Walk in progress è il titolo del pellegrinaggio Interdiocesano organizzato dalla Pastorale Giovanile Regionale e dal Centro Regionale Vocazioni, una tappa del percorso che quest’anno ci vede impegnati per il Sinodo dei Vescovi sui Giovani. Nella nostra vita molto spesso ci muoviamo come pellegrini senza una meta, vagando senza trovare un luogo dove trovare la pace del proprio cuore. In questa strada incontriamo tante persone, tanti volti con cui condividiamo il cammino, è questa l’esperienza che voglio raccontarvi.
Il pellegrinaggio è una metafora della vita, richiede di rischiare per raggiungere una meta desiderata. È allo stesso tempo una sfida, ci chiede di uscire da noi stessi per andare incontro all’altro; ma in questo ci sono delle incognite perché incontriamo persone che non conosciamo. Il nostro percorso è iniziato dalla chiesa di Santu Lussurgiu, prima tappa del nostro viaggio.
Questo è stato Il primo luogo di incontro, una tappa che può portare dentro sia la gioia di un nuovo incontro che la paura della novità, e porta a sperimentare la presenza di Dio nella nostra Vita. Penserete sicuramente: ma perché ho usato la parola “paura”? Perché penso che incontrare qualcuno sia aprire la propria vita all’altro senza scorciatoie, senza vestiti preconfezionati e, come ha detto il Monsignor Morfino, senza trucchi, per poter far conoscere chi siamo veramente.
Questo pellegrinaggio ci richiedeva di lasciare a casa le nostre sicurezze per affidarci a Dio. Ci sono stati affidati vari spunti durante il percorso, uno dei quali è fare silenzio dentro di sé per ascoltare la voce del cuore. Quella voce che è stata definita come la parte più vera e profonda di noi stessi, l’essenza della nostra anima che ci permette di conoscere il nostro vero scopo nella vita. Ascoltare col cuore significa essere realmente interessati, significa aver voglia di apprendere e di sorprendersi. Ascoltare col cuore è dedicare tutta l’attenzione, tutto il tempo all’ascolto di chi abbiamo davanti. Per poter ascoltare, però, ci vuole un interlocutore, qualcuno che parli, e che parli interessato alla nostra vita. Gesù parla alla nostra vita, parla al nostro cuore, e ci chiede di seguirlo. Da parte nostra però ci deve essere una risposta, vogliamo fidarci di Dio? In questo pellegrinaggio ci hanno detto che volutamente le tematiche sarebbero state molto forti e profonde per tentare di scuoterci, di riflettere su noi e sugli ostacoli che ci bloccano nell’andare oltre noi stessi.
Ogni tappa ci chiedeva un piccolo compito, un confronto, prima con una persona amica che ci conosce, poi con un’altra persona di un’altra parrocchia/paese della propria Diocesi, poi con una persona di un’altra diocesi, infine con un educatore che ha condiviso con noi il pellegrinaggio. Dio parla alla nostra vita anche attraverso le persone che ci mette intorno e nel confronto possiamo vedere un pezzo del Suo volto nell’altro.
Finora mi sono soffermato sull’aspetto dell’incontro ma non posso dimenticare un’altra cosa fondamentale, la strada da percorrere. Questa non è una strada sempre facile ma, come quella percorsa in quest’occasione, può essere una strada tortuosa con salite faticose e sentieri che possono portarci fuori dai nostri obbiettivi. Può esserci la pioggia, può arrivare una tempesta, ma queste intemperie non ci devono scoraggiare ma insegnarci ad essere forti e tenaci.
La vita ha tanti ostacoli, bisogna solo imparare a superarli, trovare la strada giusta da percorrere, trovare l’andamento giusto e, passo dopo passo, dirigersi verso la meta.
La strada, le persone ci cambiano, ci fanno crescere e, assaporando ogni attimo del viaggio, ci fanno diventare persone diverse da quando siamo partiti.
Se poi nostro compagno di viaggio è Cristo possiamo diventare persone nuove in Lui.
L’ ultima tappa del pellegrinaggio è stata San Leonardo, dove abbiamo condiviso il pasto, un momento di festa.
La Messa è stata il momento conclusivo della giornata ma solo una tappa intermedia del più lungo percorso che è la nostra vita.