare il fulcro di qualsiasi ripartenza. Non dovremmo criminalizzarli, come spesso accade, per alcuni comportamenti devianti o relegarli ad un ruolo passivo. Credo fortemente che siano una generazione migliore, hanno dimostrato grande senso di responsabilità, dovrebbero partecipare attivamente alle scelte che incidono sul futuro loro e, di conseguenza, del Paese (Marco Rossi-Doria, vicepresidente di Con i Bambini).

Mi chiedo che ferite ha lasciato in loro il tempo del Covid. Questi ragazzi e ragazze sono spesso vittime del tutto e subito, di una ricerca continua di emozioni che si consumano in fretta, che devono essere attraenti ma anche veloci. Non si tratta di un’accusa, ma piuttosto una constatazione. In questa situazione le Istituzioni civili, educative, ecclesiali e religiose manifestano la loro debolezza, sono poco attraenti e causa del cambio così rapido a cui non si riesce a rispondere.

La fiducia dei ragazzi si è indebolita e a volte non sappiamo, non lo sanno le famiglie, che atteggiamento prendere, dibattuti tra l’iper-protezione e la vistosa assenza nella loro educazione. Certo, anche la famiglia soffre, fa fatica, non sa che strada prendere. Eppure, è fondamentale nel formare l’umanità della persona. Quando la famiglia è fragile o malata, tutta la società è malata. Essa è affidata a coloro che la compongono, che ne sono responsabili, ma la comunità, la società deve essere consapevole dell’importanza della famiglia.

È per questo che siamo chiamati a sostenerla nella sua generatività educativa, nelle problematiche sanitarie e assistenziali, nelle condizioni lavorative, nell’attenzione alle varie fasce d’età. (cfr. Mons. Del Pini, discorso alla città per S. Ambrogio 2020). Nel compito educativo la famiglia non è sola, ha bisogno di alleanza, ma deve anche evitare il rischio di delega: alla scuola, alla stessa Chiesa.

Il Card. Bassetti, nel discorso alla Cei ha ricordato: Non pensiamo astrattamente ai bambini, alle famiglie, ai giovani… Operiamo con loro. Invitiamoli a mettersi in gioco, a elaborare idee e progetti per scuole più inclusive, per parrocchie più vive, per percorsi di catechesi rinnovati. Non limitiamoci a mettere in evidenza alle nuove generazioni le fatiche, indiscutibili, di questi giorni, ma aiutiamoli a leggere in profondità quanto stanno vivendo. Riconosciamo la loro resilienza, comunichiamo loro la convinzione che anche questo è un tempo prezioso per imparare gli elementi essenziali della vita umana. Anche questo è un tempo per crescere, per apprezzare la vita, per prenderci cura di essa, per costruire futuro. Non è tempo perduto, se è tempo di semina e di costruzione (Card. Bassetti, Consiglio di Presidenza CEI gennaio 2021).

Ci troviamo nella Cattedrale. La Chiesa Madre di questa Diocesi. La sua vocazione è generare, educare, custodire, ma non può e non vuole farlo da sola. La vostra presenza, sig. Sindaco e distinte Autorità, è segno importante ed eloquente di una possibile collaborazione educativa verso il bene e verso il buono. Dobbiamo riflettere con maggior attenzione e profondità, coinvolgendo innanzi tutto gli stessi giovani, gli altri educatori, la scuola, le famiglie.

Concludo questa riflessione ringraziando tutti coloro che nella comunità si adoperano e penso proprio alle Autorità qui presenti, perché la convivenza si viva nel rispetto di tutti, specialmente dei più deboli. Invoco su questa città di Oristano e su tutta la nostra Arcidiocesi la protezione di S. Archelao.

Amen   

+ Roberto Carboni, arcivescovo