Omelia della Messa Crismale

28-03-2024

Carissimi presbiteri di Ales-Terralba e di Oristano,

fratelli e sorelle…

Il prossimo 8 aprile, a Dio piacendo, insieme agli altri vescovi della Sardegna, incontrerò papa Francesco per dare inizio alla Visita Ad Limina della nostra Regione Ecclesiastica. Sono passati più di dieci anni dall’ultima visita, avvenuta nel 2013, dove erano presenti i miei predecessori: mons. Ignazio Sanna, alla guida dell’Arcidiocesi di Oristano, e mons. Giovanni Dettori, di quella della diocesi di Ales-Terralba. Dal 2013 sino a oggi varie vicende hanno segnato la storia della Chiesa universale, italiana e delle nostre due Diocesi. Su tutte emergono, nel marzo 2013, la celebrazione del Conclave, dopo la rinuncia di papa Benedetto XVI, dove i cardinali hanno scelto come nuovo Vescovo di Roma papa Francesco, e la celebrazione dei Sinodi diocesani (2013-2105 per Oristano, e 2014-2015 per Ales-Terralba).

Mentre preparavo le relazioni, che vengono richieste dalla Santa Sede per la Visita ad Limina, ho avuto modo di rileggere le riflessioni dei miei predecessori e di considerare i vari cambiamenti avvenuti a livello ecclesiale, ma anche personale, per tanti presbiteri. Queste due dimensioni si toccano e si intrecciano, influenzandosi reciprocamente. È usanza accompagnare le relazioni, sui vari aspetti pastorali della vita diocesana, con dati statistici che sostengano e illustrino le riflessioni. I numeri, oltre a dare una fotografia del tempo che passa e segnalare i cambiamenti sociali, hanno confermato i timori che già molti di noi paventavano da tempo, circa i mutamenti a livello religioso.

Un dato emerge sugli altri: la caduta impressionante, nella percentuale di partecipazione, dei cristiani (bambini, giovani e anziani) alla celebrazione domenicale, alla vita delle comunità, ai sacramenti, all’impegno concreto nel cammino delle parrocchie, oltre a un disinteresse, e forse indifferenza, alle indicazioni del Magistero circa la vita morale. Tali cambi impongono a noi pastori, ma anche ai fedeli delle nostre comunità, una riflessione approfondita. Le domande che vengono suscitate, e che sono rivolte ai presbiteri e a ogni cristiano, sono queste: cosa il Signore ci sta dicendo attraverso la storia, la realtà, le fatiche, i limiti che stiamo vivendo? Un’altra domanda è questa: come dobbiamo metterci in relazione con questi cambiamenti? Quale atteggiamento far crescere, per rispondere alle sfide di oggi? Su quali aspetti essenziali dobbiamo puntare per il nostro servizio pastorale e per far crescere la vita cristiana delle comunità?

Come vescovo, come presbiteri, come fedeli, dato che tutti siamo coinvolti, dobbiamo interrogarci con onestà, e chiederci se il nostro modo di proporre la persona e la parola di Gesù, il nostro stile di annuncio del vangelo, conquisti i cuori o non sia piuttosto un esercizio spento e inefficace. Siamo tentati di ripetere schemi del passato, anche nella pastorale. Ormai è un classico la frase che, alcune volte, papa Francesco ripete per stigmatizzare un atteggiamento statico, nell’impegno pastorale: si è sempre fatto così! La realtà ci spinge a semplificare la nostra pastorale, e a ritornare all’essenziale, ci obbliga a rendere agili le nostre strutture e la nostra proposta.

Dobbiamo restituire alla vita cristiana, il nucleo centrale del suo insegnamento: la relazione personale con Gesù Cristo, morto e risorto per noi. A questo si deve accompagnare la qualità delle relazioni tra noi, segno e testimonianza distintiva dei cristiani. Nella riflessione che presenterò durante la Visita ad Limina, oltre a questi aspetti problematici che ci interrogano ed esigono risposte concrete, emergono però anche aspetti positivi, come semi che vanno piantati, coltivati e curati. In primo luogo, sebbene non possiamo nascondere i problemi esistenti anche nelle nostre Chiese diocesane, dobbiamo riconoscere l’impegno dei presbiteri e anche di tanti laici, nel lavorare per la comunità, unita attorno al Signore, aperta alla carità, che si fa attenta ai piccoli e agli anziani e vuole continuare a formarsi nell’ascolto della Parola.

