Omelia per il diaconato di Francesco Soru e Marco Ruggiu

05-05-2024

Carissimi Marco e Francesco, carissimi tutti…

Le parole di Gesù che il vangelo di Giovanni (Gv 15,9-17) ci ha fatto ascoltare sono state pronunciate nel contesto dell’ultimo saluto del Maestro ai discepoli prima di affrontare la sua passione. Al centro di questo discorso, con ripetuta insistenza, noi troviamo la parola amore che nel vangelo di Giovanni ha una frequenza notevole: il verbo amare, infatti, ricorre 37 volte e il sostantivo amore sette volte. Una parola diffusa a piene mani, che ci fa comprendere come Gesù sia preoccupato di farla penetrare in profondità nel cuore di ciascuno dei discepoli, di ciascuno di noi.

Egli ci parla dell’amore di Dio per noi e dell’amore che il Padre ha per Suo Figlio. Il Padre ama il Figlio e gli ha dato in mano ogni cosa (3,35). Papa Benedetto XVI nella sua enciclica Deus Caritas Est vuole farci comprendere perché Dio ama il mondo. La risposta che il Papa dà è: perché l’ha fatto lui! Egli stesso è l’autore dell’intera realtà; essa proviene dalla potenza della sua Parola creatrice. Questo significa che noi siamo amati da Dio perché siamo sue creature, gli siamo care, ci ha voluto e fatto. Questo è il motivo per cui possiamo sentire amore verso Dio e sentiamo il suo amore verso di noi. Questo è anche il motivo della nostra felicità, come ci ricorda il Salmo 73: Chi altri avrò per me in cielo? Fuori di te nulla bramo sulla terra… Il mio bene è stare vicino a Dio (Sl 73,25).

A ciascuno di noi è chiesto di rimanere nell’amore ricevuto dal Padre e dal Figlio, e per far questo dobbiamo a nostra volta amare. L’amore può sussistere solo se produce altro amore. Il Padre ama Gesù; Gesù ama i discepoli; essi devono amarsi l’un l’altro (R. Brown). Amare significa però molte cose: in quale senso avrà usato Gesù questa parola? Nel brano di Giovanni, l’insistenza è posta sulla modalità dell’amore, un amore totale. Qui sta la differenza, spiegata da Gesù: Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici (v. 13). Ecco cosa intende il Cristo quando parla di amore: un amore che non si risparmia, ed è disposto a dare tutto, anche la vita. Se non è fino in fondo, l’amore cristiano, al pari di ogni sentimento umano, diventa pura retorica, buon proposito, capriccio, teoria… e anche noi credenti rischiamo a volte di svuotare di senso la parola, se non le conferiamo il significato usato da Gesù col dare la sua vita.

Cari Francesco e Marco questa riflessione sull’amore che Dio ha per noi e quello che noi dobbiamo avere per Lui e per i fratelli illumina la celebrazione che stiamo vivendo, la vostra ordinazione diaconale. Avviciniamoci al significato profondo di questa celebrazione. Si tratta di un evento di Chiesa a cui tutta la comunità è chiamata a partecipare. Infatti, ogni vocazione non è mai solamente un fatto personale, una risposta privata, essa è sempre anche evento comunitario, un fatto ecclesiale, una risposta della comunità che vi ha generato nella fede, vi ha accompagnati e sostenuti, in molti modi, nel vostro cammino.

Francesco e Marco  voi sapete bene che arrivate oggi a dire , accompagnati da tante persone che vi hanno sostenuto, hanno pregato per voi, vi hanno aiutato nel cammino formativo in tanti modi, iniziando dalle vostre famiglie, dalla comunità parrocchiale, dai formatori del Seminario, dai compagni di cammino vocazionale, dalle comunità cristiane dove avete esercitato il vostro impegno pastorale, dal presbiterio che, con affetto e la preghiera, vi ha sostenuti in questi anni e infine da me vostro vescovo, di cui siete i collaboratori, con cui avete fatto l’ultimo discernimento.

Nella preghiera di Ordinazione del Diacono, che tra poco sarà pronunciata su di voi, si invoca Dio Padre Onnipotente perché Siate immagine del Suo Figlio, che non venne per essere servito, ma per servire. Ecco tratteggiato il ritratto del vero discepolo e del diacono, caratterizzato dal servizio generoso, disinteressato, gratuito, al servizio dei piccoli, dei poveri, di coloro con i quali il Figlio dell’uomo si identifica. La vocazione diaconale è infatti un appello ad assumere i sentimenti di Gesù, Figlio del Padre che definisce sé stesso come colui che serve. Come si fa a prendere questa forma di Cristo, ad avere i suoi sentimenti? Si tratta certo di un dono del Signore: è Lui che ci conforma a suo Figlio. Ma si tratta anche della nostra risposta: Il cammino è quello di frequentare il Signore, di assimilarne progressivamente il suo stile, il suo modo di pensare e agire. Solo in questo modo le nostre azioni saranno generate da quelle due passioni che devono animare ciascuno di noi: la passione per Cristo e la passione per l’umanità.

Cari Marco e Francesco, non si tratta allora di fare tante cose, ma di fare bene, in profondità, con passione quelle che sono necessarie, e soprattutto di lasciar trasparire nel vostro agire l’Immagine del Figlio che si è fatto servo. Nella liturgia oggi sono risuonate queste parole: Scegliamo questi nostri fratelli per l’ordine del diaconato. Nella parola scegliamo c’è l’eco delle pagine evangeliche e della parola di Gesù: non voi avete scelto, ma io vi ho scelto. Il Signore, attraverso la voce e i gesti del vescovo vi sceglie per essere discepoli suoi.

Come potete tenere fede a queste promesse? Come essere servi al modo di Cristo servo? Come continuare la sequela e il discepolato? Come mantenere il cuore indiviso e obbediente alla promessa di celibato che avete fatto? Prima di tutto con un rapporto costante, profondo con il Signore. La Chiesa lo esplicita come un dovere alla preghiera. È certo un dovere ma prima di tutto deve essere l’ossigeno della vostra vita. Ma bisogna anche che il cuore sia aperto e innamorato e questo lo deciderà tutto. Non ci sono altri modi di portare frutto nella vita spirituale e anche nel ministero (se vogliamo che siano frutti duraturi) se non attraverso il tempo dell’incontro con Dio nella preghiera, facendo del dialogo un luogo di incontro e accoglienza di quell’amore che ci invia a portarlo agli altri. Che il Signore vi doni questa disponibilità di cuore.

+Roberto Carboni, arcivescovo