Commemorazione dei Fedeli Defunti. L’Omelia dell’Arcivescovo.

Sorelle e fratelli, il Signore vi dia pace!

L’Anno Liturgico ci propone oggi una pausa: ci chiede di affrontare nella fede una realtà, che ci turba e ci sconcerta, la morte. Sì, la morte dei nostri cari, delle persone amiche, di tanti uomini e donne, a cui si aggiunge anche il pensiero che riguarda noi, le nostre fragilità, la nostra morte. La Chiesa fa questo non per turbarci con pensieri di paura o di angoscia, ma per offrirci la possibilità di una riflessione, illuminata dalla Parola di Dio, sulla condizione umana dalla quale, come diceva san Francesco, Nessun uomo vivente può scappare.

Per affrontare in modo cristiano il pensiero della morte, per ricordare i nostri defunti e meditare anche sulla nostra morte, lasciamoci guidare dalla parola di Gesù. Nel vangelo di Giovanni Gesù pronuncia una parola che ci dà speranza: Questa è la volontà di cui colui che mi ha mandato: che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma che lo risusciti nell’ultimo giorno.

Il Signore, dunque, ci rassicura sulla volontà del Padre, che ha cura di tutti i suoi figli e sulla sua missione, che è quella di salvare tutti i suoi figli. Ecco la prima speranza che illumina il nostro pellegrinare in questa terra: siamo di qualcuno a cui interessiamo, per cui valiamo e siamo preziosi, come la Scrittura stessa si esprime attraverso il profeta Isaia: Tu sei prezioso ai miei occhi, perché sei degno di stima e io ti amo, do uomini al tuo posto e nazioni in cambio della tua vita. Non temere, perché Io Sono con te (Is 43, 4).

Il Signore ci chiede, in primo luogo, di dargli fiducia: cioè di credere che le sue parole, quando dice Io sono la Vita; Io lo risusciterò nell’ultimo giorno, sono parole autorevoli, sono promesse di Colui che può impegnarsi nell’offrire una speranza così assoluta. Ci fidiamo della parola di Gesù che ci ha parlato del Dio dei Vivi e non dei morti. Ci fidiamo della Sua autorevole parola, che ha detto: Chi crede in me non morirà in eterno. Ci fidiamo della manifestazione della sua potenza di fronte alla morte in Croce, quando ha annunciato la resurrezione e poi è risorto, come ci attestano autorevolmente i testimoni e come noi stessi sentiamo nel cuore. Noi ci fidiamo, diamo fiducia a Gesù, Figlio di Dio, alla sua parola, perché tutta la sua vita ha manifestato una profonda verità e ha dato prova della sua autorità.

Facendo memoria dei nostri defunti oggi preghiamo per loro, li ricordiamo con affetto, ricordiamo il tanto bene che hanno seminato nella nostra vita e, al tempo stesso, li ricordiamo, animati dalla speranza che ci viene dalla fede. I segni con i quali circondiamo la loro memoria (fiori, ceri, preghiera) significano non solo il ricordo affettuoso di un passato, la convinzione di un presente di vita in Dio e di un futuro con Lui.

La Chiesa ci invita a pregare per i nostri cari defunti, perché in questa comunione tra la Chiesa che ancora cammina e quella che ha già raggiunto la Casa del Padre, possiamo vivere la comunione in un unico Padre. Nel passato, prima delle leggi napoleoniche riguardante i cimiteri, si usava seppellire nel sagrato o all’interno delle chiese, tutto ciò per proporre, in forma visiva, quella comunione tra la Chiesa che cammina nella storia e quella che è già nella Casa del Padre.

Sono cambiate le modalità, ma noi ancora crediamo in questa comunione tra noi che viviamo nel nostro presente e coloro che ci hanno preceduto nel segno della fede. Questa nostra Eucaristia sia invocazione a Dio Padre perché accolga nel suo regno i nostri fratelli e le nostre sorelle, cioè un vero ringraziamento per tutti colore che ci hanno fatto del bene nella nostra vita. In questo giorno memoriale di tutti i defunti, però non possiamo dimenticare coloro che sono morti a causa delle persecuzioni, della guerra, delle calamità naturali, della pandemia. Coloro che sono morti soli, senza il conforto di una persona cara o della fede.

Nel mondo c‘è tanto dolore, spesso anche causato dall’uomo, per il suo egoismo, per la sete di potere e denaro. Dolore che ci ricorda la nostra fragilità creaturale e il fatto che siamo piccoli. Al tempo stesso però sappiamo che il Signore non ci abbandona, e il nostro cammino terreno non è tutto. Abbiamo una speranza, come ci dice san Paolo, che non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo. Cristo ci ha dato pienezza di vita, Egli è stato la nostra salvezza.

+ Roberto, arcivescovo