A questo possiamo aggiungere, seppure con una lettura realistica e critica, la presenza importante nelle nostre comunità della religiosità popolare o, meglio, della pietà popolare. Essa, talvolta, può scadere in aspetti generici o superficiali, altre volte è più radicata nel vangelo e nel desiderio di esprimere la fede in modo immediato, popolare, sincero, per favorire un incontro con il Signore, la Beata Vergine Maria e i discepoli e le discepole del Signore che sono i Santi. Più di vent’anni fa, il Concilio Plenario Sardo, occupandosi di questo aspetto, parlava della necessità di non eliminare la pietà popolare ma di evangelizzarla, di riportarla alla sua radice evangelica, di farne emergere oltre l’esteriorità, il suo potenziale antropologico e spirituale nel veicolare la fede.

Quella riflessione ancora ci interroga, perché in tante nostre comunità rimane forte e sentita la religiosità popolare, ma con il rischio concreto di trasformare in folklore quello che dovrebbe essere espressione della fede. In questo, come anche negli altri ambiti, siamo invitati, dal contesto in cui ci troviamo e dal Magistero della Chiesa, a percorrere nuovi sentieri. Gli incontri sinodali di questi anni hanno individuato soprattutto due temi su cui lavorare nel futuro: il primo è quello della missione che, partendo dalla comunità dei fedeli che fanno la parrocchia, si apra a quelli che si sono, per vari motivi, allontanati; spesso queste persone non rinnegano il loro battesimo, ma si sentono indifferenti al cammino della Chiesa. Stanno ai margini della vita delle comunità. Come incontrarli di nuovo? Che cosa fare per riprendere il dialogo e favorire in loro almeno le domande, che possono mettere in moto la ricerca personale, e la riflessione sulla propria vita, anche di fede? Da molti presbiteri e laici è stata segnalata la necessità di aiutare gli adulti a rimotivare la propria scelta cristiana, con cammini specifici e personalizzati.

Altro aspetto, sottolineato dai gruppi sinodali, è l’urgenza del dialogo con i giovani. Quando parliamo di giovani, ci riferiamo a un universo non omogeneo né monolitico, che non si può ridurre a poche categorie, ma che bisogna accogliere nella sua complessità e differenziazione. I giovani avvertono spesso le proposte fatte dalla comunità cristiana, come distanti dalle loro sensibilità e dai loro bisogni spirituali. È urgente trovare un codice di comunicazione che ponga, noi e loro, in ascolto e accoglienza reciproca. Questi aspetti che ho qui sintetizzato brevemente, insieme ad altri temi, saranno presentati a papa Francesco per ascoltare da lui una parola autorevole e quelle indicazioni che possano aiutarci nel cammino.

Cari presbiteri e cari fedeli, la riflessione fatta sino a ora non ha certo lo scopo di dipingere un quadro pessimistico o di insistere ossessivamente su problemi conosciuti, ma piuttosto è un invito ad aprirci, in modo realistico, alla speranza e al futuro, e motivarci tutti per un nuovo impegno. Invito voi presbiteri a continuare il vostro impegno pastorale nelle comunità, ritrovando la passione della vocazione iniziale, l’amore al servizio di Cristo nei fratelli, l’accoglienza che deve caratterizzarci nelle relazioni con tutti. Il vangelo di Luca che abbiamo oggi ascoltato (Lc 4, 16-21) ci presenta la missione del Signore, proclamata nella sinagoga di Nazareth. Essa è anche la nostra missione, il programma pastorale da declinare nel nostro oggi: annunciare, liberare, sanare, accogliere.

Non è necessario moltiplicare le iniziative, ma piuttosto valorizzare quelle già esistenti e che sono davvero utili alla formazione cristiana delle persone. Aiutare ogni fedele a incontrarsi con il Signore, e far entrare il Vangelo nella vita quotidiana. So bene che le fatiche, che ogni presbitero deve affrontare, sono molte; le condividiamo con tanti uomini e donne che lavorano con sacrificio e si impegnano per le loro famiglie. Per questo desidero concludere con una parola di incoraggiamento e di gratitudine, a ciascuno di voi, per tutto quello che avete fatto, state facendo e farete. Non lasciatevi prendere dallo scoraggiamento, ma affrontate le fatiche confidando nell’aiuto del Signore e dello Spirito Santo. Un aiuto indispensabile nelle difficoltà è la volontà di crescere nella fraternità sacerdotale. Non cedete alla tentazione dell’isolamento, al pessimismo, al disfattismo, alla lamentela su tutto e su tutti, alla critica aspra senza possibilità di redenzione…

