La chiesa del Carmine a Oristano

La chiesa e il convento della Beata Vergine del Carmelo a Oristano sono il risultato del connubio tra due raffinati protagonisti della cultura signorile sarda del XVIII secolo: il ricco aristocratico e mercante don Damiano Nurra Concas, marchese d’Arcais, e il progettista piemontese Giuseppe Viana, interprete dei gusti dell’èlite sarda in ascesa. Tra il 1776 e il 1785 si attua il grandioso progetto di ricostruzione del convento e della chiesa che accoglierà le spoglie del marchese di Oristano e dei suoi discendenti. Nel 1773, il marchese d’Arcais dona 40.000 lire ai Carmelitani per la ricostruzione del convento in cambio del diritto di sepoltura nel presbiterio.

Ma la chiesa ha già uno storico sostenitore: il gremio dei sarti che detengono il patronato dal 1612. Non potendo opporsi ai loro diritti, attua uno stratagemma: propone ai Carmelitani di trasferirsi nel Conservatorio delle Orfanelle (che si trovava nell’antico palazzo del Marchese di Oristano) offrendo in cambio il vecchio convento carmelitano e al gremio, il patronato in una delle cappelle della nuova chiesa, senza alcun onere. I primi non accettano per non rinunciare alla loro sede storica, uno dei monumenti più importanti di Oristano, e il gremio, pur di conservare gli antichi privilegi e non perdere il prestigio dovuto alla presenza carmelitana, cede il patronato del presbiterio.

Nei progetti originari di Viana, che può sperimentare nuove proposte stilistiche grazie alle finanze della famiglia Nurra, la nuova chiesa è un tripudio di volumi curvilinei e rigonfi, di eleganza e leggerezza nelle sculture cesellate dai maestri intelvesi (o magistri antelami, furono una maestranza itinerante lombarda, specializzata in opere murarie, carpenteria e anche scultura, pittura e architettura, documentati in tutta Europa dal X al XVIII secolo), di armonica simbiosi tra presbiterio, balaustre e matronei (loggiato interno alle chiese originariamente riservato alle donne): chi si affaccia dalle tribune dei piani superiori della chiesa assiste a uno spettacolo straordinario, in cui protagonista è il sacro, dietro al quale si cela la ricerca di ossequio e ammirazione del marchese d’Arcais. Allo scultore Giovanni Battista Spazi vengono commissionati lo stemma dell’Ordine Carmelitano e gli arredi marmorei, tra cui l’elegante altare maggiore. I disegni realizzati da Viana e conservati nell’Archivio di Stato di Torino, sono una delle massime espressioni dell’architettura barocca e rococò settecentesca sarda: le tavole in acquerello, disegnate con abile tecnica, denotano la profonda conoscenza dell’autore dello stile architettonico piemontese.

Per la chiesa del Carmine di Oristano decide di adottare un modello planimetrico ben noto dagli architetti settecenteschi ma poco utilizzato: la pianta binata. La facciata è il risultato di un addolcimento delle forme del progetto iniziale, secondo uno schema che riproporrà anche nella Collegiata di Sant’Anna a Cagliari: paraste slanciate ai lati del portale che terminano con un robusto cornicione al di sopra del quale si trova il grande timpano con la vetrata, principale fonte luminosa della chiesa. Anche la cupola è un elemento di novità: originariamente assente, viene eretta in posizione dominante sul presbiterio. Non viene realizzato, invece, il campanile a cipolla, sostituito da un pinnacolo su cui Viana introduce un elemento che caratterizzerà la sua architettura: il rivestimento a schiena di drago che utilizzerà anche nelle cupole del Carmine e di palazzo Arcais.

Nel 1785 don Damiano Nurra vede coronato il suo sogno e Giuseppe Viana, grazie al prestigio derivante dai lavori del Carmine ottiene l’agognato titolo di Architetto per gli Stati al di là del Mare. Oggi la chiesa, di solito aperta tutti i lunedì, è sede della Confraternita del Carmine, recentemente ricostituita. È possibile visitarla nei giorni di preparazione alla festa, che si celebra il 16 luglio.

A cura di Rita Valentina Erdas

Pubblicato su L’Arborense n. 26 del 2022