* di Michele Antonio Corona
Quando si saluta un defunto si sperimenta il sapore della sua esistenza, poiché tutto torna al pettine e la verità non può più essere nascosta da imbrogli, maschere o diplomazie.
A volte il sapore è molto sgradevole e non occorrono esperti stellati per decretarne il dis-gusto. Altre volte, invece, non occorre neppure assaggiare: basta la fragranza. Molti lettori potranno dire di essersi trovati intorno alla bara di una persona appena defunta e aver visto ciò che era insperato, l’impossibile, ciò che è normalmente assurdo. Durante il tradizionale rito delle condoglianze a casa o in camera mortuaria possono vedersi abbracci di perdono tra persone che non parlavano da anni, sguardi di amicizia e di vicinanza tra parenti che si sono evitati per troppo tempo, rappacificazioni cristiane tra amici che si erano persi per cose veramente superflue o futili. Inoltre, in quel momento di dolore scopri dallo sguardo, dalla stretta di mano, dalla presenza, dalla sincerità il bene che ci si vuole. Capisci anche chi è uso fare convenevoli, chi è solo un usufruttuario della tua amicizia, chi sa essere molto parsimonioso di amore. Eppure, intorno alla persona che ha creato con discrezione e generosità legami e relazioni tra le persone, spesso lontane, quella semina abbondante ritorna con quei miracoli di riscoperta dell’altro, di perdono, di riavvicinamento, di scoperta del senso ultimo della nostra vita. Uno corre, strepita, rumoreggia, si ribella contro il mondo e non riesce a cambiare nulla; chi invece sa creare legami forti sarà abbracciato da tutto quell’amore diffusivo. Inoltre, nei nostri paesi è ancora in uso – ve lo garantisco – la tradizione benedetta per la quale vicini e parenti si preoccupano di portare cibo pronto nella casa del defunto per i suoi familiari. Niente è più buono di quei pasti, poiché preparati e cucinati con estremo amore.