I verbi della Liturgia. B come Benedire.

Eccovi un nuovo importante verbo liturgico: benedire. Si tratta di un verbo assolutamente fondamentale, anzi indispensabile in ogni azione liturgica. Tutta la Liturgia è pervasa da un senso profondo di benedizione non solo perché la liturgia è azione di grazie e di lode rivolta al Signore (dice-bene di Dio e della sua opera di salvezza), ma anche perché attesta che Colui che è il Benedetto (per antonomasia) ci Benedice: seconda la famosa massima medievale e monastica: Benedictus benedicat, Benedictus benedicetur (il Benedetto, cioè Dio, ci benedica, e, il Benedetto sia benedetto). Invece di partire dal concetto biblico di benedizione, che affronteremo più avanti, voglio partire dalle azioni più semplici, le benedizioni per poi scavare in profondità sul significato più autentico del termine e sulle azioni corrispondenti. Le benedizioni vengono esercitate molto spesso e riguardano differenti oggetti, persone e strutture, a seconda delle circostanze per le quali se ne fa richiesta. Nella prassi ordinaria delle nostre comunità parrocchiali capita, spesso, la richiesta di una qualche benedizione: si possono benedire rosari o oggetti devozionali, una nuova automobile, il luogo per una nuova attività lavorativa, una casa, i campi, le corone per la Vergine Maria, l’acqua da bere o per la benedizione battesimale, il pane o altri alimenti, i partecipanti a un convegno pastorale o i catechisti; coloro che si accingono a fare un pellegrinaggio etc.

Ma che cos’è una benedizione? Non vi nascondo che, a volte, mi viene il dubbio che chi chiede una benedizione non sappia bene cosa sta chiedendo e perché. L’esperienza pastorale mi ha insegnato che, nella maggior parte dei casi, alcuni fedeli nel chiedermi una benedizione, non mi sono sembrati convinti né coscienti, ho avuto invece l’impressione che non comprendano il senso vero della benedizione, il suo scopo e le necessarie disposizioni spirituali richieste perché si realizzi un vero momento di fede. Purtroppo capita spesso che ci troviamo di fronte a molte richieste per motivi di superstizione o di scaramanzia, alla stessa stregua di un rito magico portafortuna, come nel caso della signora che vuol fare benedire l’automobile perché ha subito parecchi incidenti, o quel contadino che mi ha chiesto di gettare un po’ di acqua benedetta sul suo campo perché finora ha prodotto più erbacce che verdura e frutta; oppure come quella volta che mi hanno chiesto di benedire la casa perché non dormo bene e di notte sento rumori… ma allora cosa è la benedizione cristiana? Le benedizioni si possono definire anzitutto come azioni invocative: sono, infatti, di solito, momenti nei quali si invoca Dio su persone, cose, oggetti, luoghi e strutture. Accanto a queste ci sono le benedizioni costitutive meglio note come consacrazioni. Queste ultime vengono dette così per il fatto che costituiscono la persona, per essere consacrata in modo speciale da Dio: benedizioni costitutive sono quelle della consacrazione delle vergini o la professione religiosa attraverso i voti di povertà, castità, obbedienza. Le prime azioni si possono anche definire sacramentali.

