Celebrata il 21 novembre la giornata pro orantibus per le claustrali

Consacrazione, appartenenza, sacrificio, preghiera perpetua. La presenza delle claustrali nei tre monasteri cittadini è la viva testimonianza che queste parole non sono desuete ma racchiudono in sé una linfa vitale e generatrice di fede, alimentata dalla contemplazione orante.

Ogni monastero è espressione del proprio particolare carisma, e ogni monaca è parte di un insieme che si riflette su tutti, diventando capaci di uscire dalla clausura, come ben sottolinea l’abbadessa delle clarisse: la clausura è un modo per esprimere l’appartenenza a Dio non intesa come una chiusura ma come un generatore di energia. La grata è solo un segno di clausura, ciò che conta di più è la realtà significata, cioè il senso di appartenere ad un mondo che taglia fuori ciò che distoglie dall’amore, nel caso nostro dall’amore di Dio e dall’unità del cuore. Nel mondo di oggi, continua Madre Chiara interpretando i possibili dubbi di coloro che non capiscono questa forma di vocazione e di chi non si è mai accostato alla clausura, ha ancora senso parlare di una scelta di questo tipo? Guardandosi intorno è facile vedere conventi vuoti, venduti o destinati ad altro uso perché le persone che scelgono di consacrarsi al Signore sono sempre di meno. Eppure c’è ancora qualcuno che sente l’attrazione di una vita dedicata totalmente a Dio e al prossimo scegliendo la povertà evangelica, la verginità per il regno dei cieli e l’obbedienza come liberazione dal proprio egoismo. La consacrazione oggi è una scelta contro corrente? Non voi avete scelto me ma io ho scelto voi. È controcorrente scoprire di non essere per caso sotto questo cielo, scoprire che ciascuno di noi è pensato per qualcosa di semplice ma allo stesso tempo straordinario e che abbiamo un sentiero preciso da percorrere? È controcorrente non arrendersi davanti ai sogni? E non ditemi che voi non ne avete uno! Io ho risposto a tutti questi desideri scoprendo che il mio sentiero per arrivare in vetta si chiama consacrazione. Oggi penso che il consacrato sia chi si lascia accarezzare dallo sguardo di Dio e guarda l’umanità con la stessa tenerezza di Dio. Il cammino è lungo ma, se lui è con noi, possiamo sicuramente dire: Signore, da chi andremo? Solo tu hai parole di vita eterna. E così, nonostante i nostri limiti e fatiche, Dio non si stanca di rialzare chi cade, di far sorridere chi è nello sconforto, di perdonare.

La dedizione totale alla causa del Regno incarnata da persone che fanno sentire la nostalgia del cielo è espressa dal dare testimonianza vivente di Dio dimostrando che Lui ha il primato su tutto e su tutti. Noi stiamo nel mondo ma non lo siamo perché apparteniamo totalmente a Dio tramite la nostra vita di preghiera e sacrifici per salvare le anime, spiega madre Armonia, la superiora delle Serve del Signore e della Vergine di Matarà.

La vita contemplativa, significativa per la Chiesa e per il mondo, si conforma attraverso la preghiera perpetua che, come fiaccola, faro e sentinella è innalzata per tutti dalla terra al cielo dalle monache sacramentine la cui vita è totalmente assorbita dall’Eucarestia, non solamente quando siamo davanti al SS. Sacramento ma è sempre e in ogni momento espressione d’amore rivolto solo a Gesù nostro Salvatore. Sia dunque che mangiate, sia che beviate, sia che facciate qualche altra cosa, fate tutto per la gloria di Dio. L’adoratrice testimonia quotidianamente che Gesù è veramente presente nel SS. Sacramento e concede la propria vita a Gesù e, se necessario, sino all’estremo sacrificio. L’adoratrice è come un nuovo Mosè che, con le braccia rivolte a Gesù, ottiene grazie per il nuovo popolo di Israele che è la Chiesa di Dio. Quando la monaca si presenta a Gesù in adorazione porta con sé la Chiesa intera per esprimere le necessità del suo popolo e chiedere a Gesù Salvatore vicinanza in ogni momento sul cammino della vita.

La forma di vita claustrale che separa le monache dal mondo non è sinonimo di assenza o di isolamento; il loro cuore orante ha bisogno di essere aiutato a battere anche con la nostra preghiera personale.

Maria Rita Quartu