Omelia per la festa di Corpus Domini

02-06-2024

La processione che si è snodata per le vie della nostra città, portandoci dalla chiesa di San Giuseppe lavoratore sino a questa piazza della Cattedrale, è una metafora efficace della nostra esistenza, del nostro rapporto con Dio e con gli altri. Infatti, la caratteristica che segna in modo costante la nostra realtà di esseri umani è che siamo in cammino. Molti lo sono per necessità, poiché fuggono dai loro paesi in cerca di salvezza e libertà, tutti lo siamo da un punto di vista esistenziale.

Ciascuno di noi è infatti in cammino nel tempo che gli è concesso di vivere, nella storia in cui è inserito, nella vocazione che ha accolto. La trama profonda di ogni nostro cammino è intessuta di storie personali, progetti, gioie e sofferenze. Al centro di tutto c’è la domanda fondamentale che ciascuno di noi rivolge, più o meno consapevolmente, a sé stesso, un interrogativo che è presente in tutta l’umanità: Quale è la conclusione di questo cammino? Dove stiamo andando? Ma soprattutto: chi fa questo cammino insieme a me? Chi può guidarmi e indicarmi la strada?

Noi cristiani crediamo profondamente che il nostro camminare nella storia e nell’esistenza ha un punto di arrivo che è che l’incontro con Dio, nostro Padre, con Gesù, il Signore, con lo Spirito Consolatore. È radicata in noi la speranza e la convinzione di non essere soli. Non si tratta solo della vicinanza di persone concrete con le quali abbiamo relazioni importanti e significative, ma anche e soprattutto, la certezza nella presenza misteriosa ma reale del Signore Gesù. Ci affidiamo con tutto il nostro essere a quelle sue parole solenni che disse congedandosi dai suoi discepoli: Io sono con voi tutti i giorni sino alla fine del mondo (Mt 28,20). Nella processione che ci ha portato qui c’è stato al centro il pane eucaristico, che noi crediamo e veneriamo come la presenza reale del Signore.

Ci siamo dati da fare per portarlo con la solennità e la devozione che merita. Eppure, sappiamo che è Lui che ci conduce per le strade della vita, ci accompagna nei drammi dell’esistenza e nelle fatiche anche di testimoniare la fede; è Lui che ci guida per sentieri nuovi. La sua è una presenza discreta, eppure efficace; non siamo soli, ma accompagnati, amati, voluti. In questo tempo segnato così tragicamente dalla violenza della guerra e dalle divisioni tra i popoli, può affiorare la sensazione di essere in balìa di quanti hanno in mano il potere delle armi e si fanno avanti con la prepotenza. Eppure, abbiamo la consapevolezza profonda che il Signore, che vuole la pace, non smetterà di suscitare profeti di pace perché scuotano le coscienze di molti che facciano sentire il loro grido: vogliamo la pace. Gesù Eucaristia ha attraversato le strade della nostra città, dove vivono tante famiglie, persone di ogni età; è una porzione del tessuto della nostra comunità, fatta di esperienze di vita e di lavoro.

Molte persone si sono affacciate durante questo percorso. Altri, nella loro libertà, sono rimasti indifferenti; altri forse sono stati infastiditi e contrari a questa manifestazione di fede. Eppure, questa umanità così varia nelle sue scelte anche di fronte alla fede e a Cristo è la stessa che il Signore Gesù incontrava nel camminare attraverso la Galilea, la Samaria, la Giudea… Percorrendo le polverose strade della Palestina egli faceva esperienza di un’umanità bisognosa di accoglienza, di cura, di ascolto, di liberazione dal peccato, di conforto… Fra tutta quella gente c’erano coloro che lo accoglievano, che ascoltavano la sua voce e credevano in lui; altri che lo osteggiavano. Altri ancora che rimanevano indifferenti oppure erano decisamente contrari e avversi alla sua persona e al suo insegnamento. Ancora oggi il Signore vive tutto questo attraverso i suoi fratelli, le membra del Suo Corpo mistico che siamo noi.

Ci tocca la stessa sorte: possiamo essere accolti, oppure osteggiati, ignorati e combattuti. La fede che portiamo, come direbbe san Paolo, in vasi di creta, cioè nella nostra debolezza, è un dono grande che però fa i conti con la nostra e l’altrui fragilità. Dobbiamo chiederci con onestà: perché facciamo fatica a riproporre le parole del Signore, a suscitare negli altri il desiderio di conoscerlo? Perché non riusciamo ad accendere l’entusiasmo di un incontro con Lui? Siamo preoccupati dal constatare che i nostri ragazzi, i nostri giovani, sembrano refrattari all’incontro con Gesù o, meglio, non trovano in noi motivi per interessarsi a Lui, conoscerlo, ascoltarlo. Una domanda deve sorgere nel nostro cuore: abbiamo noi la responsabilità della poca efficacia nel proporre la parola del Signore, nel testimoniarla? Siamo responsabili del loro disinteresse? Essi ci chiedono una Chiesa più agile, meno ingombra di tante cose, vogliono vedere comunità cristiane capaci di annunciare con gioia il Vangelo. Hanno desiderio di Dio ma vorrebbero vederlo testimoniato con gioia in noi adulti.

L’Eucaristia è presenza del Signore. Memoria dell’Ultima Cena, dono del Signore che vuole rimanere sempre con noi. È anche medicina per chi è ferito e debole, pane di vita e sostegno del cammino dell’esistenza. L’Eucaristia è anche chiamata a una vocazione che ci coinvolge tutti. Quella di essere noi stessi uomini e donne Eucaristici. Portare con la nostra vita e nella nostra vita la presenza del Signore. Noi celebriamo tutte le domeniche e spesso anche tutti i giorni l’Eucaristia. Essa è il centro della nostra vita cristiana. Ma come accade anche per altre realtà della vita cristiana, anche l’Eucaristia può essere segnata da una malattia che si chiama abitudine, routine, presenza meccanica senza anima, per tradizione, per altre motivazioni non spirituali.

La pedagogia della Chiesa ci offre la possibilità di meditare, contemplare, comprendere meglio questo mistero importante della nostra fede, per poterlo vivere pienamente, non come abitudine o tradizione, ma come un reale momento di incontro con il Signore, di ascolto della Sua Parola, di ricevere il Suo corpo con consapevolezza e partecipazione. Nella processione che abbiamo vissuto poco fa, con grande solennità e anche manifestazione esteriore, abbiamo portato il Signore Eucaristia. Abbiamo voluto sottolineare in modo solenne la Sua presenza. Ma nei giorni della ferialità siamo noi, potremmo dire, gli Ostensori eucaristici che fanno entrare il Signore Gesù attraverso la nostra vita, le nostre parole e azioni; per la grazia della Eucarestia che riceviamo, siamo noi i portatori di Cristo. Ecco la nostra vocazione e anche l’impegno che nasce da questa Solennità del Corpus Domini per ciascuno di noi. Così sia. Amen.

+ Roberto, Arcivescovo