Sant’Ignazio da Laconi.

In cammino nella nostra Arcidiocesi

Continua il nostro viaggio nell’agiografia francescana in terra arborense.

In precedenza abbiamo visto le figure dei servi di Dio fra Nicolò da San Vero Milis e di mons. Giovanni Sotgiu e, la volta scorsa, la figura silenziosa e luminosa del Beato Nicola da Gesturi.

Ora lasciamo Gesturi e la Marmilla e raggiungiamo il borgo di Laconi in appena 30 minuti d’auto e 26 km di strada. Geograficamente parlando ci troviamo nel Sarcidano mentre spiritualmente parlando siamo nel cosiddetto Triangolo benedetto, che racchiude i centri di Laconi, Genoni e Gesturi. In questi tre paesi, infatti, vi è la più alta concentrazione di santità della Diocesi arborense approvata ufficialmente dalla Chiesa nei suoi quattro gradini: Servo di Dio, Venerabile, Beato e Santo.

Partendo dal primo gradino incontriamo, anzitutto, il Servo di Dio p. Raffaele Melis (Genoni 1886 – Roma 1943). Durante la II Guerra Mondiale, p. Melis sacrificò la sua vita mentre amministrava il sacramento dell’Unzione ai feriti in seguito a un bombardamento nella Capitale avvenuto nei pressi della parrocchiale Sant’Elena; sempre a Genoni, nella cappella della Casa Madre, riposano le spoglie del Venerabile p. Felice Prinetti (Voghera 1842 – Pisa 1916), fondatore nel 1888 delle Figlie di San Giuseppe; quindi, il Beato Nicola da Gesturi e infine, Sant’Ignazio da Laconi. Questi quattro, insieme a San Simaco (Simaxis), fra Nicolò da S. V. Milis e mons. Piovella entreranno a far parte della Via Sanctorum arborense.

L’iniziativa, proposta dall’Ufficio della Pastorale del Turismo, Tempo libero e Sport all’Arcivescovo, fu accolta e formalizzata nel 2020 da mons. Carboni con una lettera ufficiale inviata ai primi cittadini e ai rispettivi parroci dei luoghi di appartenenza delle figure citate, ma il Covid ha costretto a rimandare l’inaugurazione. La Via Sanctorum come la Via Martyrum spinge la Chiesa in uscita. La pone, pertanto, in cammino sinodale, aiutandola a interrogarsi sulla qualità della propria testimonianza in un ascolto attento e profondo del Vangelo della gioia così che la vita di ogni battezzato e di ogni comunità si apra alla conversione e, con l’aiuto della Grazia, si corrobori nella comunione per giungere alla santità.

E in effetti questi 4 figli di San Francesco, nel loro abbracciare lo stato religioso, da giovani, sono un esempio stimolante per i loro fratelli, come ci ricorda la LG 13: ecco perché la tappa di Laconi può essere, se vissuta con fede, un’occasione per interrogarsi, soprattutto se si è giovani, sulla vita come vocazione, senza escludere quella di speciale consacrazione. Nella speranza che il triangolo benedetto eserciti il fascino desiderato, vi ricordiamo che anche la santità è una tentazione irresistibile. Buon cammino a Laconi, Gesturi, San Vero Milis e Norbello alla scoperta dei paesi natali dei nostri 4 amici francescani arborensi.

Nel paese di Sant’Ignazio

Vi proponiamo quattro tappe da meditare nel paese di Sant’Ignazio, quasi si trattasse di percorrere un itinerario interiore.

La prima tappa è la casa natale, il focolare domestico, dove il 17 dicembre 1701 venne alla luce il piccolo Vincenzo Peis. Dopo aver visitato e pregato nella stanza col tetto in canne, chiedete a Monica o Patrizia di voler parlare con la zia Paola. Ultranovantenne, per oltre 65 anni Paola è stata la portinaia e custode della casa del Santo. Ascoltatela mentre vi narra il dialogo profondo e intimo che ha stretto con lui; ascoltate l’indicibile e osservate la gioia e la bellezza che emanano i suoi occhi.

E proseguiamo con la seconda tappa. Lasciata la casa natale, percorrete le vie Sant’Ignazio e Sant’Ambrogio per giungere sino alla parrocchiale, distante appena cinque Ave Maria. Si tratta del percorso fatto dai genitori di Vincenzo il 18 dicembre 1701 perché ricevesse il Santo battesimo dalle mani del Rettore Cosimo Bonaventura Manis (1882-1939) e poi nel 1707 la Santa Cresima dall’arcivescovo Francesco Masones Nin (1704-1717). È lo stesso tratto che, poi, su santixeddu ha ripetuto infinite volte per partecipare e servire la messa. Entrati in chiesa, dopo aver pregato il Signore, mirabile nei suoi santi, sostate presso il battistero dove Vincenzo divenne figlio di Dio e venne incorporato alla Chiesa; portatevi quindi sino alla cappella, abbellita dai mosaici del M° Gatto, che ha voluto lasciare la sua firma disegnandosi come felino, e sostate sulla prima scena che raffigura il nostro Santo in groppa al cavallo imbizzarrito nel momento in cui sta per rovinare dalla rupe Carradore. Un intervento miracoloso lo salva provvidenzialmente. In una sorta di flashback vivissimo, Vincenzo ricorda la promessa del voto disatteso, fatto due anni prima, quando cadde gravemente malato, di farsi frate cappuccino, semmai fosse guarito. Reitera il voto e stavolta lo mantiene. Ne parla a casa e raggiunge col padre il convento a Cagliari.

La terza tappa consigliata è il parco e il palazzo Aymerich, ora sede del Museo del Menhir. Impossibile non visitare questo polmone verde e non ripensare a San Francesco d’Assisi e all’enciclica di papa Francesco, la Laudato Si’, con ciò che ne consegue: la cura e custodia della Casa comune. Le fresche e dolci acque che vi scorrono con la cascata perenne, i vari sentieri vi aiuteranno a comprendere che siamo chiamati a seminare bellezza e non inquinamento e dar lode al Creatore, coltivando un’ecologia integrale attenta al creato e ai poveri.

Infine, quarta tappa, la visita al Museo dei Menhir (www.menhirmuseum.it) ci appare doverosa, non solo per il ricco patrimonio concernente la statuaria preistorica della Sardegna ma pure perché si deve proprio alla mediazione del suo ex proprietario, il marchese Gabriele Aymerich se Vincenzo, il 2 novembre 1721, dinanzi al no del Provinciale Francesco Maria, a motivo della gracile costituzione del laconese, non se ne ritornò a casa triste ma rassegnato. Interpellato dal padre di Vincenzo, don Gabriele Aymerich si rese disponibile a incontrare il giorno dopo il Padre Provinciale. Incontro che sbloccò la risposta negativa e lo stesso giorno Vincenzo venne accolto nel convento di Buoncammino; il 10 novembre, col nome di Ignazio, vestì l’abito cappuccino e, sotto la direzione di fra Luigi da Nureci, iniziò il periodo del noviziato. E qui ci fermiamo, ben consapevoli, che il capitolo Cagliari è molto più ampio e conosciuto ai più.

Ignazio Serra