La celebrazione della Pasqua del Signore è un’occasione propizia per meditare sull’importanza del mistero della risurrezione di Gesù. E ciò per due motivi. Il primo, perché la risurrezione di Gesù dai morti è il fondamento della fede cristiana. Il secondo, perché essa ci indica il modo concreto di vivere e testimoniare la medesima fede cristiana.
Per quanto riguarda il fondamento della fede, l’Apostolo Paolo afferma solennemente che se Cristo non fosse risorto, la nostra fede sarebbe vana. Sarebbe, cioè, tutt’al più, l’adesione a un’ideologia, a un progetto di vita spirituale, a un programma di morale, ma non una relazione con una Persona, che dà senso alle cose e ai sentimenti della vita. E’ vero che il simbolo più conosciuto del cristianesimo è il Crocifisso. Ma, il Crocifisso evoca solo la passione e la morte di Gesù in croce. Il mistero pasquale completo evoca anche il Cristo Risorto. Infatti, la sfida del male e della morte Gesù l’ha vinta risorgendo dai morti. E Gesù non è risorto per se stesso, per una sua rivincita personale sul male, ma come primizia dei risorti. S. Paolo scrive ai cristiani di Corinto: “Ora invece, Cristo è risorto dai morti, primizia di coloro che sono morti” (1Cor 15, 20). Gesù si è fatto uomo per la nostra salvezza, e la realizzazione della salvezza è avvenuta proprio con la risurrezione dai morti.
Riguardo al modo di vivere il mistero pasquale, Papa Benedetto XVI ha scritto che “dalla Pasqua si irradia tutta la liturgia della Chiesa, traendo da essa contenuto e significato. La celebrazione liturgica della morte e risurrezione di Cristo non è una semplice commemorazione di questo evento, ma è la sua attualizzazione nel mistero, per la vita di ogni cristiano e di ogni comunità ecclesiale, per la nostra vita. Infatti, la fede nel Cristo risorto trasforma l’esistenza, operando in noi una continua risurrezione, come scriveva san Paolo ai primi credenti: “Un tempo infatti eravate tenebra, ora siete luce nel Signore. Comportatevi, perciò, come figli della luce; ora il frutto della luce consiste in ogni bontà, giustizia e verità” (Ef 5, 8-9).Come possiamo allora far diventare “vita” la Pasqua?, si chiede Benedetto XVI. Come può assumere una “forma” pasquale tutta la nostra esistenza interiore ed esteriore”? E il papa emerito risponde: “dobbiamo partire dalla comprensione autentica della risurrezione di Gesù: tale evento non è un semplice ritorno alla vita precedente, come lo fu per Lazzaro, per la figlia di Giairo o per il giovane di Nain, ma è qualcosa di completamente nuovo e diverso. La risurrezione di Cristo è l’approdo verso una vita non più sottomessa alla caducità del tempo, una vita immersa nell’eternità di Dio. Nella risurrezione di Gesù inizia una nuova condizione dell’essere uomini, che illumina e trasforma il nostro cammino di ogni giorno e apre un futuro qualitativamente diverso e nuovo per l’intera umanità. Per questo, san Paolo non solo lega in maniera inscindibile la risurrezione dei cristiani a quella di Gesù (cfr.1Cor 15,16.20), ma indica anche come si deve vivere il mistero pasquale nella quotidianità della nostra vita”.
Nella Lettera ai Colossesi, S. Paolo scrive: “Se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove è Cristo seduto alla destra di Dio, rivolgete il pensiero alle cose di lassù, non a quelle della terra” (3,1-2). Il santo gesuita cileno Alberto Hurtado, ricordato da Papa Francesco nel suo viaggio in Cile, ha scritto: “va molto bene non fare il male, ma è molto male non fare il bene.” Non possiamo ridurre, quindi, il nostro cristianesimo ad una collezione di divieti e proibizioni. Il cristianesimo non è la religione dei comandamenti, ma delle virtù e delle beatitudini. Queste sono: vita, dinamismo, creatività. Il campo dove fare del bene è immenso. Ognuno troverà tempi e modi per dire una buona parola, compiere un gesto di carità, testimoniare la gioia del Vangelo. Lo Spirito del Risorto caricherà di profezia ogni gesto compiuto nel Suo nome e per la Sua gloria.