Il senso profondo della benedizione emerge da tutta la Bibbia: la benedizione è presente in ogni sua pagina come un tempo di profonda comunione di Dio con l’uomo e dell’uomo con Dio. Il verbo benedire in ebraico è reso dal termine baràk (in greco euloghèo) ed esso, in entrambe le versioni, ha il valore fondamentale di offrire una forza (virtù) di salvezzaPer semplificare si potrebbe dire così: quando il soggetto della benedizione è Dio e il destinatario è l’uomo (Dio benedice l’uomo), il verbo prende tutte le sfumature del donare. Quando Dio benedice una persona o una cosa, Egli offre a quella persona o a quella cosa una virtù salvifica. Quando, invece, il soggetto del verbo è l’uomo e il destinatario è Dio (l’uomo benedice Dio), il verbo prende tutte le sfumature del ringraziare e invocare, perché Dio ci riempia di doni. Quando, infine, il soggetto del verbo è una persona e il destinatario un’altra persona (l’uomo benedice l’uomo), è necessario vedere il contesto: può significare donare (Isacco benedice Giacobbe col dono della primogenitura), ma può significare anche ringraziare (Giacobbe benedice il faraone). Ne deriva che ogni benedizione consiste nello sguardo provvidente e benevolo di Dio nei riguardi dell’uomo: Dio ama l’uomo e lo assiste in tutte le circostanze, mentre questi s’impegna a fare la Sua volontà in tutto e per tutto. Tutto, nella terra e nel creato, si muove a beneficio dell’uomo e ha l’unica funzionalità di mostrarsi a vantaggio dell’umanità; pertanto nell’ottica di Dio ogni cosa è benedetta, perché funzionale all’uomo e non in sé stessa. Adamo, dimenticando la familiarità col suo Creatore, ha preferito mangiare il frutto proibito, con il peccato ha rifiutato la benedizione (lo sguardo benedicente di Dio) e la comunione con tutte le creature e pertanto si trova in situazioni di avversità sia con Dio sia con le creature. Per Adamo quindi, la benedizione divina in sé stessa non è stata apportatrice di frutti benefici, avendo lui stesso scelto di rifiutarla con il peccato. Se questo è vero, quando si chiede una benedizione al sacerdote non dimentichiamoci che Dio ci ama e vuole il bene di tutte le sue creature; dobbiamo perciò rendere continuamente grazie a Dio per ogni dono; al centro della creazione c’è sempre l’uomo; gli oggetti vengono quindi benedetti in funzione dell’uomo e della sua attività: nel benedire una determinata cosa, il sacerdote invoca Dio perché guardi con amore quell’oggetto specifico che sarà usato a beneficio dell’uomo e questi lo dovrà usare in modo corretto. Quando si benedice un’automobile non si pronuncia una formula magica su di essa né si asseconda un’usanza tradizionale e priva di senso, ma si invoca il Signore perché guardi con amore le persone che la useranno, le protegga nei loro viaggi e sia il loro compagno di cammino. Come dice lo stesso Benedizionale. Venendo a mancare queste prerogative, la benedizione non sarà sufficiente a scongiurare pericoli e incidenti. Quando si benedicono le case, si invoca la protezione di Dio affinché coloro che le abitano conducano una vita conforme al vangelo. Quando si benedice un oggetto (un crocifisso, un’immagine, un rosario) lo si fa per chiedere a Dio che il fedele tratti l’oggetto con vera devozione. Tutte le circostanze della vita sono occasioni di incontro con Dio e legittimano pertanto la volontà di invocarne la presenza di amore e di misericordia.

In quasi tutte le celebrazioni di benedizione, dice chiaramente il rituale omonimo, si può usare l’aspersione con l’acqua. Che significato ha questo gesto? Si tratta di un elemento rituale, un segno esteriore, che dà un significato particolare alla benedizione. Viene usato in parecchie circostanze, ma potrebbe anche essere omesso. Come afferma il Benedizionale, l’acqua richiama il nostro Battesimo, sacramento col quale siamo stati incorporati a Cristo e siamo rinati a vita nuova. La sua presenza nel rito della benedizione, mentre ci ricorda che siamo figli di Dio, che siamo stati battezzati e innestati in Cristo e nella Chiesa, ci esorta a vivere il Battesimo con maggiore intensità, cercando di evitare ogni forma di peccato e seguendo la volontà di Dio in tutto e per tutto. Prima della Riforma Liturgica solo i ministri consacrati (vescovi, preti, diaconi e suddiaconi) potevano impartire le benedizioni, sia nel contesto dei sacramenti che dei sacramentali. Con la Riforma e con la pubblicazione del Libro liturgico Benedizionale, anche ai laici (uomini e donne) è consentito (anzi, alcune volte, anche auspicato) che possano, in forza del sacerdozio battesimale, impartire le benedizioni. La benedizione impartita dal laico non ha potere come sacramento. Ma solo ciò che la Chiesa definisce sacramentali. I sacramentali sono gesti sacri, preghiere, che non conferiscono la grazia dello Spirito Santo come i sacramenti, ma preparano a riceverla e dispongono a cooperare con essa. Un fedele laico può presiedere alcuni sacramentali (ma non i sacramenti, la cui amministrazione è propria ed esclusiva dei ministri ordinati). I sacramentali scaturiscono dal sacerdozio battesimale: ogni battezzato è chiamato a fare della sua vita una benedizione e perciò a benedire. Per questo anche i laici possono presiedere alcune benedizioni; più una benedizione riguarda la vita ecclesiale e sacramentale, più la sua presidenza è riservata però al ministro ordinato. Bisogna precisare anche che i fedeli non benedicono alla maniera dei sacerdoti o dei diaconi. Agli accoliti e ai lettori istituiti si concede, con preferenza rispetto a qualsiasi altro laico, la possibilità di impartire alcune benedizioni. Anche altri laici, uomini o donne, possono impartire certe benedizioni, ma sempre in assenza del ministro ordinato. Cosa possono benedire i laici? Tutto ciò che non ha un legame diretto con la vita sacramentale. Chiariamo che ai laici, in generale, non è concessa la facoltà di amministrare i sacramentali: solo alcuni potranno amministrare i sacramentali permessi dal diritto liturgico se l’Ordinario del luogo lo ritiene conveniente: per esempio la benedizione di persone (ovviamente dei figli), cibo, veicoli, case, inizio di un viaggio… Un fedele può benedire l’acqua, ma non avrà alcun uso o efficacia sacramentale; questa benedizione dev’essere semplicemente intesa come modo per ringraziare Dio per l’acqua che si berrà. Per sapere cosa può e cosa non può benedire un fedele usando acqua previamente benedetta dal ministro ordinato, bisogna osservare bene ciò che prescrive il rituale delle benedizioni, nelle cui rubriche, prima della benedizione in questione, si legge Se il ministro è un laico…; i fedeli hanno quindi la potestà di benedire.

