Cammino Sinodale: prosegue il percorso del secondo anno

L'obiettivo è quello di coinvolgere chi finora è rimasto ai margini

Il cammino della sinodalità è il cammino che Dio si aspetta dalla Chiesa del terzo millennio.

Queste parole di papa Francesco, così impegnative e consapevoli, hanno dato forma e consistenza nelle nostre Chiese in Italia al Cammino sinodale avviato un anno fa. Certo, non è facile mettersi in cammino, soprattutto in una stagione segnata da tanta paura, incertezza, smarrimento. Non è facile farlo insieme, perché siamo tutti condizionati dall’individualismo e dal pensare gli altri in funzione nostra e non viceversa. Non si cammina insieme quando si è autoreferenziali!

Le difficoltà vissute nell’ultimo anno pastorale, a iniziare dalla pandemia che tanto ci ha isolati, la novità del metodo, hanno rallentato il Cammino. Il prosieguo del Cammino, in questo secondo anno, intende coinvolgere anche coloro che ne sono restati ai margini. A questo proposito, è stato realizzato un testo, I Cantieri di Betania,  che è frutto proprio della sinodalità. Nasce dalla consultazione del popolo di Dio, svoltasi nel primo anno di ascolto (la fase narrativa). Sono indicate alcune priorità emerse dalle indicazioni ricevute.

È tanto necessario ascoltare per capire, perché tanti non si sentono ascoltati da noi; per non parlare sopra; per farci toccare il cuore; per comprendere le urgenze; per sentire le sofferenze; per farci ferire dalle attese; sempre solo per annunciare il Signore Gesù, in quella conversione pastorale e missionaria che ci è chiesta. È una grande opportunità per aprirsi ai tanti mondi che guardano con curiosità, attenzione e speranza al Vangelo di Gesù.

Il cammino di questo secondo anno sinodale, lo sappiamo, a volte sarà faticoso, altre coinvolgente, altre
ancora gravato dalla diffidenza che tanto poi non cambia niente, ma siamo certi che lo Spirito trasformerà la nostra povera vita e le nostre comunità e le renderà capaci di uscire, come a Pentecoste, e di parlare pieni del suo amore. Camminiamo insieme perché con Gesù e, quindi, tra noi.

Stiamo ricordando il sessantesimo anno di apertura del Concilio Vaticano II. È sempre la nostra Madre Chiesa, segnata da dolori e dispiaceri per quanto ha oscurato la sua storia, ma piena di ricchezze spirituali, di nuove e inaspettate energie per guardare con sicurezza ai tempi futuri. Mi sembrano così vere ancora oggi le parole pronunciate, all’inizio dell’assise conciliare, da San Giovanni XXIII circa coloro che, pure accesi di zelo per la religione, continuano a valutare i fatti senza sufficiente obiettività né prudente giudizio perché non sono capaci di vedere altro che rovine e guai. Non senza offesa, commentava amaramente il Papa buono. Essi vanno dicendo che i nostri tempi, se si confrontano con i secoli passati, risultano del tutto peggiori; e arrivano fino al punto di comportarsi come se non avessero nulla da imparare dalla storia, che è maestra di vita, e come se ai tempi dei precedenti Concili tutto procedesse felicemente quanto alla dottrina cristiana, alla morale, alla giusta libertà della Chiesa. Abbiamo molto da imparare! Sono (siamo) i profeti di sventura, che annunziano sempre il peggio,
quasi incombesse la fine del mondo.

Ecco, sono certo che camminare insieme ci aiuterà a vedere i misteriosi piani della Divina Provvidenza, che si realizzano in tempi successivi attraverso l’opera degli uomini, e spesso al di là delle loro aspettative, e con sapienza dispongono tutto, anche le avverse vicende umane, per il bene della Chiesa.

Perché è ancora più vero oggi che non dobbiamo soltanto custodire questo prezioso tesoro, come se ci preoccupassimo della sola antichità, ma, alacri, senza timore, dobbiamo continuare nell’opera che la nostra
epoca esige, proseguendo il cammino che la Chiesa ha percorso per quasi venti secoli.

Giovanni XXIII concluse con un’affermazione che sento di fare mia: È appena l’aurora: ma come già toccano soavemente i nostri animi i primi raggi del sole sorgente!

Il Signore ci aiuti a vivere il nuovo anno di Cammino con questa consapevolezza, matura, segnata dai problemi, certo, ma anche ricca di speranza nello Spirito del Signore che ci guida nelle avversità del mondo ed è l’unica forza nella nostra fragilità perché ci riempie del tesoro di Cristo.

Matteo Card. Zuppi, Presidente della Conferenza Episcopale Italiana


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