Omelia per la solennità dell’Epifania

Cattedrale di Oristano
06-01-2019

Cari fratelli e sorelle,
l’odierna solennità liturgica dell’Epifania del Signore ha come protagonisti principali i Magi, tanto che la tradizione popolare ha sempre identificato la festa dell’Epifania con “la festa dei Re Magi”. I personaggi misteriosi che vengono dal lontano si sono messi in viaggio con l’intenzione sincera di ricerca del Messia, e si sono scontrati con il re Erode, che, invece, cercava Gesù per ucciderlo. Accanto ai Magi abbiamo come protagonisti, da una parte, il profeta Isaia che sogna la città di Gerusalemme rivestita di luce; dall’altra, l’Apostolo Paolo che rivela la chiamata di tutte le genti a “formare lo stesso corpo ed essere partecipi della stessa promessa per mezzo del Vangelo”. Possiamo dire che l’insieme di questi protagonisti rappresentino in qualche modo il rapporto esistente tra la salvezza promessa e la salvezza rivelata. Il profeta Isaia, infatti, sogna Gerusalemme piena di luce e di pace e non cessa di alimentare la speranza in un futuro di convivenza e di lode comune al Signore, anche se il suo sogno stenta a diventare realtà per complesse ragioni politiche e religiose. L’Apostolo Paolo rivela il mistero della salvezza universale, che farà “un solo corpo, un solo spirito, come una sola è la speranza alla quale siamo stati chiamati, quella della nostra vocazione; un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo. Un solo Dio Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, agisce per mezzo di tutti ed è presente in tutti” (Ef 4,4-6).
La profezia di Isaia sul destino di Gerusalemme e la rivelazione di San Paolo del mistero della salvezza universale, dunque, ci invitano ad aver fiducia nel Dio della storia e dell’eternità, del presente e del futuro. Ma sembra che la promessa di salvezza sia rimasta solo una promessa e la salvezza non si sia realizzata. Le potenze del male, nelle loro diverse declinazioni, hanno cercato e cercano di ostacolare il piano divino. Sin dalle prime origini del cristianesimo ci sono state persecuzioni di ogni genere. Oggi sono oltre 215 milioni i cristiani perseguitati. La Corea del Nord, l’Afghanistan, il Pakistan hanno l’infelice primato di nazioni col più alto punteggio nella violenza contro i cristiani. L’oppressione islamica continua ad essere la fonte principale di persecuzione dei cristiani, non confermandosi solamente ma estendendo la sua morsa in varie aree. In Messico, uno dei Paesi più pericolosi per i preti, la criminalità organizzata, il traffico di droga e la corruzione sono fenomeni massicci contro i quali la Chiesa si attesta in prima linea. E così, per il nono anno consecutivo, quello è il Paese in cui viene assassinato il maggior numero di religiosi. Il direttore del Centro cattolico multimediale ha coniato un termine efficace per sintetizzare la condizione del clero del suo paese, quello di “clericidio”, ossia un perdurante assassinio di preti eliminati in quanto tali.
Alla domanda sul perché si attacchi un prete, si risponde senza esitazioni: “Perché il prete è una specie di stabilizzatore sociale; nella sua parrocchia, si offrono non solamente aiuti spirituali ma anche educativi, di salute, di diritti umani e assistenza ai migranti. Il crimine organizzato sa bene che uccidere un prete causa una destabilizzazione sociale nella comunità, seminando così la paura e quindi un clima favorevole per agire senza contrappesi”. Non è un caso che sia i sacerdoti che i giornalisti, due entità che generano opinione pubblica, siano presi di mira dalla criminalità organizzata e dai narcos. Quando si vuole distruggere la religione – aveva affermato il santo Curato d’Ars, patrono universale dei sacerdoti – si comincia attaccando il prete, perché lì dove non ci sono più preti non c’è più sacrificio, e dove non c’è più sacrificio non c’è più religione. È senza dubbio questa la ragione per la quale, oggi come ieri, i preti sono bersagli privilegiati.
Ora, però, le persecuzioni dei cristiani possono indurre a dubitare che la promessa del profeta sia fallita e che Dio sia impotente a vincere il male e a garantire la salvezza, ma non è così. Gesù ha promesso di essere con la Chiesa “tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28, 20), e Papa Francesco ha scritto che “Dio agisce nell’umiltà e nel silenzio, il suo stile non è lo spettacolo”. Dio, quindi, è sempre presente, anche se talvolta non lo sentiamo vicino. In effetti, Egli ci guarda tra le fessure delle cose e degli avvenimenti; “ci scruta e ci conosce. Penetra da lontano i nostri pensieri e ci scruta quando camminiamo e quando riposiamo” (Cfr. Sal 139, 1-2). Magari, percepiamo la sua presenza solo in momenti particolari di preghiera profonda o davanti a miracoli soprannaturali. Ma la preghiera del Salmista ci assicura che “Se salgo in cielo, là tu sei; se scendo negli inferi, eccoti. Se prendo le ali dell’aurora per abitare all’estremità del mare, anche là mi guida la tua mano e mi afferra la tua destra” (Sal 139, 8-10).
In realtà sono tante le situazioni della vita quotidiana in cui Dio ci rivela la sua presenza. Questa spesso sconfina il recinto sacro e si mimetizza in tanti esempi di solidarietà, impegno civile, inclusione. Il presidente della Repubblica ha premiato storie commoventi di chi non si arrende al “cattivismo” imperante, alla malattia, alla disabilità e, indirettamente, ha promosso una sorta di nuova evangelizzazione, d’un nuovo stile missionario: quello dei testimoni coraggiosi che, con la loro coerenza e ispirazione, rendono credibili le beatitudini del Vangelo.
Ripeto ciò che ho affermato in altre circostanze, e, cioè, che la nostra civiltà cristiana rischia di scomparire per debolezza interna, prima ancora che per aggressione dal di fuori. Infatti, il bambino Gesù è minacciato dai rappresentanti del suo popolo, non da nemici esterni. Sulla testimonianza dei martiri che è seme di cristiani, prevale l’indifferenza dei fedeli che è germe di paganesimo. Ieri, abbiamo evangelizzato noi le genti pagane. I nostri missionari e le nostre missionarie hanno raggiunto le terre più lontane, per annunciare a tutti la novità del vangelo di Gesù. Oggi, sono i sacerdoti che provengono dai paesi del terzo mondo a portarci la novità e la freschezza del vangelo. Il nostro cristianesimo è stanco, sfiduciato, rassegnato, mentre questi ministri di Dio portano l’entusiasmo dei convertiti, la gioia di chi ha trovato il senso della vita, la felicità di chi ha veramente incontrato il Signore.
Cari fratelli e sorelle,
i Magi hanno seguito una stella; i pastori hanno sentito la voce degli angeli. Entrambi avevano in comune il cielo. Si sono lasciati guidare dal cielo e hanno trovato il Dio bambino. Vi auguro di lasciarvi guidare dal cielo nelle vostre scelte e nelle vostre decisioni. Forse non troverete un Dio bambino. Di sicuro troverete qualcuno da aiutare, da amare, da perdonare. Per costui sarà la gioia del dono ricevuto. Per voi sarà la gioia del dono donato. Dio vi benedica e dica bene di voi.

Amen.