Il lungo Tempo Forte della Quaresima non poteva non sfociare in un’esperienza toccante, per l’intera comunità ecclesiale, da vivere con grandissimo e impegno e pathos spirituale: la Settimana Santa, chiamata dai Padri della Chiesa anche Grande Settimana.
La formazione di questa particolarissima settimana, che introduce e custodisce le celebrazioni del Triduo, ha origini molto antiche; il Triduo Sacro però rimane il vero cuore dell’Anno liturgico. Come la settimana ha il suo inizio e il suo punto culminante nella celebrazione della domenica, contrassegnata dalla caratteristica pasquale, così il culmine di tutto l’Anno liturgico rifulge nella celebrazione del sacro Triduo pasquale della Passione, Morte e Risurrezione del Signore, preparata nella Quaresima ed estesa gioiosamente per tutto il ciclo dei seguenti cinquanta giorni (Cinquantina pasquale), fino alla Pentecoste.
Nella Settimana Santa la Chiesa celebra i misteri della salvezza portati a compimento da Gesù Cristo negli ultimi giorni della sua vita, a cominciare dal suo ingresso messianico in Gerusalemme.
A proposito di questi giorni, i libri liturgici (Messale, Lezionario e Pontificale) relativi alle celebrazioni del Triduo, insieme a tutte le indicazioni che la Chiesa ha dato, negli ultimi decenni, dalla Riforma conciliare a oggi, vengono offerte alle comunità alcune precisazioni: anzitutto si tratta di una settimana che sino alla messa vespertina del Giovedì santo fa ancora parte della Quaresima. Si tratta dei giorni conclusivi della Quaresima, nei quali tutta l’attenzione è rivolta alle celebrazioni del Triduo. Eventuali altre iniziative poste nel Triduo (es. concerti spirituali, pii esercizi come la Via Crucis, cene ebraiche, incontri di catechesi ecc.) rischiano di essere davvero ingombranti rispetto alla centralità del Triduo: il Triduo è troppo importante per essere messo in secondo ordine nella vita spirituale personale e comunitaria. La particolare importanza di questi giorni che precedono il Triduo chiede di spostare ad altra data anche le altre feste (ad esempio, le solennità dell’Annunciazione del 25 marzo e di san Giuseppe del 19 marzo): le ferie della settimana santa, dal lunedì al giovedì incluso, hanno la precedenza su tutte le altre celebrazioni (PS 31).
La Domenica delle Palme è la Porta della Settimana Santa e la collega in modo stretto e coinvolgente al Triduo pasquale: la Domenica delle palme è chiamata anche della Passione del Signore e tanto favore ha incontrato nella sensibilità del popolo cattolico, al punto tale da registrare picchi di presenze alle celebrazioni superiori alla stessa celebrazione di Pasqua.
Nella comprensione della caratteristica propria di questa domenica, è importante recepire l’indicazione riportata dal Cærimoniale Episcoporum: nella domenica delle palme (nella passione del Signore) la Chiesa entra nel mistero del suo Signore crocifisso, sepolto e risorto, il quale, con l’ingresso in Gerusalemme, ha dato un presagio della sua maestà. I cristiani portano i rami in segno di quel regale trionfo che Cristo ha ottenuto, cadendo sotto la Croce. Secondo quanto dice l’apostolo: se veramente partecipiamo alle sue sofferenze per partecipare anche alla sua gloria, venga messo in luce nella celebrazione e nella catechesi di questo giorno il collegamento fra i due aspetti del mistero pasquale.
A cura di mons. Antonino Zedda
pubblicato su L’Arborense n. 13 del 2022