Domenica in Albis. L’approfondimento della Parola.

Il vangelo fa nuove tutte le cose

Non raramente con rammarico constatiamo il passare del tempo, l’invadenza delle rughe, l’assalto di dolori muscolari e ossei, la precoce imbiancatura dei nostri capelli e la perdita progressiva di smalto nei movimenti, nei ritmi e nelle attività. Stiamo invecchiando è l’affermazione sconsolata che pronunciamo con profonda nostalgia. Lo scorrere inesorabile del tempo – per influsso di un’utopica ideologia del sempre giovani – sembra condannarci alla fine.

Dovremmo iniziare a riconciliarci col tempo e col suo ritmo. Proprio attraverso il tempo possiamo essere noi stessi, liberi e salvi. In un tempo preciso Cristo si è incarnato, in un contesto storico puntuale ha predicato e annunciato il vangelo, in un lasso di tempo ben definito ha dato la sua vita per noi. Il simbolo apostolico afferma che patì sotto Ponzio Pilato. Non è solo un’affermazione storica, ma teologica. Ci dice che Dio ha scelto un tempo per salvarci. Lui, il senza tempo, sceglie la storia per donare la sua salvezza attraverso la carne del Figlio, che non si risparmia.

Nella Pasqua si racchiude la storia, si riavvolge la matassa arruffata di ogni nostra esistenza, si innervano le vicende del mondo, si spiegano le vele di ogni civiltà, si attualizzano e trovano significato gli spasmi indicibili di ogni tempo. Quel tempo e quel luogo trasudano di verità significative per l’uomo. Quell’attimo – unico che non passa e non ritorna in nessun modo – ci permette di vivere il correre dei giorni e degli anni con il cuore colmo di desiderio di autenticità.

Siamo veri quando accogliamo il tempo che scorre, la storia che va avanti, la presenza dei segni della nostra crescita, l’esperienza di una Chiesa che cammina e cade, sempre giovane e continuamente più vecchia. Isaia ci aveva ricordato: faccio nuove tutte le cose. Non ridiventano giovani, ma nuove!

Ecco la lieta notizia della Pasqua, che ci è stata già annunciata tante volte nella nostra vita: la novità del vangelo. All’inizio del vangelo di Marco avevamo sentito: Il tempo è maturo, il Regno è alle porte. Ora tutto è giunto a maturazione e pronto a ridare fecondità. Tutto ciò che c’è da capire del passato deve essere riletto alla luce di una esistenza nuova e rinnovata: Gesù Cristo. Lui, il Figlio amato, il salvatore, il primo e l’ultimo, il senso definitivo della storia è l’unico prisma attraverso cui comprendere il misterioso avvicendarsi dei giorni e delle persone. In Lui si esprime la pienezza, in Lui trova senso ogni vicenda, in Lui si attua ogni speranza, in Lui trova pace ogni rivolta, in Lui si esprime ogni anelito.

Il disordine interiore dei due discepoli fuggitivi trova equilibrio nelle parole dello straniero, nel suo fermarsi con loro, nel suo spezzare il pane. Anche Tommaso, figura di altissima caratura per il vangelo di Giovanni, deve accettare che i segni delle mani, dei piedi e del costato sono tatuaggio indelebile dell’amore vero. La beatitudine per chi non ha potuto vedere quei segni si attua nel riconoscimento delle piaghe di tanti fratelli e sorelle, nelle ferite della comunità cristiana, negli squarci sanguinolenti che la nostra società continua ad avere e mal tamponare.

A cura di Michele Antonio Corona