L’Ascensione: non partenza ma permanenza!

ABC… della Liturgia. Spunti di riflessione e qualche consiglio per le nostre assemblee.

Credo che non sia solo molto suggestivo ma anche assai significativo, che la ripresa delle celebrazioni comunitarie coincida con la festa dell’Ascensione di Gesù in cielo. In questo giorno, che splende per la cifra memoriale del ritorno di Gesù alla casa del Padre, le comunità parrocchiali sono chiamate a vivere il ritorno delle assemblee nelle nostre chiese: dalle case alle chiese!

Questo memoriale, una festa tra le più significative della cinquantina pasquale, tradizionalmente veniva celebrata nel quarantesimo giorno dalla Pasqua, da qualche decennio è stata spostata alla domenica successiva. L’Ascensione celebra un momento del mistero pasquale che rischia di essere sottovalutato. Invece, è un evento chiave: rende evidente il risultato concreto della Pasqua, sia per Gesù Risorto in quanto il suo corpo entra nella gloria del Padre, sia per la comunità dei fedeli cioè noi è, infatti, il segno del nostro destino e, nel contempo, la condizione perché Dio effonda sull’intera umanità il dono dello Spirito Santo. Ma per il Signore Gesù non si tratta semplicemente di un viaggetto, di un ritorno alla vita di prima, ma dell’ingresso in una vita nuova: il Verbo prima di assumere la carne umana era presso Dio ed era Dio, ora torna nel seno del Padre con la carne umana non più schiava della mortalità. Un mistero insondabile, un evento da contemplare e da amare!

Vi è poi un secondo aspetto da sottolineare: con la sua Ascensione in cielo Gesù riversa su di noi la sua vita, ci regala letteralmente il suo fiato, il suo respiro, il suo spirito: dono che è fonte di ogni altro dono. Il mistero dell’Ascensione disegna e designa non solo, e non tanto, un evento del passato, ma anche uno atteso nella parusia finale cioè nel futuro, coniuga e raduna passato e futuro nella concretezza del giorno e dell’ora in cui noi siamo chiamati a vivere oggi. Il vangelo di Luca (Lc 24,31) descrive il senso dell’elevazione di Gesù in cielo: mentre li benediceva, si staccò da loro e veniva portato su in cielo.

Ecco, il mistero dell’Ascensione si ripete in ogni celebrazione eucaristica: in ogni Messa il Cristo è presente e ci benedice, si stacca da noi e ci mostra una direzione, quella verso il cielo. Ogni Eucaristia rinnova la parabola dell’Ascensione in quanto descrive il senso profondo del nostro incontro con Cristo, che nessuna mediazione telematica può realizzare in pienezza e che, al contrario, si realizza solo nell’unione dei cuori di chi partecipa, con tutto il suo mistero di vita reale pienamente umana, alla presenza del Signore: ciò che non potrà mai accadere con la sola partecipazione degli occhi e degli orecchi (come nelle celebrazioni via social che sono sì belle e anche suggestive, ma rimangono virtuali e distanti).

Nella visione o audizione di un rito si realizza certamente il senso spirituale di un evento di salvezza e di fede, ma queste stesse forme risultano impoverite e poco efficaci: la forza della liturgia eucaristica vissuta nella pienezza del rito, nella celebrazione del qui e ora, per noi, realizza il passaggio di Cristo che ascende al cielo, ci benedice e si stacca da noi.

Da quella prima Ascensione, la Chiesa vive il già e il non ancora, quel senso di splendida incompiutezza che solo la celebrazione liturgica ha il potere di rendere presente nell’attesa della sua venuta: ecco perché ogni celebrazione liturgica non può essere solo la narrazione di un evento, ma deve essere la realizzazione di un fatto che continua ad accadere nell’oggi, in ogni oggi, di ogni uomo, di ogni comunità.

A cura di don Tonino Zedda, vicedirettore de L’Arborense