Liturgia. L’Adorazione Eucaristica prolungata chiamata 40 ore

Il Tempo forte della Quaresima è uno spazio di 40 giorni in cui, attraverso le armi della preghiera, della carità, del digiuno, della penitenza e dell’elemosina il singolo fedele e l’intera comunità si preparano a celebrare la Pasqua del Signore Gesù, crocifisso, morto, sepolto e risorto. Con la sua struttura e la sua profonda spiritualità, la Quaresima è sufficientemente ricca di spunti e occasioni per celebrare i misteri di nostra fede.

Oltre la Liturgia ufficiale vi sono, però, anche alcuni esercizi spirituali, personali e comunitari, che possono completare il già ricchissimo itinerario quaresimale: insieme alla tradizionale e molto venerata Via Crucis e alla meditazione della Passione del Signore, secondo la narrazione che ne fanno tutti e quattro i vangeli, un altro esercizio assai diffuso nelle nostre comunità (anche se ultimamente un po’ va scemando) è l’Adorazione Eucaristica prolungata meglio nota come Sante Quarant’ore.

Si tratta, in buona sostanza, di una manifestazione del culto eucaristico che, fino a qualche decennio fa, era assai diffusa tanto sentita e solenne da costituire un tempo di rinnovamento spirituale e sociale, di preghiera, di penitenza e di comunione che coinvolgeva tutta la comunità parrocchiale. Durante i giorni della solenne esposizione, i nostri paesi e perfino le città cambiavano fisionomia: i negozi chiudevano; i lavori dei campi erano sospesi; le barriere sociali cadevano e la fede sembrava rifiorire nel cuore della gente. Le 40 Ore coinvolgevano tutte le categorie delle persone che si avvicendavano in preghiera, spesso in modo inventivo e spontaneo, per quaranta ore ininterrotte davanti al Santissimo Sacramento solennemente esposto nella chiesa parrocchiale.

In qualche modo le Quarantore acquistarono lo stile, l’importanza e l’efficacia di una vera missione popolare affidata, oltre che al parroco, a tutti i sacerdoti della forania che si rendevano presenti, nei tre giorni, collaborando in modo continuativo e sperimentando la vita fraterna nella casa canonica di turno. Le comunità parrocchiali offrivano i viveri per sostentare il lavoro straordinario del clero, che trascorreva molte ore nei confessionali e nelle celebrazioni (era d’uso il precetto pasquale per le scuole e varie categorie di persone, come gli adulti e gli sportivi).

Ma i tempi cambiano e anche questo appuntamento spirituale lentamente si è affievolito fino quasi a scomparire. Oggi l’Adorazione Eucaristica pubblica e prolungata (le 40 ore), se ben contestualizzata e correlata al tempo liturgico, può essere ancora uno strumento di evangelizzazione e di preghiera. È purtroppo triste constatare come in alcune comunità perduri la mentalità che vigeva prima della Riforma liturgica: prima del Concilio infatti le 40 ore erano vissute come una sorta di interruzione del cammino quaresimale (segnato dal viola liturgico, l’assenza dei fiori, con la presenza dei soli ceri d’altare).

Gli altari venivano riempiti di innumerevoli luci e fiori, i paramenti tornavano a essere quelli bianchi e preziosissimi, insomma un vero e proprio anticipo della Pasqua. La Riforma del Vaticano II ha affermato molto chiaramente che debba sempre prevalere il senso dell’Anno liturgico.

È il tempo della Quaresima che detta le norme e i ritmi delle nostre celebrazioni: durante le 40 ore si deve usare il viola liturgico che non è il colore dei morti ma semplicemente il colore quaresimale che caratterizza tutti i giorni, a iniziare dalle domeniche che rimangono il memoriale della Pasqua e che devono essere celebrate in viola, senza fiori e con pochi ceri. Che il popolo attinga dalle tradizioni passate e sia a esse legato è comprensibile… ma che i presbiteri, che devono pascere il popolo, si attardino su idee antiche e superate direi proprio di No.

A cura di Tonino Zedda

Pubblicato su L’Arborense n.8/2021