Gli auguri di Natale all’Arcidiocesi

23-12-2020

Natale 2020

A che punto è la notte?”

Arriviamo a Natale col fiato corto! Questi mesi hanno spento un po’ alla volta molte luci. Quelle che brillavano colorate, che ci affascinavano e stordivano, che pensavamo non dovessero mai mancare in una festa, che ci facevano credere di non aver bisogno di niente, di tenere tutto sotto controllo, di non essere fragili ma onnipotenti! Un po’ alla volta queste luci si sono spente, rendendo la strada buia e il cammino difficile. Ci ha afferrato Il timore, consapevoli di avanzare nell’oscurità, in modo incerto.

Eppure, non tutte le luci si sono spente! Rimane una fiammella modesta, tormentata dal vento, ma che invita a camminare. Ci attira a sé, si fa più brillante e sicura. Ci dice: per questa direzione. Sono qui, venite, da questa parte! Ci ripete: non fatevi tentare da ciò che luccica. La stella di Betlemme, quella stessa che ha spinto la ricerca di uomini lontani, che noi amiamo raffigurare splendida e sfolgorante, forse era una luce umile, modesta, che però in mezzo a tanto buio, ha guidato l’ansia di chi cercava, di chi aspettava da tanto tempo, e può guidare ancora oggi il cammino di chi è in ricerca, di chi conserva la possibilità di lasciarsi stupire da Dio, di coloro che scrutano l’orizzonte e vogliono vedere oltre, di chi si aspetta una novità, di chi vuole coltivare la speranza.

Sì, la scintilla l’ha sprigionata il Signore, in quella notte a Betlemme, ma lo fa anche in questa nostra notte di preoccupazione e incertezza per il domani, di dolore e timore per la fragilità della nostra vita. È stato Lui che ha fatto brillare nelle tenebre il chiarore, ma poi ha cominciato a distribuire i fiammiferi e dire a ciascuno di noi: brilla anche tu, rischiara anche tu, scalda anche tu. Ci ha mandato a illuminare la notte, la nostra e quella degli altri.

Quanti uomini e donne in questi mesi hanno acceso la loro piccola fiammella: quelli che si sono dedicati ai malati, ai moribondi, ai ragazzi, ai bambini, agli anziani, ai poveri. Quelli che hanno condiviso il pane con l’affamato, accolto in casa lo straniero, vestito chi è nudo, liberato gli oppressi. Tutti questi brillano come luce nelle tenebre. Quelli che hanno riscoperto una fede più sobria, che chiede di vedere Gesù. Quei giovani che hanno acceso la loro fiamma, sfidando l’incertezza del momento presente e sperando nel futuro. A loro è stato chiesto di rinunciare a molte cose, ma senza dar l’occasione di sentirsi più protagonisti; si aspettano da noi che li coinvolgiamo, che li ascoltiamo, che crediamo in loro.

Ecco, noi siamo, pur così fragili e deboli, i propagatori di quella Luce che ci è stata donata. Ci viene chiesto di non nasconderla, di non rinchiuderla, di non lasciarla morire. Luce che è dono, che ha un nome e lo vogliamo annunciare: Gesù, il Salvatore.

Non c’è Natale senza Gesù. Il vero regalo è Lui stesso che viene, che si fa trovare, che suscita domande. Non ci scandalizza che altri facciano festa senza pensare a Lui, che talvolta Natale sia solo sinonimo di vacanze, cibo e baldoria. Siamo anche noi parte di questa storia e di questa cultura, con essa ci confrontiamo e ci lasciamo provocare. Ma dobbiamo anche dirlo chiaramente che il Natale è Gesù Cristo: è Lui che celebriamo, che ricordiamo, che aspettiamo. Ma, attenzione: non siamo noi a salvare il Natale, è il Natale che salva noi! Non imponiamo alla celebrazione del Natale il tempo dell’orologio, ma lo accogliamo come un tempo favorevole che ci è stato offerto.

Come diceva il mistico Silesio: Se anche Cristo nascesse mille volte a Betlemme, a nulla ti gioverà se non nasce un giorno anche nel tuo Cuore. È questo che auguro a ciascuno di noi: che Lui nasca nel nostro cuore, che possiamo generarlo con le buone opere, che gli permettiamo di aprire la finestra della nostra vita per intravedere l’alba di un giorno nuovo.

Auguri, buon Natale.

+Roberto, Arcivescovo