VI Domenica di Pasqua. L’approfondimento della Parola

La radicale scelta di amare è il dono del Risorto

In questa domenica, la liturgia ci propone il tema più importante dell’anno e dell’intera vita cristiana: l’amore, l’amore di Dio, l’amore da condividere coi fratelli. Non ci sono mezze misure nella sequela del Cristo risorto e non esistono scorciatoie.

Non si tratta di un amore dolciastro, né di una delle sue tante sfaccettature melense. Non è neppure il senso che si può dare in una chiacchierata tra amici in cui la parola serve a velare vizi e turpitudini. A volte è un modo per chiamare l’adulterio o la lussuria. Altre volte si definisce delitto d’amore un omicidio che dovrebbe chiamarsi tragedia del vizio. Altre volte ancora si usa la parola amore per lusingare qualcuno, di cui poi alle spalle si dice di tutto.

L’amore che ci propongono queste pagine del Nuovo Testamento equivale al dono di se stessi per l’altro, all’atto estremo che viene compiuto per dare vita all’altro. Lo sguardo è rivolto verso il Padre e verso il Figlio che non hanno esitato a dare la vita, a donare l’amore, a essere fino in fondo amore. Ecco la differenza con tutto ciò che non è amore: questo non si dona, non perde niente di sé, non fa crescere l’altro.

A volte si ama più se stessi degli altri e lo si comprende quando la vita è centrata a gonfiarsi, a lodarsi, a sgambettare chiunque per prendere il primo posto, quando si svilisce e si soffoca l’altro per rubargli l’ossigeno vitale. In altre occasioni si amano più gli altri quando ci si annienta per paura, quando si scompare per senso di inadeguatezza, quando ci si toglie la vita nel rimorso e nella nostalgia. Non è amore, ma è cessazione di vita, è consacrarsi alla paura, è chiudersi in una morsa stritolante.

D’altra parte, si dice di amare anche quando lo si fa pretendendo un contraccambio, quando lo si fa in attesa di essere riconosciuti, quando si esige una immediata prontezza dall’altro.

Le pagine bibliche, invece, ci mostrano la radice stessa del vero amore: la gratuità! Non solo quando si ama senza pretendere niente, ma quando si ama sperando che non ritorni la paga, la stessa paga. Qualcuno penserà che questo è troppo difficile, è eroico, è impossibile. Non credo! Chiedete a una madre o a un padre cosa potrebbero fare per i propri figli. Chiedete a una missionaria cosa farebbe per le persone affidate alle sue cure. Chiedete a un educatore, a un’insegnante, a un pastore d’anime. Vi diranno di essere pronti a dare la vita e ad averla già data tante volte, in attesa del dono totale e definitivo. E se vi dicessero che non è così, annunciate loro l’amore di Dio: lui ci ha amati per primo.

Molti sostengono che l’unica cosa che non si può insegnare nella vita è l’amore, perché ognuno lo vive a modo proprio. Questo non vale per noi battezzati: la misura dell’amore è scossa, pigiata e traboccante. Non si può centellinare né risparmiare con l’amore. Tuttavia una cosa è certa: solo nell’amore si impara ad amare. Non si può imparare ad amare abitando nell’odio; non si può imparare ad amare vivendo nell’indifferenza; non si può imparare ad amare se non si contempla chi lo ha fatto fino alla fine: Gesù Cristo.

A cura di Michele Antonio Corona

Pubblicato su L’Arborense n.16/2021