Per concludere la nostra riflessione intorno al verbo benedire voglio presentare il Libro Liturgico che da questo verbo prende il nome: Benedizionale. Questo libro, che è parte integrante del Rituale Romanum, è stato pubblicato anche per la Chiesa italiana nel 1992, a trent’anni dal Concilio Vaticano II e quasi dieci anni dopo l’edizione latina; il Benedizionale ha alcune interessanti peculiarità. Si tratta di un libro, anzi di due, che contengono i riti di benedizione. Il più piccolo, anche se è più voluminoso, contiene tutti i riti (è più completo); il formato più grande è fatto invece per le celebrazioni più solenni e contiene solo i riti di benedizione da celebrarsi in chiesa, o comunque con una grande assemblea. I praenotanda chiariscono che la celebrazione è sempre comunitaria. Per le benedizioni di maggiore importanza che riguardano la Chiesa locale, è bene che si riunisca la comunità diocesana o parrocchiale, sotto la presidenza del vescovo o del parroco. Conviene però che anche nelle altre benedizioni siano presenti almeno alcuni fedeli. Queste indicazioni danno, con assoluta chiarezza, la dimensione ecclesiale dei riti di benedizione che sempre deve caratterizzare la preghiera liturgica, ragione per cui non possono esistere benedizioni private come non esistono sacramenti privati. Anche questo, dunque, è un libro da conoscere, da parte dei fedeli, per imparare a pregare meglio: una vera miniera di testi di preghiera. Per avere familiarità con questo libro liturgico (che è poco usato dai preti e, forse, non è usato per nulla dai laici), basta aprire il testo del Benedizionale e scorrere le pagine dell’indice con tutto l’elenco delle varie benedizioni che esso contiene. Benedizioni delle persone I. sezione – La comunità; per esempio: per i benefici ricevuti; per gli inviati all’annunzio missionario; per un convegno di operatori pastorali. II. sezione – La comunità familiare; per esempio: la benedizione annuale delle famiglie, dei coniugi, dei figli, dei fidanzati. Benedizioni per le dimore e le attività dell’uomo I. sezione – Le case e gli ambienti di vita e di lavoro: benedizione per una nuova casa, per locali parrocchiali, per un Seminario. II. sezione – Gli impianti e gli strumenti tecnici: benedizione per impianti sportivi, per mezzi di trasporto, per attrezzi di lavoro. III. sezione – La terra e i suoi frutti: benedizione agli animali, ai campi, ai pascoli… Benedizione di luoghi, arredi e suppellettili per l’uso liturgico e la pietà cristiana: come un battistero, un ambone, un calice, nuove immagini, e oggetti per il culto. Vi sono poi Benedizioni riguardanti la pietà popolare: al mare, a una sorgente, al fuoco; ai cibi; agli oggetti di pietà. Ci sono in Appendice altre benedizioni come le Quattro Tempora; nell’anniversario dell’ordinazione sacerdotale. Ci sono infine le benedizioni proprie del vescovo, l’ingresso dei parroci, l’istituzione dei Ministri straordinari della Comunione. Ogni benedizione, considerata come vera e propria celebrazione liturgica, è corredata da una Premessa e da un rito che contiene rubriche (spiegazioni dei gesti e dei segni che si compiono), testi (monizione introduttiva, lettura della Parola di Dio, preghiera dei fedeli, preghiera di benedizione e conclusione). In particolare per ogni rito di benedizione si dice chi può benedire e come si benedice. Un libro liturgico che meriterebbe un uso migliore e più diffuso.

A cura di Tonino Zedda

Pubblicato su L’Arborense n. 37, 38, 39, 40


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