La santità della porta accanto si costruisce con i gesti semplici di cui è intessuta la ferialità.
Nel corso dell’anno liturgico ci sono anche le settimane del Tempo Ordinario, ossia quelle senza particolari celebrazioni dei misteri della vita di Gesù. Noi, considerandole “feriali”, diamo loro poca importanza. Infatti, nell’anno liturgico siamo abituati a celebrare con particolare solennità solo le feste del Signore, e, nella vita di società, soprattutto gli anniversari e compleanni. Eppure, se ci pensiamo bene, il tempo che dedichiamo alla celebrazione delle feste liturgiche e delle ricorrenze sociali è pochissimo. La maggior parte del nostro tempo è feriale e lo dedichiamo al lavoro quotidiano, alla vita di famiglia, alla scuola, alle visite ai parenti, alle relazioni con amici e conoscenti. Dovremmo, perciò, trovare modalità di vita spirituale per vivere bene anche questo tempo feriale.
Ma c’è, ora, una spiritualità del feriale e del quotidiano? O esiste solo quella della festa e dei cosiddetti tempi forti dell’Avvento, della Quaresima, della Pasqua? Che cosa da valore e senso alle cose che facciamo quotidianamente? Vittorio Messori, parlando dei sacerdoti, ha espresso la sua gratitudine per questi uomini che, nonostante mediocrità e angustie, “tengono aperte le infinite chiese del mondo, dove si celebrano le messe di ogni giorno e quelle per le tappe fondamentali della vita di ciascuno: battesimi, matrimoni, funerali. Chiese dove talvolta c’è anche il dono di un vecchio confessore che attende paziente per renderci certi, se solo lo vogliamo, del perdono di Cristo; dove ci sono panche, penombra e fiori, silenzio, lumini accesi, anche opere d’arte, se l’edificio è antico; dove, forse, è restato persino un sentore di incenso; dove chiunque può entrare, restare quanto gli aggrada, pregare o pensare o anche solo sostare senza che nessuno gli chieda conto del suo essere lì o lo importuni, perché non si è tolto le scarpe o non si è calcato lo zucchetto in testa o non ha uno scialle sulle spalle… Ho affetto, stima e direi pure tenerezza per gli uomini che chiamo “feriali”, di una Chiesa anch’essa feriale”.
Secondo Papa Francesco, esistono anche “santi feriali”, e, quindi, anche una “spiritualità feriale”. Infatti, nell’esortazione apostolica Gaudete et Exultate ha scritto: “Tutti siamo chiamati a essere santi vivendo con amore e offrendo ciascuno la propria testimonianza nelle occupazioni di ogni giorno lì dove si trova. Sei una consacrata o un consacrato? Sii santo vivendo con gioia la tua donazione. Sei sposato? Sii santo amando e prendendoti cura di tuo marito, di tua moglie […]. Hai autorità? Sii santo lottando a favore del bene comune e rinunciando ai tuoi interessi personali” (149). La santità della porta accanto si costruisce con i gesti semplici di cui è intessuta la ferialità: “Per esempio: una signora va al mercato a fare la spesa, incontra una vicina e inizia a parlare e vengono le critiche. Ma questa signora dice dentro di sé: “No, non parlerò male di nessuno”. Questo è un passo verso la santità” (GE, 16). In altri termini, la via della santità non è fatta di gesti eroici ma di gesti ordinari compiuti, però, in modo straordinario, come quelli del cardinale vietnamita Van Thuan. Costui, nel suo diario della prigione, così si esprimeva: “Vivo il momento presente, colmandolo di amore […]; afferro le occasioni che si presentano ogni giorno, per compiere azioni ordinarie in un modo straordinario” (GE, 17). Don Tonino Bello, dal canto suo, proponeva ai cristiani la santità feriale con l’esempio della Madonna, che pregava come donna feriale: “Santa Maria, donna feriale, forse tu sola puoi capire che questa nostra follia di ricondurti entro i confini dell’esperienza terra terra, che noi pure viviamo, non è il segno di mode dissacratorie. Se per un attimo osiamo toglierti l’aureola, è perché vogliamo vedere quanto sei bella a capo scoperto. Se spegniamo i riflettori puntati su di te, è perché ci sembra di misurare meglio l’onnipotenza di Dio, che dietro le ombre della tua carne ha nascosto le sorgenti della luce”.