Dove abita la gioia? È la domanda che affiora davanti al vangelo di questa XXVIII Domenica del Tempo Ordinario: per il cristiano, la vera gioia abita nell’incontro con Dio, nel poter indossare l’abito della festa e partecipare al banchetto della vita.
Una risposta la troviamo nella vita di Carlo Acutis, un giovane profondamente innamorato dell’Eucaristia; soleva spesso ripetere una frase, diventata poi il suo motto: Non io, ma Dio!
Carlo, nato a Londra nel 1991, fu segnato da una fede profonda sin dall’infanzia. La mamma Antonia ricorda che: sin da piccolino, a tre anni, manifestava il suo amore per Gesù e chiedeva di entrare in Chiesa per salutarlo e per portare i fiori alla Madonna. A sei anni aveva già un sogno nel cassetto: la gioia più grande era poter fare la Prima Comunione e incontrare finalmente Gesù nell’Eucaristia; un sogno che si realizzò l’anno dopo a Milano.
Da quel giorno, il più bello della sua vita, nel cuore di Carlo iniziò a maturare un amore smisurato per l’Eucaristia, coltivato dalla Messa quotidiana e dall’adorazione eucaristica. Come tutti i ragazzi della sua età, era appassionato di tecnologia, tanto che veniva considerato un piccolo genio informatico. Una passione che Carlo riuscì a usare per evangelizzare e soprattutto per aiutare gli altri. Un esempio dell’amore per la tecnologia, unito al desiderio di servire Gesù, è evidente soprattutto nella mostra online sui miracoli eucaristici che organizzò durante un’estate in cui si trovava in vacanza ad Assisi. Il suo scopo era fare in modo che tanti potessero conoscere, amare e vivere dell’Eucaristia.
Carlo sapeva che l’unico vero tesoro sulla terra è l’Eucaristia, e proprio per questo diceva spesso che l’Eucaristia è la nostra autostrada per il Cielo. All’inizio delle medie scoprì in Francesco d’Assisi un amico speciale, di cui cercava in tutti modi di imitare l’umiltà e l’essenzialità; ben presto arrivò a dire: essere sempre unito a Gesù, ecco il mio programma di vita!
Un programma che raggiunse il culmine nell’improvvisa malattia che lo colpì. Racconta la mamma: La malattia è stata rapidissima, si pensava a una banale influenza invece gli diagnosticarono la leucemia fulminante e glielo comunicarono immediatamente. Il Signore mi ha dato una bella sveglia mi disse e lui capì subito che da quel pronto soccorso non ne sarebbe uscito vivo. Carlo aveva solo 15 anni! Il ricordo che ho di lui è che si è addormentato serenamente, con un sorriso bellissimo.
La sua morte è stata il coronamento di una vita verso Dio. Poco prima di incontrare il suo amato Gesù disse: Da sempre siamo attesi in Cielo! Sono contento di morire perché ho vissuto la mia vita senza sciupare neanche un minuto di essa in cose che non piacciono a Dio.
Anche a noi Carlo chiede la stessa cosa: raccontare il Vangelo con la nostra vita, per vivere da originali e non morire come fotocopie!
A cura di Antonello Angioni, seminarista
Pubblicato su L’Arborense n.34/2020