Omelia per Sant’Archelao

15-02-2024

Omelia per la festa di s. Archelao

Illustri Autorità Civili e Militari, Signor Sindaco della città di Oristano, fratelli e sorelle, il Signore vi dia Pace!

La celebrazione della Solennità di Sant’Archelao, Patrono della città e dell’Arcidiocesi di Oristano, è una felice occasione per innalzare a Dio la preghiera per la nostra comunità, con un ricordo speciale per i tanti uomini e donne che spendono quotidianamente, e spesso in silenzio, la loro vita, nei vari ambiti di servizio, per il bene di tutti.

La liturgia della Parola ci riporta ai primi tempi del cristianesimo, nei quali i cristiani dovevano testimoniare con coraggio la loro fede in Gesù Cristo, ricevendo per questo motivo gli insulti, la persecuzione, la privazione della libertà e anche la morte. Il Salmo responsoriale echeggia le parole di un perseguitato di ieri, dove ogni perseguitato di oggi si può facilmente identificare. Dice il salmo: mi assalgono i malvagi, avversari e nemici, si accampa un esercito, divampa la battaglia, arriva il giorno della sventura. Sono parole amare che però poi si aprono alla speranza quando lo stesso salmo conclude: Il Signore è mia luce e mia salvezza. La persecuzione fa parte del cammino del cristiano poiché Gesù stesso l’ha subìta e lo aveva predetto: Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi (Gv 15,20).

Queste parole si sono avverate per le comunità cristiane dei primi secoli. All’interno dell’Impero Romano i seguaci di Cristo sono visti con sospetto, ritenuti atei, perché non vogliono adorare Cesare, né bruciare incenso alle divinità che l’impero accoglie nel suo Panteon. La persecuzione giunge da diversi fronti e la comunità è cosciente che queste persecuzioni sono sofferte per il fatto di proclamare il nome di Gesù, di riconoscerlo come unico Dio, di proclamarlo Signore, cioè a motivo della fede. È nel contesto della persecuzione di quei primi secoli che si inserisce la vicenda umana e spirituale di Archelao: un convertito, forse legato al ceto militare o alla comunità giudaica stanziata a Fordongianus. Egli si trova a dover scegliere tra l’obbedienza alle leggi dello Stato, ai decreti dell’Imperatore, oppure alla propria coscienza e alla scelta di fede in Cristo.

Non è nuovo questo dilemma! Già lo avevano affrontato i primi discepoli del Maestro. Lo stesso Apostolo Pietro, imprigionato dal Sinedrio, lo proclama con chiarezza (At 5,29): Bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini. Sebbene in contesti diversi, ciò che vive Archelao non è lontano dai dilemmi che sono anche i nostri: l’esigenza di aderire alla scelta di fede, di proclamarla, di farne metro di discernimento per l’agire quotidiano.

Anche noi cristiani siamo tentati dalle pressioni del gruppo, dalle mode, come pure dalla tentazione di voler una fede a propria misura, che non disturba ed è poco esigente. Come diceva papa Benedetto XVI in una sua omelia esistono forme sottili di dittatura: un conformismo che diventa obbligatorio, pensare come pensano tutti, agire come agiscono tutti, e le sottili aggressioni contro la Chiesa, o anche quelle meno sottili, dimostrano come questo conformismo possa realmente essere una vera dittatura. (Omelia Pont. Comm. Biblica, 15 aprile 2010).

Il messaggio che ci proviene dalla vita e dal martirio di Sant’Archelao è attuale! Il contesto storico in cui viviamo è certo lontano e diverso da quello che ha vissuto Archelao, ma non per questo meno impegnativo o privo di sfide. Infatti, la nostra vocazione cristiana chiede di essere testimoniata con autenticità, coerenza, verità, e generosità. Non possiamo nascondere che viviamo in un contesto culturale e sociale dove esistono tanti motivi di tensione, un esasperato individualismo, una preoccupante concentrazione sui propri bisogni e la tentazione di chiudere gli occhi sulla povertà e la sofferenza degli altri. In questo esame di coscienza includo anche la comunità di Oristano e la nostra Chiesa come istituzione. Facciamo fatica a essere accoglienti, generosi. Ci sono contraddizioni nella nostra comunità, nella stessa città, che da una parte ha manifestato nel passato e manifesta oggi generosità e accoglienza con le persone ai margini, con i poveri, ma poi, si stanca presto e proprio coloro che sono più bisognosi, che hanno bisogno di una casa, di un tetto, non vengono accolti, non li si considera.

Dobbiamo riconoscerci tutti deboli e un po’ egoisti, e disporci con più convinzione per fare insieme uno sforzo concreto perché i poveri non siano trascurati. Non voglio in questa riflessione solo mettere in evidenza le ombre, poiché esistono anche luci. Il bene fatto va riconosciuto: sia la Caritas come pure i servizi sociali cercano di aiutare, di trovare strade nuove per venire incontro alle tante problematiche che vive la nostra città.

Eppure, dobbiamo domandarci se la nostra mentalità non sia troppo chiusa in sé stessa. La nostra gente chiede di essere ascoltata con attenzione, vuole un impegno non solo parziale o che si preoccupi di un gruppo ristretto, ma di una visione condivisa di bene che si apre a tutti. Non si tratta di essere pessimismi, già che ci sono nella nostra città innumerevoli volti di persone che costruiscono il bene comune, che si impegnano ogni giorno nelle istituzioni e nel volontariato. Quelli che si dedicano a insegnare, a integrare i figli e le famiglie, anche di immigrati; quelli che nel mondo della salute si prendono cura dei malati, anche se spesso non sono valorizzati o hanno condizioni difficili di lavoro; quelli che si fanno carico dei disabili e delle diverse forme di dipendenza per aiutare la società a non implodere.

Su che cosa puntare? Solo investendo sulle persone e la qualità delle nostre relazioni personali e istituzionali possiamo pensare di farcela. È necessario un massiccio e consapevole investimento nell’educazione dei giovani, per aprire le loro menti e i loro cuori a mettersi in relazione con tutti, a uscire dall’indifferenza, ad aprire gli occhi verso chi e più svantaggiato. Ecco il nostro modo di vivere la vocazione cristiana, nel nostro tempo, nella nostra storia, così come Sant’Archelao è stato capace di viverla e testimoniarla nel suo tempo.

+ Roberto, Arcivescovo