Omelia per la Giornata Mondiale del Malato

11-02-2023

Cari fratelli e sorelle…

La meditazione che voglio offrirvi in questa celebrazione per la Giornata Mondiale del Malato attinge a piene mani al messaggio che il Santo Padre Francesco ha inviato a tutta la Chiesa, intitolandolo Abbi cura di lui, una frase estratta dal vangelo del Buon samaritano (Luca 10, 35).

Mi rallegra che questo momento di preghiera con i malati e per i malati sia segno del cammino che le due diocesi sorelle di Oristano e Ales-Terralba stanno percorrendo insieme. Ringrazio perciò i responsabili degli Uffici diocesani della Pastorale della Salute, don Giorgio Lisci e p. Gianluca Longobardi, per la cura nell’organizzare questa Eucaristia: è il Signore stesso che ci riunisce, e vuole rafforzare in noi, nell’attenzione ai malati delle comunità delle due diocesi, la spinta a crescere nella condivisione e nell’ascolto reciproco.

Questa celebrazione è un segno eloquente per tutti noi: siamo chiamati a riservare una speciale attenzione alle persone malate e a coloro che le assistono. Il pensiero va in particolare a quanti, in tutto il mondo, soffrono di tante infermità ma ancor più vivono il peso dell’indifferenza, della mancanza di cure, della fatica a reperire medicine. A tutti, specialmente ai più poveri ed emarginati, esprimiamo la spirituale vicinanza, assicurando la sollecitudine e l’affetto della Chiesa. Nella nostra preghiera non possiamo dimenticare quanti affrontano il dramma della guerra e alle tante persone che stanno vivendo la tragedia del terremoto.

Il Papa ci ricorda che L’esperienza della malattia ci fa sentire la nostra vulnerabilità e, allo stesso tempo, il bisogno innato dell’altro. Insiste molto nel fatto che la fragilità e la malattia ci spingono a camminare insieme secondo lo stile di Dio. La condizione di creaturalità diventa ancora più nitida e sperimentiamo in maniera evidente la nostra dipendenza da Dio ma anche il bisogno dell’altro. Quando siamo malati, infatti, l’incertezza, il timore, a volte lo sgomento pervadono la mente e il cuore; ci troviamo in una situazione di impotenza, perché la nostra salute non dipende dalle nostre capacità o dal nostro affannarci (cfr Mt 6,27).

La malattia impone di uscire dal nostro mondo chiuso, per imparare a guardare agli altri, alla loro solitudine, al loro abbandono, e sentirci coinvolti. La Parabola del Buon samaritano, infatti, ci sfida a non guardare dall’altra parte ma a sentire, come nostro, il bisogno dell’altro nella sua malattia, nella sua vulnerabilità.

Il Papa ci ricorda che nessuno di noi è pronto per la malattia, per la vulnerabilità. Però la malattia ci interroga e ci chiede di fare un passo di vicinanza, di attenzione. Risuonano, per ciascuno di noi, come un impegno solenne, le parole di Gesù Abbi cura di lui, riferendosi all’uomo ferito e maltrattato. La vicinanza è un balsamo prezioso per coloro che soffrono, che dà sostegno e consolazione a chi soffre nella malattia. In quanto cristiani, viviamo la prossimità come espressione dell’amore di Gesù Cristo, il buon Samaritano, che con compassione si è fatto vicino a ogni essere umano, ferito dal peccato: è segno per ogni cristiano che si fa vicino al prossimo sofferente.

Uniti a Gesù (davvero buon samaritano per ciascuno di noi) per l’azione dello Spirito Santo, siamo chiamati a essere misericordiosi come il Padre e ad amare, in particolare, i fratelli malati, deboli e sofferenti (cfr Gv 13,34-35). Viviamo questa vicinanza, oltre che personalmente, in forma comunitaria: infatti l’amore fraterno in Cristo genera una comunità capace di guarigione, che non abbandona nessuno, che include e accoglie soprattutto i più fragili.

È decisivo l’aspetto relazionale: metterci in relazione con il malato, ma anche con gli operatori sanitari e intrattenere un buon rapporto con le famiglie dei pazienti. Proprio questa relazione con la persona malata trova una fonte inesauribile di motivazione e di forza nella carità di Cristo, come dimostra la millenaria testimonianza di uomini e donne che si sono santificati nel servire gli infermi. Cari fratelli e sorelle, il comandamento dell’amore, che Gesù ha lasciato ai suoi discepoli, trova una concreta realizzazione anche nella relazione con i malati.

Affidiamo tutti i nostri malati presenti, e quelli che non sono potuti venire, alla Madre del Signore, alla Vergine di Lourdes. Oggi noi facciamo speciale memoria della Vergine che appare a Lourdes e che trasforma un luogo di sofferenza, un luogo emarginato e oscuro in luogo di accoglienza, di luce, di speranza. A Lourdes la Madonna, attraverso coloro che si prendono cura dei malati, si è fatta attenta alla povertà dei suoi figli, dirige l’attenzione del Suo figlio verso i nostri limiti e ci invita ad avvicinarci ai sofferenti con il desiderio di manifestare l’amore e la sollecitudine di Dio.

Ricordiamo nella preghiera questi nostri fratelli e sorelle, cresciamo in quel servizio gratuito e generoso nei loro confronti e accompagniamo i loro momenti difficili con la nostra preghiera. Amen

+ Roberto, Arcivescovo