Non solo nell’esortazione apostolica Amoris Laetitia, ma anche in tante altre occasioni Papa Francesco ricorre ad un criterio proposto dal Concilio Vaticano II, spesso dimenticato e trascurato: la gerarchia delle verità.
Con il ricorso a questo principio conciliare, Francesco ci invita a riconoscere che, molte volte, i precetti della dottrina morale della Chiesa vengono proposti fuori dal contesto che dà loro significato. Il problema maggiore si ha quando il messaggio che la Chiesa annuncia si identifica soltanto con questi aspetti che tuttavia non manifestano per intero il cuore del messaggio di Gesù Cristo. Mentre una pastorale missionaria non può essere ossessionata dalla trasmissione disorganizzata di un insieme di dottrine da imporre con la forza dell’insistenza.
Quando la Chiesa assume uno stile missionario diretto a tutti, senza eccezioni o esclusioni, l’annuncio si concentra sull’essenziale, su ciò che c’è di più bello, di più grande, di più attraente e nello stesso tempo di più necessario. Certo, tutte le verità rivelate sono credute con la medesima fede, ma alcune di loro sono più importanti perché esprimono più direttamente il nucleo fondamentale che è la bellezza dell’amore salvifico di Dio manifestato in Gesù Cristo. Ci deve essere una proporzione adeguata soprattutto nella frequenza con la quale alcuni argomenti o accenti vengono inseriti nella predicazione. Per esempio, se un parroco lungo l’anno liturgico parla dieci volte di morale sessuale e soltanto due o tre volte dell’amore fraterno o della giustizia, vi è una sproporzione. Ugualmente se parla spesso contro il matrimonio fra omosessuali e poco della bellezza del matrimonio. Oppure se parla più della legge che della grazia, più della Chiesa che di Gesù Cristo, più del Papa che della parola di Dio. Insomma, ogni verità si comprende meglio se posta in relazione armoniosa con tutto il messaggio cristiano, perché in tale contesto tutte le verità si illuminano a vicenda.
Il Vangelo invita soprattutto a rispondere all’amore salvifico di Dio, riconoscendolo negli altri e in se stessi, al fine di cercare il bene di tutti. “Questo invito non dovrebbe essere posto per nessun motivo in secondo piano! Se questo invito non brilla con forza e attrazione, la morale della Chiesa rischia di diventare come un castello di carta: è qui che risiede il nostro più grande pericolo. Il messaggio perde la sua freschezza e cessa di avere il cosiddetto odore del Vangelo. Certo, c’è poi anche lo stile del Papa, che non solo mira all’essenziale, ma lo esprime in modo chiaro e con segni. E a giudicare dagli effetti di questo fenomeno, non possiamo che guardarlo con occhi positivi, seppure esso dia fastidio in alcuni luoghi minoritari e poco rappresentativi dell’intera Chiesa”.
In un saggio poco conosciuto dal titolo La bellezza educherà il mondo, Papa Francesco ha scritto che “le certezze assolute sono il rifugio di chi ha paura, e “chi si rifugia nel fondamentalismo è una persona che ha paura di mettersi in cammino per cercare la verità”. “La nostra relazione con la verità non è statica poiché la Somma Verità è infinita e può sempre essere conosciuta maggiormente; è sempre possibile immergersi di più nelle sue profondità. Ai cristiani, l’ apostolo Pietro chiede di essere pronti a rendere ragione della loro speranza; vuol dire che la verità su cui fondiamo l’ esistenza deve aprirsi al dialogo, alle difficoltà che altri ci mostrano o che le circostanze ci pongono”. Per il Pontefice, “il possesso della verità di tipo fondamentalista manca di umiltà: pretende di imporsi sugli altri con un gesto che, in sé e per sé, risulta autodifensivo. La ricerca della verità non placa la sete che suscita”. Così, “la verità non s’ incontra mai da sola. Insieme a lei ci sono la bontà e la bellezza”. Secondo Papa Francesco, “è sempre ragionevole, anche qualora io non lo sia, e la sfida consiste nel mantenersi aperti al punto di vista dell’altro, senza fare delle nostre convinzioni una totalità immobile”.