Insieme alle cose che non vanno, e dobbiamo riconoscere con verità e umiltà che ce ne sono, e a cui tutti contribuiamo con i nostri limiti, vediamo anche i segni della presenza del Signore. Egli non mancherà di sostenerci nei momenti della prova e ci darà la gioia di sentire la sua presenza al nostro fianco. Carissimi tutti, in questa riflessione mi sono rivolto in modo speciale ai presbiteri, miei primi collaboratori, ma non voglio dimenticare tanti laici, uomini e donne qui presenti e quelli delle comunità delle nostre diocesi. Vi chiedo di pregare per i vostri pastori, di capire le loro fatiche, di sostenerli con l’amicizia e la collaborazione. Anche loro sosterranno con la preghiera il vostro cammino e il vostro impegno di fede.

Nel concludere questa riflessione, come è consuetudine, rivolgo un saluto e il ricordo ai fratelli che fanno parte della storia delle nostre comunità. Un affettuoso saluto al caro Arcivescovo emerito di Sassari mons. Paolo Atzei, a cui auguriamo una pronta ripresa per la sua salute. Ricordiamo con affetto i vescovi che fanno parte della nostra Chiesa Arborense e Alerense, a cui ci sentiamo spiritualmente legati. Gli Arcivescovi emeriti di Oristano: S. E. mons. Ignazio Sanna, S. E. mons. Pier Giuliano Tiddia, il Vescovo emerito di Ales-Terralba, S. E. mons. Giovanni Dettori. I vescovi nativi delle nostre diocesi: S. E. mons. Mauro Maria Morfino, vescovo di Alghero-Bosa (nativo di Arborea); S. E. mons. Mario Fiandri, vescovo Vicario Apostolico in Guatemala (nativo di Arborea); S. E. mons. Corrado Melis, vescovo di Ozieri (nativo di Sardara); S. E. mons. Giovanni Paolo Zedda, vescovo emerito di Iglesias (nativo di Ingurtosu). Il nostro sacerdote in missione (Fidei Donum) don Luciano Ibba, in Sicuani (Perù). Ricordiamo alcuni presbiteri che celebrano anniversari di ordinazione sacerdotale: mons. Modesto Floris, Decano della diocesi di Ales-Terralba, che lo scorso settembre ha compiuto 100 anni, e che ha 75 anni di ordinazione; mons. Nicola Cabiddu, Decano di Oristano: il 24 marzo scorso ha compiuto 97 anni con 74 anni di sacerdozio. Celebriamo poi il 60° anniversario di sacerdozio di mons. Salvatore Brai e di don Lucio Pisano; il 25° di don Stephen Ogua; il 10° di don Enrico Perlato, di don Diego Tendas, di padre Edenilson Alves da Silva (padre Ede) e di don Luca Pittau.

Un ricordo affettuoso per i tanti sacerdoti anziani e malati che soffrono o che sono in un periodo di riflessione. Un ricordo speciale per i sacerdoti defunti lo scorso anno: don Francesco Marongiu e mons. Graziano Orro (di Oristano) e can. Fiorenzo Pau, don Mario Ecca, don Eliseo Lilliu, don Giuseppe Spada e can. Giulio Marongiu (del presbiterio di Ales-Terralba).

Come ho annunciato, avrò la gioia di ordinare diaconi, il prossimo 5 maggio, i nostri seminaristi Francesco Soru di Bauladu e Marco Ruggiu di Bonarcado. Ricordiamoci di pregare per i nostri seminaristi del Seminario Regionale; rafforziamo la nostra unanime preghiera affinché il Signore faccia crescere nel cuore dei giovani il desiderio della vocazione presbiterale, insieme alle altre vocazioni necessarie nella Chiesa. Anche se sono rappresentati da un piccolo gruppo, saluto i ragazzi e le ragazze che mediante l’unzione col nuovo Crisma, riceveranno la Cresima durante quest’anno. Saluto le monache di clausura dei tre monasteri cittadini, i religiosi e le religiose, i laici che operano nei Consigli economici e pastorali diocesani e parrocchiali; nelle Associazioni di volontariato, nelle Caritas diocesane Arborense e Alerense. Ma anche in quelle parrocchiali, e nei vari organismi diocesani e parrocchiali. Benedico tutti e chiedo di pregare per me!

A tutti l’augurio che la Santa Pasqua del Signore, fonte di gioia e speranza, inondi la nostra vita.

+ Roberto Carboni,

Arcivescovo Metropolita di Oristano

 e Vescovo di Ales-Terralba