XIV Domenica del Tempo Ordinario. Il commento al Vangelo

Il Vangelo 

In quel tempo, il Signore designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi. Diceva loro: «La messe è abbondante, ma sono pochi quelli che vi lavorano! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi chi lavori nella sua messe! Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi; non portate borsa, né sacca, né sandali e non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada. In qualunque casa entriate, prima dite: “Pace a questa casa!”. Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché chi lavora ha diritto alla sua ricompensa. Non passate da una casa all’altra. Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà offerto, guarite i malati che vi si trovano, e dite loro: “È vicino a voi il regno di Dio”».Lc 10,1-12.17-20


Il commento

Molte culture orientali hanno una simbologia legata ai numeri. Il numero più che una quantità , è rivelazione di una segreta armonia. La Bibbia usa molto questa simbologia, come si vede anche dal vangelo di oggi. Sono 12 gli apostoli chiamati da Gesù: un numero simbolico che rimanda alle tribù, alla totalità di Israele, che in Cristo è ricostituito nell’unità.

Vi è anche un altro simbolo numerico: Designò altri 72 discepoli. È il numero biblico che evoca i 70 anziani intorno a Mosè, cioè l’intero popolo. Come mai Gesù divide gli annunciatori a due a due? L’intento del Maestro è ribadire come il vero annuncio, più che con la parola, il discepolo lo deve vivere nella vita, nella testimonianza della comunione fraterna e della carità operosa.

Un’altra domanda sorge spontanea: A chi è affidato l’annuncio evangelico, agli apostoli o a tutti i discepoli? Gesù, nell’invio dei 72, lascia intravedere che è di tutti i discepoli, di tutti coloro che hanno accolto il vangelo. Colui che ha incontrato il Signore diventa un annunciatore, un testimone, un missionario. La missionarietà infatti non dipende dall’iscrizione a un’associazione o da un movimento, ma deriva immediatamente dal Battesimo. La messe è molta, ma sono pochi gli operai. Pregate!

Il comando di Gesù di pregare il Padrone della messe non è semplicemente l’invito a chiedere a Dio un numero considerevole e adeguato di annunciatori del Vangelo, ma l’esortazione a riconoscere il primato del Padre su ogni aspetto della missione. Nella preghiera, nell’intimo e costante dialogo con il Signore, la missione riceve fecondità e l’inviato impara a custodire l’umiltà e la consapevolezza della propria pochezza, dinanzi alla Parola che è chiamato ad annunciare. Solo grazie alla preghiera può diventare concreto e quotidiano l’invito di Gesù: non portate borsa, né bisaccia, né sandali. Il discepolo porta solo l’unica cosa che conta: Gesù Cristo e la sua proposta di salvezza. Proprio per questo accetta di essere indifeso, inerme, di non contare sulle proprie forze. In tal modo impara ad affidarsi soltanto alla protezione del Signore che ha promesso: sono con voi tutti i giorni.

La presenza costante del Cristo nel cammino di testimonianza permette anche di accettare i fallimenti del cammino. L’esortazione a scuotere la polvere dai piedi contro chi non accetta la proposta di Gesù non è da leggersi in un atteggiamento fondamentalista. Piuttosto raccomanda al discepolo di non cadere vittima dell’ansia di venire accettati da tutti e di voler a tutti i costi raggiungere ogni persona.

Nostro compito è l’annuncio e la testimonianza; l’ascolto e l’adesione è lasciato alla libera accettazione dell’altro. In questa domenica d’estate, Cristo invita il cristiano a liberarsi dal disfattismo e dal pessimismo imperante per vivere l’ottimismo di un vangelo di speranza. Si è chiamati a non guardare al tempo attuale come se fosse un disastro, a non fermarsi alle sofferenze, alle ingiustizie, alla violenza e alla cattiveria, come se fossero fatalità insuperabili. Il vero missionario è colui che ha il coraggio di saper vedere il bene che c’è nella storia, di riconoscere che tante persone sono buone e compiono il bene anche se nessuno lo considera notizia. Sono queste persone lievito e piccolo seme di vangelo, primizie di una cultura di pace e di amore.

Antonello Angioni, parroco di Narbolia e Milis